Woody Allen parla in siciliano e Luigi Pirandello in americano. Incredibile, ma vero, un filo sottile lega New York ad Agrigento. Succede al teatro Biondo, dove va in scena, da oggi e fino al 5 maggio, il dramma Sei Personaggi in cerca d’Autore, rappresentato in chiave alleniana.

La scenografia dello spettacolo, infatti, è un grande schermo cinematografico. Perché il regista, Luca De Fusco, ha deciso di ispirarsi a uno dei grandi capolavori di Woody Allen, La Rosa Purpurea del Cairo. 

All’inizio dello spettacolo, allora, i personaggi, invece di avanzare dalla sala del teatro, come accade nelle consuete rappresentazioni, escono dallo schermo. Esattamente come nella pellicola del maestro newyorkese. Interessante la commistione tra teatro e cinema proposta da De Fusco. Il cinema che affabula e confonde. Il cinema che ti strappa dalla realtà e ti consegna a  mille altri sogni. Il cinema che ha fatto di Allen uno dei più grandi maestri di sempre. Il cinema che, già ai suoi esordi, aveva incuriosito Pirandello, tanto da suggerirgli la scrittura de I Quaderni Di Serafino Gubbio, Operatore, nel 1916.

Dunque, i personaggi messi in scena da De Fusco appartengono al grande schermo e non al teatro, come nella versione originale dell’opera di Pirandello. Non sappiamo se il drammaturgo agrigentino abbia o meno influenzato diret­tamente Woody Allen. Non sappiamo se il cineasta abbia letto una versione del testo teatrale o se abbia assistito alla messa in scena di Sei Personaggi In Cerca D’Autore. Sta di fatto, però, che le connessio­ni tra The Purple Rose of Cairo e l’opera pirandelliana sono molte. Come avevo commentato nel mio saggio W Come Woody (Edizioni Leima,2017).

Per prima cosa, l’annullamento della dimensione artistica, che finisce col fondersi con quella reale. Un altro elemento per cui Allen, nel suo film, si avvicina a Pirandello è il passaggio dal personaggio alla persona, ovvero da forma a materia. E c’è, infine, una terza connessione, molto forte, tra l’opera pirandelliana e quella alleniana: il dramma del personaggio stesso, il quale si dispera per avere una vita reale, ma non può viverla.

Nel film di Allen, infatti, Tom Baxter, come le figure pirandelliane, è destinato a una solitudine senza rimedio nel mondo, perché ha sempre vissuto dentro a uno schermo, dove i ritmi e i linguaggi sono diversi dalla vita reale. Tom, però, non demorde: vuole stare a tutti i costi con Ceci­lia, la timida spettatrice per la quale ha perso la testa.

“Non sei reale!”, suggerisce chi vuole convincerlo a tornare dentro allo schermo.

“Ma è perfetto!”, commenta qualcun altro.

“A che serve il perfetto, se non è reale?”, si chiedono altri.

I produttori, avviliti, sperano di fare entrare Tom nel film. Per questo, continuano a tenere il proiettore acceso. Ma il tempo stringe e c’è il rischio che altre centinaia di personaggi Tom Baxter proiettati in vari cinema, escano dallo schermo e vadano in giro. Magari a fare danni. Per questo, minacciano di spegnere il proiettore e bruciare tutte le copie della pellicola.

Anche questo passaggio ci ricorda il punto in cui, nel dramma di Pirandello, il capocomico, indispettito per la giornata di prove persa per colpa dei personaggi, ordina all’elettricista di spegnere le luci e licenziare tutti. I personaggi di Pirandello, nel dramma, discutono tra di loro di realtà e arte. Verità e finzione. Come accade anche nel film di Allen. Mentre il proiettore è acceso, infatti, quelli rimasti dentro allo schermo commentano: “Ridefiniamo le nostre posizioni, noi sia­mo la realtà e loro il sogno”, dice un personaggio, riferendosi al pubblico in sala.

Ecco, quindi, che Allen e Pirendello non sono distanti e sconosciuti l’uno all’altro. L’incolmabilità temporale, Woody nasce un anno prima della morte di Luigi, e la  distanza geografica che li separa, tra Manhattan e Agrigento, gli Stati Uniti e la Sicilia, Bonn e la Fifth Avenue, evaporano di colpo.

Gli occhiali con la montatura nera di Allen e il pizzetto bianco di Pirandello si scambiano e confondono. E possiamo immaginare Woody con la barbetta e Luigi con i celebri occhiali, discettare amabilmente di vita e arte, realtà e finzione. Così, entrambi ci mettono davanti alla faccia una chiara, luminosa, intuizione: arte e realtà, sono ognuna la verità dell’altra.