E ditemi, cosa sapete voi del signor Vincenzo Agostino? In virtù di quale lasciapassare puntate il dito contro di lui, contro quest’uomo a cui trent’anni fa hanno ammazzato un figlio – e la nuora in attesa di un bambino – e che da quel giorno cerca, solitario, quella giustizia che probabilmente non troverà mai? Come osate attaccarlo per il sol fatto di essere andato dal vostro odiato ministro e avergli stretto la mano e avergli chiesto la verità finora negatagli?

Cosa sapete voi della sofferenza di quest’uomo, della sua dignità, delle sue battaglie, dei suoi giorni messi in fila come un ergastolo a cercare pace per sé e per quella moglie a cui, giusto un paio di mesi fa, alla notizia della morte, tributavate ammirazione, calore e apprezzamento?

È bastata una stretta di mano al lupo cattivo per trasformare due martiri in mostri? Sono bastate due parole bisbigliate all’orecchio di quello che oggi, vi piaccia o no, è il suo interlocutore per rimangiarvi la vostra misericordia, la vostra carità, la vostra empatia? E ditemi ancora: come funzionano i vostri buoni sentimenti? Li sfoderate al sole e li riponete ai primi schizzi di pioggia, quando la parrocchia non è quella da voi frequentata?
In virtù di quale maledetta supremazia morale avete finanche costretto la figlia Nunzia, una donna forte e verticale, a scrivere un post in cui chiariva, quasi giustificava, insomma cercava di delineare e mettere a fuoco i contorni di un incontro che vi ha iniettato gli occhi di sangue e fatto riscoprire l’antico gusto della bava alla bocca, cari i miei Robespierre da strapazzo?

Chi siete voi? Che storia avete? Da quali sofferenze arrivate? Alzate il culo dai vostri comodi divani, riponete la tastiera che usate per giudicare la vita degli altri e andate chiedere scusa al signor Vincenzo Agostino, martire di questa terra disgraziata e irredimibile, e se vi resta un po’ di tempo fate lo stesso con la moglie al cimitero, si chiamava Augusta e ogni volta che la incontravo mi sentivo in debito, come avessi addosso un paradossale senso di colpa che la vostra indignazione – questa bislacca rivolta social – ha enormemente acuito.