Giuseppe Sottile

Dove ci conduce
la strada dei bluff

Chi dice bugie? Secondo il governatore Nello Musumeci, la Sicilia non meritava lo sfregio della fascia arancione. Anzi, aveva tutti i numeri in ordine per essere inserita nella fascia gialla ed evitare la chiusura di bar e ristoranti. Però il ministro della Salute, Roberto Speranza, confortato dall’Istituto superiore della Sanità, ha deciso sulla base di altre cifre. “La proprietà dei numeri è la giustizia”, sosteneva Pitagora con la sua incrollabile fede nella matematica. Ma davanti al Covid ogni certezza finisce in una bolgia infernale e sono guai per tutti. Soprattutto per gli imprenditori e i lavoratori che riceveranno dal nuovo lockdown il colpo fatale. Noi ci auguriamo che il pasticcio sia da attribuire a Speranza. Ma fino a quando la Regione potrà coprire – con i bluff e con lo..

Gialli o arancioni?
Chissà chi lo sa

Ma noi siciliani siamo giallo o arancione? Domani saremo costretti a chiudere del tutto bar e ristoranti o avremo ancora la possibilità di prendere un caffè? E’ da sabato che sfogliamo la margherita e che assistiamo impotenti alla danza tra governo e regioni, tra Palazzo Chigi e il Quirinale ma la risposta ancora non c’è. Incollati allo schermo, abbiamo anche sperato che un lampo di verità ci arrivasse dalla giostra dei talk-show. Ma né i conduttori né i loro ospiti hanno saputo regalarci una certezza. Solo ipotesi, indiscrezioni, anticipazioni. In una parola: fuffa. Oggi aspetteremo i risultati della trattativa – su indici, numeri e curve dei contagi – tra il governo centrale e il presidente della Sicilia, Nello Musumeci. Poi il ministro della Salute, Roberto Speranza, ci comunicherà amorevolmente con..

Musumeci e il virus
come in un film di Totò

C’è il furbetto del quartierino, meglio noto come “il bullo”, che costruisce la fuffa a tavolino e poi la dispensa ai giornali nella speranza che il polverone nasconda la sua incapacità a governare i conti. E poi c’è il presidente della Regione che invece resta intrappolato nella propria ambiguità e nella sua voglia malsana di dare ragione a tutti pur di mantenere integra la propria poltrona. Se leggete La Repubblica di oggi troverete un articolo delizioso con il quale Claudio Reale elenca i detti e contraddetti di Musumeci nella sua personalissima e vana lotta contro il Coronavirus. Un giorno rigorista ad oltranza, quasi un caporale di giornata, e il giorno dopo un campione di tolleranza. Ricorda tanto quel filmetto degli anni Cinquanta dove un signore chiede a Totò: “Ma lei..

Uomini e bluff
di un fallimento

Una tale miseria non si era vista tra le mura di Palazzo dei Normanni. Pur di difendere il suo bullo di fiducia, il presidente Musumeci si è sottoposto in aula a uno spettacolo umiliante. Messo alle corde su tutto ciò che la Regione non è riuscita a fare per sostenere i disperati del Covid, ha balbettato un discorso senza capo né coda. Con un azzardo acrobatico, ha sostenuto che il governo “non ha perso tempo” nell’approvazione della legge di Stabilità. Poi ha elencato date e appuntamenti che, suo malgrado, dimostrano come i primi 400 milioni, inseriti dal bullo nella Finanziaria di cartone, sono stati sbloccati il 18 settembre mentre per gli altri 600 siamo ancora in alto mare. Tra tanti bluff, una sola verità. Che Musumeci si è ridotto ormai..

