Gery Palazzotto

Guai ai vinti. “Perché noi patrioti non accettiamo lezioni”

Se dovessi scegliere una frase per identificare il governo Meloni in tutte le sue sfaccettature, la frase sarebbe: non accettiamo lezioni da… E dopo i puntini ci mettete chi volete: la Francia, il Canada, Putin, una Ong qualunque, un civilissimo stato del Nord Europa o un attore di Hollywood, o una rockstar, o un graffitaro, o un'Ilaria Cucchi di questi, insomma una qualunque entità civile o una qualunque persona senziente e in piena facoltà di intendere e di volere. L’avrete sentita mille volte questa frase da parte della Meloni, di Salvini, di Piantedosi e di altri comprimari: non accettiamo lezioni da… A parte la ridicolaggine della questione – uno, soprattutto istituzionalmente, ha diritto di dire quello che gli pare assumendosene la responsabilità e l’altro ha lo stesso diritto di rispondere..

Un monologo è altra cosa rispetto alle banalità di Ferragni

Le argomentazioni a favore del monologo di Chiara Ferragni sono prevalentemente due: “Comunque lei arriva allo spettatore” e “comunque lei ha detto quello che pensa”. Ed è proprio mettendole insieme che si arriva al totale fallimento del monologo stesso. Perché il suo è stato un discorso costruito esclusivamente su queste basi, “arrivare” e "dire quello che si pensa”. Forse c’è chi si dimentica che quella del monologo è un’arte secolare e che raccontare una storia da soli su un palcoscenico in modo che non diventi una celebrazione onanistica, è davvero difficile. Ferragni ha inanellato una serie di banalità autoriferite parlando di sé in terza persona, tipo Papa, e addirittura indirizzandosi una letterina piena di insopportabili frasi vittimiste. “Arrivare” e “dire quello che si pensa” è la cosa più facile del..

È donna, è brava, è di destra: e quindi via con i pregiudizi

Premessa necessaria. Ho incrociato Beatrice Venezi per motivi professionali dato che qualche mese fa mi è stato chiesto un testo per un’opera di TaoArte (“Invertiti”, scritta con Fabio Lannino). Ciò ovviamente non influisce sulla mia opinione personale come dimostra la distanza che ho sempre rispettato tra ambito artistico, professionale ed esercizio della mia libertà di giornalista, di commentatore, di libero cittadino con una sua testa (bella o brutta che sia). Lo sanno bene i sovrintendenti del Teatro Massimo, per il quale lavoro, ai quali negli anni ho fatto vedere i sorci verdi per opinioni magari divisive sui temi dell’arte e della politica (e con i quali colgo l’occasione per scusarmi per passato presente e futuro). Inoltre, com'è noto a chi mi legge, non ho mai nutrito simpatie per la destra,..

L’informazione,
la politica,
l’avanspettacolo

Avvertenza per il lettore: questo articolo contiene alcune parolacce pur volendo stigmatizzare la volgarità disinvolta nella politica e nell’avanspettacolo a essa collegato. Da un paio di giorni il candidato alla presidenza della Regione siciliana Cateno De Luca è il reuccio incontrastato del web per via di un attacco a un giornalista che, a suo dire, sarebbe strumento di un complotto ai suoi danni ordito da poteri forti. Cioè un complotto messo su da un giornale talmente potente che, va detto, si ritrova da anni con le pezze al culo e che non ha nemmeno saputo difendere adeguatamente le sue tesi (e il suo cronista) nello specifico: quattro righe oggi e pezzo ritirato dal web (vabbè, ognuno sa come farsi male senza chiedere l’aiuto da casa). Per dire che questa storia..

Due o tre domande sulla candidatura dell’ex pm Scarpinato

È una vecchia storia, sin dai tempi di Tangentopoli. Ma come gran parte delle vecchie storie oscilla tra il diventare evergreen e lo scadere nella rottura di palle. Oggetto: candidatura di Roberto Scarpinato in politica coi 5 Stelle. Uno dice, vabbè almeno si fa avanti uno onesto, uno che ha combattuto la mafia, che ha cercato di svelare i legami tra cosche e potere istituzionale. Giusto. Ma non vi suona un campanellino? Non vi sembra che questa narrazione sia troppo bella per essere definitiva. Se non vi suona un bel niente, pensate a quanto sarebbe facile trovare l’elisir di lunga vita nella storia istituzionale della nostra repubblica. Basterebbe scegliere persone di specchiata onestà, possibilmente acculturate (e Scarpinato è uno coltissimo avendo scritto quasi più su Micromega e su giornali di..

