Giuseppe Sottile

La Regione fa cultura?
Che Dio ce ne guardi

La madre di tutti gli scandali è SeeSicily, il programma che, con la banalissima scusa di promuovere il turismo, ha regalato 24,8 milioni di euro, ai grandi gruppi editoriali, da Mediaset alla Rai a Urbano Cairo. Poi ci sono gli scandali minori: Cannes Uno, Cannes Due. Fino al Bellini Context, appena concluso. Tutte iniziative azzardate, soprattutto perché nascondono un trucco chiamato “comunicazione”: una parola vaga che consente ai maneggioni della politica di favorire gli amici, di foraggiare le clientele, di ingraziarsi giornali e tv, di lustrare i bilanci di aziende che sanno come disobbligarsi. Per la comunicazione del Bellini Context sono stati versati a un privato – un habitué del colpo grosso – 900 mila euro. Al teatro lirico di Catania che, con orchestra e cantanti, ha curato la messa..

Meritava il Quirinale
e invece è finito qui

L’intervista che Renato Schifani ha concesso a Repubblica vale più di un ritratto. Provate a leggerla da capo a fondo: vi accorgerete che non c’è mai un pensiero per la Sicilia, per le sue sofferenze, per i suoi mille problemi tutti da risolvere. Non c’è un progetto, né la bozza di una riforma da approntare e varare subito. Se si parla di Forza Italia lui cita i suoi rapporti personali con Paolo Berlusconi. E quando il giornalista gli ricorda la penosa sfuriata contro il vescovo di Cefalù, non entra nel merito delle cose; né ammette di avere ceduto alla rabbia o, peggio, a un impulso rancoroso. Preferisce esibire i nomi dei reverendissimi cardinali che ha avuto modo di frequentare a Roma. Come a dire: meritavo a dir poco il Quirinale..

Il re nel castello
e i cuochi di bordo

Ora che il castello Utveggio è passato sotto le ali della presidenza della Regione, Renato Schifani potrà coronare il sogno di vivere come un re. In un castello, appunto. Si trasferirà lassù, sopra tutti noi, e il monumentale maniero costruito su Monte Pellegrino diventerà la sua dimora ufficiale. Tanto, a Palazzo d’Orleans, il potere è ormai nelle mani dei due senatori della porta accanto, Gaetano Armao e Totò Cuffaro. A lui, al Sommo Governatore, spetta la residenza più prestigiosa: austera come Buckingham Palace, sfavillante come la reggia di Versailles. Lì, dove i saloni non mancano, potrà finalmente tenere le sue feste con comici e orchestrali arruolati dal fido Andrea, il menestrello di corte. Ricordate il Diario 1845 di Soeren Kierkegaard? “La nave è in mano al cuoco di bordo e..

Due in una stanza
a Palazzo d’Orleans

Ma chi è veramente il “senatore della porta accanto”, l’eminenza grigia che a Palazzo d’Orleans siede e regna nella stanza vicina a quella del presidente della Regione col compito di accudirlo, di indirizzarlo, di suggerirgli la frase giusta al momento giusto, di tutelare i suoi equilibri di potere, di vigilare come un campiere sui suoi feudi elettorali? In altre parole: chi esercita il ruolo che, al tempo di Rosario Crocetta, fu ricoperto da Beppe Lumia, influente senatore del Pd e granitico professionista dell’antimafia? A chi spetta quella stanza? A Gaetano Armao, l’avvocato d’affari al quale Schifani ha delegato le questioni più delicate del governo, o a Totò Cuffaro, il barone rampante della politica che rastrella voti e consiglieri in ogni comune della Sicilia? Forse i senatori della porta accanto sono..

Il quadrilatero
di Retequattro

Chi sarà l’uomo politico che giovedì sera Paolo Del Debbio offrirà all’adorazione del suo pubblico? Nelle prime quattro puntate della nuova stagione la successione dei reverendissimi ospiti è stata la seguente: ha esordito, manco a dirlo, Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi; poi l’onore del palco è toccato a Giorgia Meloni di persona personalmente; il giovedì successivo è stato chiamato il ministro Lollobrigida, cognato della premier, e domenica scorsa è stata la volta di Matteo Salvini, l’altro vice, indubbiamente il più inquieto e il più teatrale. Le interviste sono state fatte con professionalità, con garbo, persino con eleganza. Ma sotto uno slogan che per Rete4, ormai appaltata alle ferree ragioni del governo, suona forse un po’ beffardo: “Tutte le..

