Giuseppe Sottile

Da Armao a Bonafede:
quando vince il merito

Vince il merito o il leccaculismo? Leggiamo Dagospia: “Se il balbuziente Bonafede non fosse colui che ha presentato Conte a Di Maio (era suo assistente all’università di Firenze) a quest’ora lo avrebbero cacciato a pedate per avere tradito il magistrato eroe dell’antimafia Nino Di Matteo”. E poi, tanto per tenere un piede in Sicilia, leggiamo su Repubblica l’articolo a firma di Antonio Fraschilla su come Musumeci prepara il rimpasto di governo alla Regione: “Da Roma i berlusconiani avrebbero nuovamente blindato il posto dell’assessore Gaetano Armao, anche per evitare fibrillazioni nel gruppo alla Camera, dove siede la compagna Giusi Bartolozzi”. Merito o ragioni di famiglia? Nessuno che si sia chiesto a Roma se nella Finanziaria “di guerra” che l’assessore ha portato all’approvazione dell’Ars ci siano soldi veri o assegni a vuoto...

Gli autorevoli litiganti
dell’ultima “trattativa”

Sarà stata la rabbia oppure il risentimento; sarà stato perché nel frattempo le cose sono cambiate, sta di fatto che Nino Di Matteo, il più coraggioso dei magistrati coraggiosi, ieri sera è sbottato in televisione contro Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia. Gli ha rinfacciato di avere aperto ma non chiuso la trattativa per la sua nomina a direttore del dipartimento delle carceri e ha spiegato che il Guardasigilli, così pettoruto e così manettaro, alla fine se l’è fatta addosso perché i boss della mafia, intercettati nelle celle, minacciavano ferro e fuoco nel caso in cui la loro vita fosse stata messa nelle mani del pubblico ministero più puro, più duro e più scortato d’Italia. Lui, Bonafede, ha risposto impapocchiando ignoranza e bugie. Ma ieri sera i telespettatori di Giletti hanno..

Ma il colonnello Nello
non ci mette la faccia

La Finanziaria di cartone - o da conferenza stampa: copyright di Antonello Cracolici, Pd – è ormai cosa fatta. Dentro ci sono soldi distribuiti a destra e a manca, ma con un piccolo dettaglio: si tratta di soldi virtuali. Che si potranno spendere solo quando le entrate, legate ad accordi ancora da stringere con Roma e Bruxelles, diventeranno reali ed effettive. Ma le anomalie non si fermano agli aspetti giullareschi. Siamo di fronte alla prima Finanziaria nella quale il presidente della Regione non ha messo la faccia. Dopo la sceneggiata recitata l’altra sera contro un deputato che chiedeva il voto segreto su un emendamento, il colonnello Nello non ha più messo piede in aula. Quando, fra qualche mese, i siciliani che non avranno ricevuto un euro assedieranno Palazzo d’Orleans lui..

Tra Savonarola
e Mario Merola

Pure i bambinetti sanno che il voto segreto è uno strumento infido. Il presidente Musumeci lo ha definito vergognoso e ha pesantemente insultato il deputato che lo aveva proposto. Ma il voto segreto è lì, nei regolamenti dell’Ars. E’ incistato nella vita della Regione, come tante altre norme più o meno discutibili. Il colonnello Nello sarebbe stato molto più credibile nella sfuriata contro Sammartino se in passato avesse rivolto un attacco della stessa virulenza contro altre e ben più sostanziose vergogne. Che invece lo hanno lasciato indifferente: è rimasto muto sulla vergogna della cassa integrazione, sullo scempio del pilone Himera, sull’inferno della Palermo-Agrigento, sullo scandalo dei novanta milioni pagati per un censimento fasullo. Diciamolo: se voleva essere Savonarola non c’è riuscito. Con le sceneggiate si imita solo Mario Merola.

Da Agrigento all’Himera
Il catalogo degli scandali

Ha da finire questa maledetta pandemia, caro colonnello Nello. E a quel punto, per fronteggiare la crisi non basterà spacchettare le mascherine inviate dalla Cina. Bisognerà piuttosto aprire come una scatoletta di tonno l’assessorato del Lavoro per capire come mai non sono bastati due mesi d’emergenza per mettere gli uffici nelle condizioni di dare una risposta a 140 mila poveri cristi che invocano la cassa integrazione. Bisognerà governare, caro Musumeci. Non basterà strapparsi i capelli perché il ponte di Genova si è costruito in un anno mentre i cantieri di Sicilia si perdono nell’eternità. Qualcuno dovrà pure stilare un catalogo degli scandali e delle responsabilità. Si potrebbe cominciare dai cinque anni persi dietro un pilone del viadotto Himera o dall’insopportabile inferno che da sette anni martirizza la Palermo-Agrigento. A lei..