I giovani, Borghese
e la voglia di trovare
un lavoro per la vita

Leggo reazioni indignate alla dichiarazione di Alessandro Borghese secondo il quale “lavorare per imparare non significa necessariamente essere pagati”. Evidentemente chi si ribella a questa ovvietà non sa cosa significhi sbattersi per apprendere un mestiere, lasciarsi conquistare da una passione, sacrificarsi oggi per godere domani. Solo quest’era social poteva lasciare che una frase così scontata per noi ex giovani divenisse pietra dello scandalo. Ho più volte espresso la mia avversione (anche ideologica) nei confronti del lavoro gratuito e, nel contempo, ho espresso gratitudine per chi mi ha sopportato e supportato agli inizi della mia attività professionale. Certo quando mi presentai, imberbe e rincitrullito da una giovinezza selvaggia, a Giuseppe Sottile non gli chiesi né quanto avrei guadagnato né quanto avrei lavorato. Chiesi semplicemente di poter scrivere. Sempre. Comunque. Avrei pagato..

“Internet è già finito”
Storia di un giornale
e della sua resistenza

C’è una storia che molti miei amici e colleghi conoscono perché gliel’ho raccontata diverse volte e loro, almeno i più malvagi, mi chiedono spesso di risentirla, perché probabilmente sono come i bambini che trovano sicurezza nella ripetitività: e hanno tutta la mia invidia, da ossessivo compulsivo che certi riti (quindi ripetizioni) devo invece evitare. Nel 1999 durante una riunione di redazione, il caporedattore centrale dell’epoca (pace all’anima sua), infastidito dalla mia insistenza per le nuove tecnologie, sbottò davanti a direttore e condirettore: “Propongo di non scrivere la parola internet sui giornali perché è una cosa che nel giro di pochi mesi finisce”. Amen. Fedele all’antico detto che tra le quattro parole rischiose – nel mondo, nella vita biologica, nell’intimo del nostro pensiero – ci sono “questa volta è diverso”, incassai..

Il Massimo saluta Giambrone, un uomo capace di cose folli

Niente peana per Francesco Giambrone che lascia il Teatro Massimo di Palermo e va a fare il sovrintendente dell’Opera di Roma. Solo la felicità per un amico che intraprende un nuovo percorso e l’occasione per mettere in ordine alcuni ricordi. Perché quando il futuro ci viene incontro velocemente, come nel caso di un avvicendamento al vertice o di una nomina importante, è bene ricordare da dove si proviene e chi si è stati. Con Francesco la mia avventura al Teatro Massimo è cominciata il giorno di ferragosto di sette anni fa. In una Palermo deserta e torrida mi chiamò e mi disse: ci vediamo? Ci vedemmo. Io allora mi occupavo di tutt’altro e avevo chiuso con Palermo. Lui mi chiese di dargli una mano con la comunicazione del teatro, soprattutto..

Quando un dibattito
diventa un pericolo
per la democrazia

A Palermo, all'Ars, si è celebrato allegramente il convegno anti-green pass: un cosiddetto dibattito democratico sulla scelta di contestare le regole di una democrazia negli stessi luoghi simbolo della democrazia. Addirittura c'era un assessore regionale che pur di allinearsi all’insensata manifestazione di no-tutto ha detto testualmente: “…in una sede istituzionale come il parlamento siciliano ogni idea e punto di vista può essere espresso democraticamente”. Infatti a seguire una professoressa di lingue dell’Università del Salento ha mitemente dichiarato che “chi oggi ci controlla il Green Pass e se abbiamo fatto il vaccino è come i kapò dei campi di sterminio nazisti”. E siccome ogni idea e ogni punto di vista hanno diritto di trovare ospitalità all’Ars, forse domani le sale dell’Ars saranno impegnate da esperti di 5G iniettabile in vena, e..

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