Gli effetti della crisi di governo sulla Sicilia potrebbero essere molteplici. In primis, quelli legati ai conti in rosso di Palermo. Nei giorni scorsi il sindaco Roberto Lagalla ha ottenuto un primo tavolo col sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli e con la viceministra all’Economia, Laura Castelli, per avviare un confronto sul piano da un miliardo per salvare i conti ed evitare il default. Ha già ottenuto, come gli altri comuni, la proroga per approvare il bilancio di previsione il 31 luglio. Ma il grosso dell’accordo è ancora da scrivere. Non bastano, infatti, i 180 milioni ottenuti da Orlando (da restituire in vent’anni). Bisogna andare oltre e ottenere un prestito che metta in sicurezza i bilanci di palazzo delle Aquile senza intervenire sulle tariffe per i cittadini. Un ritorno alle urne, di certo, sconquasserebbe i piani.

Ma sono numerose le vertenze aperte anche alla Regione. A partire dal riconoscimento dell’area di crisi complessa per il petrolchimico di Priolo. Un insieme di agevolazioni per i 10 mila lavoratori dello stabilimento e per le aziende che volessero riconvertire nell’ottica della transizione ecologica. Qualche giorno fa, l’assessore alle Attività Produttive, accompagnato dal segretario della Lega Nino Minardo, ha incontrato il ministro Giorgetti. “L’area di crisi complessa richiesta dalla Regione – ha detto l’esponente del governo Musumeci – non è stata definitivamente archiviata e resta una via percorribile, tuttavia è emersa la necessità di un confronto permanente per monitorare la situazione e per elaborare strategie adeguate alle mutevoli condizioni geopolitiche ed economiche. Avere l’attenzione e l’impegno del Mise e del ministro Giorgetti – prosegue Turano – su un dossier tanto delicato come quello del Petrolchimico di Siracusa è sicuramente un ottimo punto di partenza. Ho chiesto però al ministro pari impegno per Termini Imerese e Gela che attendono ancora il rinnovo dell’accordo di programma”.

Anche le due aree industriali afferenti ad altre realtà siciliane – Gela e Termini – restano pertanto in attesa di nuovi sbocchi. Ma un’interruzione dell’attività di governo comporterebbe slittamenti, considerato che anche in Sicilia – a breve – si tornerà al voto. Restano da chiudere anche le due maxi vertenze sui precari: la prima riguarda la stabilizzazione di 4.500 Asu, già approvata con legge dall’Ars (ma impugnata dallo Stato); la seconda, invece, si riferisce alla galassia di 2.500 ex Pip. Precari storici (da oltre venticinque anni) che pagano un prezzo altissimo alle illusioni della politica. Con il Ministero dell’Economia, invece, è stato appena sbloccato il pacchetto da 800 milioni – una tranche dell’accordo di finanza pubblica firmato lo scorso dicembre – che servirà alla Regione per liberare la spesa prevista dall’ultima Finanziaria e produrne dell’altra (la ‘manovrina clientelare’ potrebbe arrivare molto presto a Sala d’Ercole).

Un’altra questione tuttora aperta riguarda la modifica costituzionale per il riconoscimento dell’insularità: una tassa occulta, secondo il governo Musumeci, che grava sulla Sicilia per 6,5 miliardi l’anno. Lo scioglimento delle Camere, in caso di voto anticipato, potrebbe interrompere un iter che è ormai giunto alle battute finali. Il 30 marzo la Camera ha approvato la nuova previsione secondo “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”. La proposta torna ora al Senato per la seconda lettura. Quando?