Lorenzo Matassa

Don Puglisi, Brancaccio. Lettera di un magistrato al sindaco

Gentile Signor Sindaco di Palermo, È un Magistrato della Repubblica che Le scrive questa lettera aperta. Lo so. Adesso penserà che coloro che hanno il mio ruolo dovrebbero stare zitti, legati come sono al dovere di riservatezza delle toghe. Secondo questa teoria - che piace tanto ai politici - quelli come me dovrebbero solo fare (sollecitamente) i processi e scrivere sentenze, ordinanze e decreti. Punto. Mi permetterà di dissentire in parte da questa opinione (condivisa anche da alti esponenti del CSM). Rivendico il mio buon diritto di partecipare, con pensieri e parole, a quella che da tutti viene chiamata Democrazia e che - secondo la nostra Costituzione - non può escludere nessuno dalla possibilità di sentirsi parte di una comunità. D’altronde, ricorderà che la parola greca πόλις (da cui l’idea..

Perché la politica
non è un posto
per magistrati

Scendere in Politica. L’idea è quella che - da un luogo elevato della propria dimensione sociale e professionale - si sprofondi in una specie di anfratto maleodorante (anzi, puzzolente…) del vivere collettivo per cercare di dare un senso compiuto a ciò che la coscienza impone. Potrebbe apparire brutale, ma la sintesi delle cose è in questo: “Scendo in Politica” perché, facendo il magistrato, ho compreso che non conto un cazzo e che ciò che cerco di fare non potrà mai avere un suo esito compiuto. Stando così le cose, accetto di bere l’amaro calice sperando che disseti la mia arsura di giustizia insieme a quella di tutta la collettività. L’idea ha una sua specificazione concettuale: “Poiché non sono riuscito ad affermare una Verità attraverso i processi e le sentenze, mi..

Nel paese delle banane
vince la gara
chi ne mangia di più

La notizia è di quelle ghiotte, almeno ghiotta tanto quanto può esserlo una banana. Nel paesino friulano di Monteprato si è svolta - senza incidenti - una delle competizioni più stupidamente maschiliste che si conoscano. Trattasi della "Gara di mangiatrici di banane" indetta in occasione della festa degli uomini (o, almeno, auto-definitisi tali...). Dopo il "Lancio del nano" e "La gara di raccolta dei vermi" (entrambe di tradizione anglosassone), quella qui riferita ha davvero connotazioni di bizzarria e sessismo psichiatriche. Non vorrei avere compreso male il tema della competizione e, quindi, lo esaminerò insieme a voi grazie alla lettura del bando. Vi è scritto che le concorrenti devono dare prova di sapere mangiare la maggiore quantità possibile di banane. Già qui qualche piccolo problema potrebbe porsi visto che le banane..

Tasci e bardasci
La verità di Palermo
che nessuno vuole dirvi

Due giorni fa stavo tornando a casa dall’ufficio dopo una giornata di ordinaria follia giudiziaria. Ero soprapensiero. Distratto dentro i miei problemi ancorati ai casi che avevo lasciato sul tavolo del mio ufficio, ma che mi portavo dentro. Attraversavo il percorso che dalle antiche mura puniche si apre alla piazza Verdi e che mostra il teatro Massimo (nomen omen…) in tutta la sua grandezza. Quella visione mi scaldava l’anima. Non so come spiegarvi, ma era come ritrovare in me stesso un luogo di ricongiunzione con un destino nel difficile e labirintico percorso delle idee irrisolte. Per questo nasce e si afferma in noi l’Arte, per aiutarci a vivere meglio. Per un attimo avevo dimenticato ogni possibile tribolazione e godevo di quella Grande Bellezza della storia della mia città. Proprio nell’istante..

Palermo, la santuzza
e il rito del pinguino
La città del profano

La prima volta che udii quelle parole ero bambino: “Viva Santa Rosalia!” Avrò avuto neppure cinque anni. Mio padre amava alcuni luoghi della Palermo che non c’è più. E, così, comprava la frutta da Giovenco, nella via Villareale, dove l’esposizione di ogni meraviglia di natura sembrava dipinta da Guttuso. A pochi passi da lì, c’era Cofea. Di quel luogo ricordo l’afrodisiaco odore di caffè che si spandeva per ogni dove e poi il gesto del mastro gelataio che spingeva un lungo cucchiaio di legno dentro al pozzetto refrigerante. Il caffè liquido roteava, rigirato tra il braccio meccanico ed il cucchiaio, fino a quando non prendeva la consistenza cremosa del gelato. Ecco, in quel preciso momento, mio padre chiedeva al gelataio di poter gustare il primo e più spumoso morso di..