Questa Regione aiuta
solo la scuola dei bulli

Avete visto con quanta arroganza e con quanta piritollaggine l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla, ha richiamato all’ordine il direttore dell’ufficio regionale scolastico? Dopo avere tromboneggiato a lungo sul primato della politica, lo ha accusato di insubordinazione e, ovviamente, di lesa maestà. Ma il professore Suraniti – gentiluomo d’altri tempi ­– si era limitato ad osservare che le scuole in Sicilia, anche e soprattutto per l’ignavia di Lagalla, sono rimaste al medioevo e che di conseguenza difficilmente sarebbero riuscite in un giorno, come pretendeva Musumeci, ad attrezzarsi per la didattica a distanza. Parole di buonsenso. Che al pettoruto assessore sono suonate come un affronto. Da qui la sua improvvida e piritollesca reazione. Per mostrare al mondo che alla Regione il virus più contagioso e ributtante non è il Covid ma il..

La stagione infelice
dell’inconsistenza

Momenti di ansia, giorni di smarrimento. Oggi mi è arrivato tra le mani un illuminante libro di Roberto Calasso. Si intitola “L’innominabile attuale”. Si apre così: “La sensazione più precisa e più acuta, per chi vive in questo momento, è di non sapere dove ogni giorno sta mettendo i piedi. Il terreno è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano”. Poi il libro ricorda che Auden intitolò “L’età dell’ansia” un poemetto a più voci ambientato in un bar di New York, verso la fine della guerra. “Oggi quelle voci suonano remote, come se venissero da un’altra valle. L’ansia non manca, ma non prevale. Ciò che prevale è l’inconsistenza, una inconsistenza assassina”. Tra le inconsistenze più devastanti c’è sicuramente la politica, quella che si è smarrita..

Il multiparaculismo
dello scaricabarile

No, non la chiameremo vigliaccheria. Parleremo di paraculismo. Che in politica ci sta, eccome. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non volendo scegliere tra morte per Covid e morte per fame, si è tenuto sulle generali. E per non prendersi lui la responsabilità di condannare al fallimento bar e ristoranti, ha scaricato sui sindaci la decisione di imporre il coprifuoco sulla movida. Dallo scaricabarile di Conte a quello di Musumeci. Con la banalissima scusa di cercare i responsabili dell’ultimo flop, quello del click day, Il governatore della Sicilia si è lanciato a testa bassa contro i dipendenti regionali. Che sono il muro basso. Per individuare protagonista e comparse del flop, gli bastava bussare alla porta accanto, quella del suo bullo di fiducia, e chiedere notizie sul disastro di Sicilia Digitale...

E che la Santuzza salvi
questa infelicissima città

Povero Leoluca Orlando. Abbagliato per oltre trent’anni dalla luce dell’antimafia, è precipitato in uno smarrimento che non gli consente più di cogliere i contorni della realtà. Pure un bambino dell’asilo avrebbe capito che non si possono spendere soldi ed energie sulle piste ciclabili quando i cittadini non riescono a camminare a piedi sui marciapiedi ormai stracarichi di ogni monnezza. Anche un ragazzino delle scuole elementari avrebbe intuito che affidare la squadra del Palermo alla tirchieria e alla furbizia di Dario Mirri, imprenditore tra i più aggressivi di questa città, avrebbe comportato il tracollo di ogni gloria rosanero. Ma Orlando – sindaco bolso di una città infelice e forse anche irredimibile – continua a inseguire con la stessa indifferenza farfalle e pipistrelli. Non si accorge nemmeno di essere arrivato al capolinea...

L’uomo che resiste
a tutte le vergogne

Sempre lui. Negli anni del governo Lombardo fu uno dei protagonisti di Sicilia Patrimonio Immobiliare, la società dominata da un avventuriero piemontese che riuscì a bruciare oltre cento milioni della Regione con un censimento fantasma. Dopo una immersione durata cinque anni viene ripescato da Nello Musumeci, nuovo governatore della Sicilia, e torna a piritolleggiare a Palazzo d’Orleans come vice presidente. Comincia a traccheggiare con Sicilia Digitale e a maggio vara una Finanziaria che, dopo sei mesi, non riesce ad assegnare un euro né al turismo che sprofonda né alle imprese che boccheggiano né ai teatri che rischiano di fallire. Mercoledì, quando si è presentato in conferenza stampa per giustificare il flop del click day, molti giornalisti hanno pensato che fosse lì per rassegnare le dimissioni. Ma ognuno ha la faccia..

Gerenza

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