Molti politici, smarrita la poltrona in parlamento, trovano riparo altrove. E continuano a rappresentare le istituzioni. E’ il caso di Gianpiero D’Alia, ex ministro della Pubblica amministrazione nel governo Letta. Oggi siede nel Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria. L’ex segretario dell’Udc, di recente, è stato nominato anche nel consiglio direttivo di Italia Atlantica, un’organizzazione di ricerca politica che si dedica ai principi della libertà individuale, della proprietà privata, del libero mercato. Il suo compito è “produrre idee per una politica estera basata su valori ed interessi, e condurre la campagna per la protezione dell’ordine internazionale liberale contro le minacce globali”. Sembra Star Wars, ma è molto più semplice.

Da sinistra, D’Alia, Alfano e Letta

L’esperienza di D’Alia fa comodo a tutti. E forse tornerebbe utile anche per la politica siciliana, che fatica a ritrovare la sua anima di centro. L’ex Ministro, che è stato deputato per una legislatura, ma è stato a lungo un “potente” per il momento non sente attrazione: “Io mi sono ritirato dalla politica – ha detto in una recente intervista a ‘La Sicilia’ – ma non dall’esercizio dei miei diritti civili. L’impegno, anche non diretto, resta. E il mio contributo non verrà mai meno in termini di idee”. L’ultima è Fava candidato unitario del ‘campo largo’ di Pd e Cinque Stelle alle prossime Regionali. Ma fare il padre nobile ad appena 55 anni è un po’ troppo, quindi chissà… Per il momento D’Alia si gode la scena. C’è il suo zampino sull’ultima esperienza del centrosinistra alla Regione: era segretario dell’Udc quando il partito scelse di appoggiare la candidatura di Rosario Crocetta a palazzo d’Orleans. E’ rimasto col vuoto intorno, dal momento che – oggi – l’Udc sta con Musumeci, e punta a una sua riconferma (nonostante i tentativi di imbastire un nuovo, grande centro).

Ma non si tratta di ispirarsi al modello Draghi. Tanto meno a Draghi, in quanto tale. Con la solita raffinatezza politica, D’Alia l’ha spiegato in un’altra intervista: “La cultura politica espressa da Draghi al governo è autenticamente democratico-cristiana. Il punto è che negli ultimi dieci anni l’area che si richiama a quei valori ha quasi azzerato la propria rappresentanza sociale. C’è uno scollamento fra il palazzo e la realtà”. Uno scollamento che i nuovi esperimenti, a partire da quello di Totò Cuffaro, difficilmente riusciranno a colmare: “Ben venga ogni iniziativa, ma tutto è inutile se non si fa una riflessione sugli ultimi 20 anni, facendo tesoro del passato”. Un passato in cui lo stesso D’Alia ha rivestito un ruolo di primo piano: viene eletto per la prima volta alla Camera nel 2001; diventa sottosegretario all’Interno nel governo Berlusconi; viene rieletto nel 2006 e nel 2008 (questa volta da senatore); ma anche nel 2013 con Scelta Civica, il listone che rappresenta Mario Monti. Poi è ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione nel governo Letta. Quel Letta diventato, a distanza di anni, segretario del Pd. Nel 2016 Cesa lo caccia dall’Udc e finisce l’idillio. Subentra un lento e progressivo abbandono della scena politica. Un piano inclinato che D’Alia percorre ancora. Senza rancore.