Un gruppo di 500 attiviste siciliane, fra cui studentesse, professioniste, giornaliste, ha chiesto le dimissioni del deputato regionale della Lega, Vincenzo Figuccia, che nei giorni scorsi si è macchiato di una “frase violenta e maschilista”. L’esclusione della giunta Musumeci dell’unica donna rimasta (Bernadette Grasso) e la nomina, non ancora ufficiale, di altri due uomini, aveva provocato la reazione di Pd, Cinque Stelle e Claudio Fava. Quest’ultimo aveva parlato di “virile rimembranza del Ventennio fascista a cui le donne non era nemmeno consentire di votare”. Poi s’è iscritto alla partita Figuccia: “Ciò che conta – aveva detto il neo deputato del Carroccio – non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie. E soprattutto come lo usano per il bene dei siciliani”.

Parole che non sono piaciute a molti. Le 500 donne, oggi, parlano di una “caduta di stile” che dimostra “l’arroganza al potere, l’avidità e l’ignoranza di chi si crede impune. Di chi alimenta la cultura patriarcale e machista rendendola pregiudizio morale di una visione plurale, che accoglie tutte le sensibilità e le valorizza”. L’affermazione di Figuccia “è la conferma, ancora una volta, di una subcultura presente oggi in una parte della politica, quella più violenta e conservatrice che crede ancora che il potere di decidere della vita degli altri deve essere maschio”. Non accettando, invece, che “femmina è la possibilità di contribuire a generare eguaglianza, pari opportunità, apertura, melting pot. E dunque da escludere”.

L’esclusione di donne dal governo regionale, secondo le firmatarie del documento, è “una notizia desolante che fa cominciare nel peggiore dei modi il nuovo anno per la Sicilia e per tutte le donne che ogni giorno contribuiscono alla crescita culturale, economica e sociale dell’Isola. Ma, purtroppo, è al passo con quanto emerge ogni giorno da notizie e dati statistici”. Dal 1947, del resto, a sedere sugli scranni di Sala d’Ercole sono state appena 46 donne sul totale degli 811 deputati eletti all’Assemblea. L’Isola, come dimostrano studi recenti, è anche fanalino di coda su scala europea per occupazione femminile. In Sicilia ci sono più laureate e diplomate rispetto ai coetanei uomini, eppure quasi 8 donne su 10 non lavorano. “Solo la rappresentanza politica di una diversità di genere, etnia, religione, orientamento sessuale, provenienza geografica, lingua, opinione politica, condizione personale e sociale, – sottolineano le siciliane – possono realmente migliorare il mondo in cui viviamo. Vogliamo ribellarci sempre e con forza ad azioni, linguaggi, decisioni che provano a umiliare le donne, il loro protagonismo sulla scena politica e a relegarle al buio della sconfitta sociale. Ma noi non ci stiamo. Non basteranno le scuse, non stavolta. Il leghista Figuccia si dimetta”.

La replica di Figuccia: polemica radical chic

“Mi sembra una polemichetta radical chic su un maschilismo inesistente” così il deputato regionale della Lega Vincenzo Figuccia risponde alle critiche e alle richieste di dimissioni a proposito delle sue parole sulla mancanza di donne nella giunta Musumeci. “Con una sorella consigliera comunale – continua Figuccia – dubito si possa sostenere che io sia contro l’impegno delle donne in politica. Francamente non comprendo in che cosa si concretizzi il maschilismo nel sostenere che le donne vanno supportate non perché donne ma perché sono brave. L’isterismo di una certa sinistra da salotto che spesso utilizza le donne come elemento decorativo conferma che le mie parole hanno toccato nel vivo un’ ipocrisia generalizzata che vuole le donne specie protetta e non protagoniste di una parità incentrata sul merito. Tuttavia alla loro cattiveria rispondo con un sorriso” conclude il deputato regionale.