Regione disarmata
davanti alla rabbia

Se i nervi sono saltati ai reverendissimi vescovi figurarsi che cosa non faranno tutti quei lavoratori, quei ristoratori e quei commercianti che dovranno aspettare la fine di giugno per vedere un raggio di luce, per sapere se avranno la forza e i soldi necessari per rialzare, dopo mesi di buio, la saracinesca. Ieri sera bastava vedere Conte per capire che siamo già dentro un tunnel pericoloso. Il presidente del Consiglio deve avere brutti presentimenti se ha sentito il dovere di rivolgere agli italiani un accorato appello perché non si lascino prendere la mano dalla rabbia e dal risentimento. Del resto, la situazione è già disperata e disperante, soprattutto qui in Sicilia: per il turismo non si vede uno spiraglio, trentatrè mila aziende chiedono aiuto, ma la Regione ancora non sa..

Musumeci ha un piano
Armiamoci e partite

Con ardimento e sprezzo del pericolo, il governatore Nello Musumeci si è affacciato dal balcone di Palazzo d’Orleans e ha annunciato, manco a dirlo, che bisognerà predisporre un piano per la ricostruzione della devastata economia della Sicilia. La meditazione sarà avviata martedì 5 maggio con un consulto a vasto raggio di sindacati e forze produttive. Gli stolti pensavano che il governo della Regione, dopo due mesi di emergenza, fosse già al lavoro e che il colonnello Nello, dopo avere spacchettato le mascherine arrivate dalla Cina, avesse già disegnato, in vista della ripresa, un progetto che prevedesse già tutti i dettagli, a cominciare dalle coperture finanziarie, per definizione sempre vaghe, fumose e inafferrabili. Invece bisogna ancora avviare i preliminari, cosa che avverrà dopo avere approvato una legge di bilancio. Con soldi..

Il disastro dell’epidemia
e la Regione che non c’è

A parole sono tutti lì, pronti a sbracciarsi per aiutare le aziende e gli uomini devastati dall’emergenza. Teoricamente sono tutti lì che maneggiano miliardi e capitoli di bilancio, che scrivono decreti e disegni di legge, che deliberano sussidi e contributi a fondo perduto, che si affannano per trovare fondi e finanziamenti. Ma alla resa dei conti, non un solo euro della Regione è finito nelle tasche degli infelici siciliani che non sanno più dove sbattere la testa. Lo scandalo della cassa integrazione in deroga è l’esempio più deprimente che questa classe politica potesse dare: sui tavoli dell’assessorato al Lavoro, come salme al camposanto, giacciono – è il caso di dirlo – centotrentacinque mila istanze provenienti da trentatré mila aziende. Ma non c’è una mano che le muove né un orecchio..

Crisi, è finito il tempo
di bulli e avventure

Per due anni ha piritolleggiato tra Palazzo d’Orleans e i palazzi romani, tra Roma e Bruxelles. Ha buttato fumo negli occhi di tutti, da Silvio Berlusconi ad Antonio Tajani, da Nello Musumeci agli assessori che formano questa sfortunata giunta di governo. E’ stato un campione di inconcludenza e basta rileggere i documenti della Corte dei Conti per capire con quanta sciatteria e spregiudicatezza siano stati gestiti i bilanci della Regione. Ora, a quanto pare – l’indiscrezione viene da Repubblica – i partiti di maggioranza si sono resi conto che il bullo altro non è che la causa di una lacerazione politica non più sopportabile: la crisi richiede scelte oculate, semplici, chiare; non è più tempo di avventure, di cifre fasulle, di giochi di prestigio. Forza Italia e Lega insistono con..

Dieci assessori
genuflessi e muti

Ma come può succedere che dieci assessori arrivino a Palazzo d’Orleans e accettino, senza colpo ferire, le fumisterie di un governatore che vuole farsi la parrocchietta elettorale e di un bullo che non sa più come sbrogliare la matassa delle proprie inconcludenze? Come può accadere che dieci sedicenti uomini di governo sottoscrivano un bilancio costruito con assegni a vuoto e soldi inesistenti? Si legge nei verbali di giunta che nessuno dei dieci assessori ha avuto il coraggio di dire a Musumeci e al suo bullo di fiducia che non è più tempo di giocare sulla pelle dei disperati che bussano alla porta della Regione. E si legge pure che nessuno ha alzato un dito per contestare l’idea, bizzarra e indecente, di trasformare i fondi europei in tanti pacchi di pasta..

Gerenza

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