Palermo ha bisogno
di governo, non di selfie

C’è chi governa con l’arte della politica e c’è chi crede di farcela con l’arma spuntata della propaganda. C’è chi amministra con il buon senso, con la mediazione, con l’ascolto; e c’è chi crede di sbarcare il lunario con l’estremismo. C’è chi maneggia la cosa pubblica con intelligenza ed elabora progetti credibili; e c’è chi prova a infinocchiare i cittadini con i selfie: con l’arte artefatta, è il caso di dirlo, della superficialità, della mistificazione, dei cieli rossi del tramonto o delle albe livide ma all’un tempo romantiche e appassionanti. Ci pensi il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ora che si è deciso a rimpastare la giunta e a soddisfare le smanie clientelari di Renato Schifani, detto “demolition man”. Palermo ha bisogno di una cura da cavallo, dal traffico alla..

La buffa commedia
del “retequattrismo”

Per carità, non è il caso di strapparsi le vesti: in fondo è solo un giochino messo in scena per telespettatori abitudinari, un po’ oziosi e un po’ distratti. Ma giovedì sera la tv della chiacchiera ha offerto un teatrino degno della migliore commedia italiana. Come antipasto è stato servito il solito dibattito con ospiti. Tema: l’invincibile egemonia culturale della sinistra. Vittima sacrificale: un garbato giornalista di Repubblica, soavemente e allegramente bastonato da quattro guardiani della rivoluzione meloniana. Quattro contro uno, appunto. Nel piatto successivo, quello della prima serata, il gioco è diventato ancora più sfrontato. Il conduttore che la domenica scorsa aveva ceduto per un’ora il microfono a Giorgia, giovedì l’ha ceduto al ministro Lollobrigida, cognato di Giorgia. E’ il “retequattrismo”, bellezza. “Tutte le ragioni, tutte le opinioni”.

C’è ancora una dignità
nella Fortezza Bastiani?

Affascinati dal romanzo di Buzzati, ci piace paragonare l’Assemblea regionale a quella malinconica Fortezza Bastiani posizionata dallo scrittore davanti al deserto dei Tartari. Bene. Per restare in metafora, che cosa fanno i settanta deputati asserragliati dentro le dorate stanze del Palazzo Reale e impegnati nella snervante attesa che il governo Schifani si faccia finalmente vivo con una legge o una riforma da approvare? Giocano a scacchi o a tressette? Ci sarà pure un sottotenente Giovanni Drogo che non sopporta più l’umiliazione dell’ozio e del tempo perduto. Ci sarà un presidente, come Gaetano Galvagno, in grado di rivendicare la centralità del Parlamento. Ci sarà un gruppo d’opposizione, libero dagli inciuci, che non si rassegna al clima mortizzo imposto dal presidente della Regione. O no? Nessuno spera nella rivoluzione. Ma in un..

Quei giornalisti col fez
a guardia della Meloni

Nella tv della chiacchiera – che è ormai diventata il vero parlamento, l’unica sede del confronto politico – è stata introdotta la figura del manganellatore. Del giornalista col fez. Il cui compito è quello di stroncare sul nascere, e con inusitata violenza verbale, ogni idea contraria alla dottrina meloniana che i chierici vaganti delle reti televisive predicano con tanta fede e tanto zelo. Prima c’era l’inevitabile prevalenza degli ospiti “governativi” ai quali venivano contrapposte delle figure di segno opposto. E il dibattito, per quanto scontato, offriva comunque al telespettatore una parvenza di equilibrio. Era anche prevista una rissa, per tenere su gli ascolti, ma non si andava oltre. Ora, man mano che il cammino di Giorgia diventa sempre più faticoso, la salivosa militanza degli ospiti di destra non basta più...

Il teatrino di Salvini
dal Papeete a Pontida

Fissate la scena che la tv vi ha a più riprese offerto ieri. Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese, abbraccia a Pontida il “capitano” della Lega, Matteo Salvini che a sua volta finge di esprimere grande solidarietà alla premier Giorgia Meloni, impegnata invece, nell’infelice sud dell’Italia, a trovare con l’Europa di Ursula Von der Leyen una via d’uscita all’immane tragedia dell’immigrazione clandestina. Lei bacia lui che bacia lei: è il teatrino sgangherato di un centrodestra che non sa come fronteggiare l’emergenza degli sbarchi e la butta in politica. E’ il cinico avanspettacolo di un vice presidente del Consiglio – chi non ricorda il truce Salvini del Papeete? – che vuole ingabbiare l’Italia in una campagna elettorale lunga nove mesi. Fregandosene, va da sé, di un paese soffocato dal caro..

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