Palermo e la lezione
del mare: ecco perché
non sarà mai Parigi

Fluctuat nec mergitur. Il titolo che avete appena letto significa testualmente: "Ondeggia, ma non affonda". La frase è antica tanto quanto la civiltà che ha governato il mondo per mille anni e che al mondo ha insegnato la forza del Diritto. Per i Romani lo “Scilicet” era una nave dalla strana forma curvilinea in grado di affrontare ogni tempesta proprio per la sua capacità di galleggiare tra i flutti. Quell’imbarcazione, così performante nelle difficoltà, faceva dire ai suoi nocchieri che la cosa più importante fosse navigare ancor più di vivere. La frase latina e lo “Scilicet” sono, da sempre, lo stemma della città di Parigi. Come se gli abitanti di quel luogo straordinario - costruito lontano dal mare - avessero compreso l’importanza del sentirsi nave in perenne navigazione nella tempesta..

L’unica antimafia
è ristabilire l’ordine:
10 consigli a Lagalla

"Io non perdo mai. O vinco, o imparo” (Nelson Mandela). Ha vinto. Senza se e senza ma. Verrebbe da dire: “È la Democrazia, bellezza!”. O, forse, sarebbe meglio dire: “È la bellezza della Democrazia”. Gli invidiosi diranno che tutto ciò è il frutto di intese occulte e non trasparenti che - da sempre - hanno afflitto Palermo e la sua incompiuta urbanità. Gli ottimisti diranno, viceversa, che l’odierna vittoria è la pura risultanza della volontà del popolo palermitano di cambiare uno sciagurato destino. Non saprei dirvi chi, tra i due schieramenti abbia ragione. Ciò che posso, con certezza, affermare è che il Sindaco uscente - grazie al suo modo cieco di governare Palermo - è riuscito in una impresa quasi impossibile: quella di rinsaldare il fronte di coloro che pensano..

La Regione del nulla
e quel racconto
che non so spiegare

Potrete non credermi. Anzi, vi autorizzo fin da adesso a non continuare la lettura di questo scritto corsaro. Per dirla tutta, mi dissocio da me stesso mentre cerco di mettere insieme le idee che mi serviranno a narrare. E - come dice Woody Allen - non vorrei fare parte di un club che annoveri tra i suoi soci gente come me. Però, se non metterò nero su bianco questa Verità, sono certo che si perderà nella nebbia del passato e le mie memorie vivranno solo come lacrime nella pioggia. D'altronde, fuori dal racconto di ciò che abbiamo vissuto sembra che possa esistere null'altro che l'ombra della nostra stessa vita. Vi racconterò, quindi, sperando di essere creduto... Era il tempo in cui la Prima Repubblica stava inesorabilmente crollando sotto il peso..

Palermo, città cannibale
La metafora
del sindaco Notarbartolo

La storia che vi racconterò oggi è sconosciuta alla quasi totalità degli autoctoni palermitani. Anzi, sarebbe più veritiero dire rimossa dalla coscienza collettiva. E ciò malgrado - ogni giorno - una moltitudine di persone attraversino l’arteria importante della città che a quell’uomo è dedicata: Emanuele Notarbartolo. Il racconto della vita e della morte (per violento assassinio) del Sindaco di Palermo Notarbartolo unisce saldamente quel passato alla sorte futura della città e ne diventa la metafora assoluta. Intellettuale, aristocratico e illuminato libertario con studi solidi in Inghilterra ed in Francia, Emanuele Notarbartolo divenne Sindaco di Palermo nel 1873 per soli tre anni. Ma in quel breve tempo, l’amore per la sua città aveva fatto da volano ad infiniti progetti di grande rilievo. La quasi totalità delle importanti opere architettoniche e sociali,..

La lezione di Borges
sulla cifra della
dimensione umana

In una delle opere poetiche più toccanti di Jorge Luis Borges si allude alla "Cifra". All'apparenza quel testo - leggero come una brezza di intelletto - racconta di ciò che, veramente, può ancora salvare una umanità disorientata e dispersa. Ma davvero pochi versi possono rivoluzionare il destino di un mondo immerso nelle contraddizioni di se stesso? Sarebbe come affermare che un malato possa risollevarsi da una grave patologia grazie solo alle espressioni di conforto del medico. Impossibile - verrebbe da dire - se si affronta il problema solo dal punto di vista della scienza e facendo del caso clinico l'esempio applicabile per tutti. In altre (e più semplici) parole, nel suo acquerello poetico Borges non vuole ergersi a chirurgo dell'umanità, ma a suo umile suggeritore. Lui vuole dare una visione..

Gerenza

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