Gery Palazzotto

Le molte indecenze
di Palermo
viste dal monopattino

Ero in piazza Magione, a Palermo, e ho cercato di muovere quattro passi tra bottiglie rotte, cartacce, lattine e altri rifiuti abbandonati da persone che vivono vite infelici. Perché solo chi è infelice può pensare che un mondo lordo sia il posto ideale in cui stare e al quale dedicare disattenzioni ad hoc. Poi ho percorso col mio monopattino i cinque chilometri che mi separavano da casa utilizzando le poche vie ciclabili della città – tutte criticate senza imbarazzo da un’intellighenzia prêt-à-porter che è una vera metastasi culturale – e ho rischiato di essere investito da una signora che dava più attenzioni al suo telefonino che alla strada. Ha frenato all’ultimo istante e, risentita per essere stata distratta dalla sua conversazione, mi ha incautamente guardato male: sui trenta secondi seguenti..

Macerie di giustizia. Quando arrestarono mio padre

E' una storia di ventisette anni fa. E mi è tornata alla mente – che è una maniera imprecisa di dire che è riaffiorata dato che non se n’è mai andata – leggendo di questa storia.  Nel 1994 mio papà venne arrestato per una storia di abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità siciliana. Non mi inerpico nei dettagli, dico solo che era una ramificazione giudiziaria e mediatica del mood “mani pulite” che pure aveva più di un attaglio nel clima di illegalità diffusa in Italia. Ma la storia di mio padre è emblematica. Presa una tesi, nella pubblica amministrazione si ruba, si costruì un’architettura che la giustificasse. Si inventarono consulenti al limite del ridicolo – bastava che parlassero un qualunque dialetto nordico e i pm siciliani della procura di Caselli li..

Direttore o direttrice:
polemica imbarazzante
e francamente inutile

C'è una recrudescenza di un dibattito a mio parere sterile sul problema di usare il femminile per ruoli e cariche generalmente indicati col maschile. E soprattutto c’è un equivoco di fondo che tende a confondere le acque, peraltro non cristalline di loro, nell’ambito del cosiddetto linguaggio sessista, identificando in qualche modo nella maschilizzazione del vocabolario quotidiano uno dei problemi connessi a questo strapotere logico-grammaticale dell’uomo. Il linguaggio sessista è altra cosa, è offesa, è oltraggio senza bisogno di ricorrere al Cencelli della divisione di genere. Chiamare “ministro” una donna e non “ministra” è (o può essere, a seconda delle intenzioni) una scelta che non vale nemmeno la pena di essere discussa: io ad esempio uso il maschile in certi casi (“ministro” è uno di questi) perché il ruolo, l’antico minister, e..

C’è tanta vita nei teatri, anche in quelli chiusi

Quando nel 2015 sono arrivato al Teatro Massimo di Palermo la situazione era molto diversa da oggi. Dentro e fuori. Dentro, c’erano una cultura analogica e granitica, i computer e il digitale erano usati a malapena per spedire qualche mail, lo spettacolo era tutto sul palcoscenico. Fuori, c’era un mondo disordinatamente ordinario fatto di spettatori paganti, di contatti, di relazioni, di progetti a scadenze fisse. L’innovazione tecnologica è arrivata come spesso arrivano queste cose, per scelta di pochissimi, in una semi clandestinità da intrusi, con contorno di abbondante sospetto da parte di tutti gli altri, a parte i pochissimi di cui sopra. La decisione più dirompente, e importante, fu quella di mandare in diretta web in forma gratuita tutte le prime delle nostre opere. Da lì iniziò un cambiamento lento..

Altro che vicinanza. Quando il lutto sbarca sui social

Tra i mille effetti collaterali di un lutto ce n'è uno, moderno e sottovalutato, legato al cosiddetto necrologismo dei social. Che consiste, in poche parole, nel rendere smart il rituale più anti-smart che gli esseri umani organizzatisi in società abbiano mai organizzato: le condoglianze. Già il solo termine con-do-glian-ze è ostile ai moderni linguaggi: non è R.I.P. (che come dice il mio amico Giuseppe potrebbe essere confuso con un detersivo), ma manco una serie di emoticons che si fanno cuoricini, manine giunte, facce tristi, lacrimoni stilizzati e via digitando. Le condoglianze moderne e per di piu' in era Covid sono digitali, un clic e via, senza manco toccare la tastiera che poi bisogna sanificarla. Insomma mentre le distanze si accorciano, le vie di uscita si moltiplicano. Prima, per manifestare affetto..

Il disastro culturale
di questo Paese
spiegato dal prof. Galli

Ci sono momenti in cui fai il rapidissimo reset di una serie di informazioni che ti hanno bombardato e che, probabilmente per legittima difesa, hai messo nella “limbo list” cioè in quel settore del tuo cervello in cui vai a stipare per distrazione le cose che prima o poi dovrai analizzare. Accade che te ne accorgi troppo tardi, tipo “sindrome del coniuge cornuto contento”. Però qui non si parla di corna ma di quel che ci sta sotto, di cervelli. Ieri sera Report, trasmissione che apprezzo nonostante le frequenti cadute di stile, ha dipinto in cinque minuti il disastro culturale, scientifico e sociale di questo paese. I fatti. Fedez e la Ferragni con un paio di tweet fanno quello che uno stratosferico commissario per le emergenze non riesce a fare..

Gerenza

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