Lunedì sarebbe stata la prima “Giornata dei Beni culturali”, con accesso gratuito al patrimonio artistico e culturale della Regione siciliana. L’ha istituita qualche giorno fa il presidente Musumeci per omaggiare l’assessore Sebastiano Tusa a un anno dalla scomparsa. L’anniversario di quella giornata terribile, che ci ha portato via l’archeologo mentre raggiungeva un convegno in Kenya, vittima di una tragedia aerea, ricorre il 10 marzo. Ma come noto, a causa delle misure imposte dal governo nazionale per contenere il Coronavirus, parchi e musei sono rimasti chiusi anche in Sicilia.

Salta, quindi, il primo appuntamento della memoria. Ma con tutto il rispetto, e il plauso, che si deve al decreto del governatore, l’assessore avrebbe meritato qualcosa in più di una singola giornata, o di un’opera d’arte temporanea (i suoi occhialoni gialli) in risalto a palazzo dei Normanni. E persino dell’istituzione dei parchi siciliani mancanti, avviata da lui mentre era in vita. L’unico regalo veramente utile alla memoria di Tusa, magari, poteva essere quello di dare continuità al suo lavoro. Di “popolare” l’assessorato ai Beni culturali, di renderlo una fucina di idee, impregnato di un’azione politica chiara, coesa, determinata e lungimirante.

Invece da un anno l’assessorato è senza la sua guida. E’ diventato una foresteria di palazzo d’Orleans, con Musumeci che mantenendo l’interim, prova – ma non ci si avvicina granché – a reggere il peso della responsabilità, dell’iniziativa e dell’organizzazione di un personale un po’ smarrito, alle prese con una catarsi insolita. In commissione, per audizioni diventate prassi, Musumeci non si presenta quasi mai. Manda i funzionari. E non c’è un’azione degna di nota per cambiare, o migliorare, il corso della storia. Non una riforma del settore – che solo la commissione V ha abbozzato (ma chissà quando approderà a Sala d’Ercole) – non la nomina di un “assessore”, magari tecnico, che possa ragionare sul futuro, offrendo soluzioni di fronte ai numeri incerti: che oggi parlano – questo sì – di 28,5 milioni d’incassi per il 2019, ma coi musei in crisi (reggono solo i grandi parchi, da Taormina a Siracusa).

Serve un piano di rilancio, ma senza una guida politica come si fa? Anche per i beni culturali il discorso si impantana sulle solite questioni: i partiti, il prestigio, le nomine. Peccato, perché Tusa meritava di più. E la Sicilia pure.