“Gli errori che commetti in profondità li pagherai in superficie” (Enzo Maiorca).

Entro a gamba tesa su un argomento che ha indignato le coscienze di tutti. Lo faccio con la consapevolezza di stare commettendo un fallo, ma assolutamente necessario per evitare che un anziano giocatore possa andare in goal.

Non è vero che lo Stato ha vinto la partita contro Brusca ed i suoi compagni di merenda. Non è vero per il motivo che spiegherò qui di seguito.

La lotta alla mafia, soprattutto dopo la strage Chinnici (29/7/1983), andava trattata come un problema militare con leggi speciali e regole di ingaggio militari (molto simili a quelle utilizzate dagli inglesi contro i terroristi in Irlanda). Perché a chi uccide i servitori dello Stato e ti bombarda un’autostrada non puoi rispondere con le sottigliezze “vanity fair” del processo accusatorio.

La vigliaccheria della politica ha, invece, scelto di creare un reato (alludo al 416 bis C.P.) a connotazione indeterminata, una specie di assegno in bianco con il quale si consegnava nelle mani dei magistrati (e della giustizia ordinaria…) tutto l’esplosivo problema. Per l’effetto, molti altri fedeli servitori dello Stato sono stati trucidati, alcuni altri facendo – invece – fulminanti carriere nel firmamento degli eroi civili.

D’altronde non era Brecht che assumeva che gli eroi nascono da una terra resa infelice?

È facile notare l’ipocrita stranezza delle cose in questi tempi di dolorosa pandemia. Per causa di un virus sono state di fatto sospese le libertà costituzionali e civili per milioni di cittadini. Per fronteggiare la mafia, invece, si disse e si affermò che non si poteva rinunciare alle regole democratiche. Paradossale, no?

La libertà di Brusca è la figlia spuria e perversa di tante profonde contraddizioni della politica italiana. Allo stesso modo in cui lo è l’esistenza ancora forte e radicata della mafia in tutto il sud Italia. Gli errori commessi in profondità, infatti, si mostrano evidenti in superficie…