Quello dei conti della Regione rischia di diventare un vero e proprio assillo, un autentico de profundis, per l’assessore all’Economia, Gaetano Armao. E non solo per lui. Nel ricorso notificato martedì scorso alle Sezioni riunite della Corte dei Conti in composizione speciale, a Roma, il pubblico ministero Pino Zingale, ha citato a comparire il presidente della Regione, Nello Musumeci, e quello dell’Ars, Gianfranco Micciché, per un’udienza che verrà convocata a breve, probabilmente entro il mese di agosto. L’obiettivo è fare luce sulle irregolarità contabili palesate il 18 giugno scorso dalla magistratura, nell’ambito dell’udienza di parifica sul rendiconto 2019. Tra le numerose riserve individuate dai giudici, alcune sono gravissime: la bocciatura dello Stato patrimoniale e del conto economico della Regione; ma anche il mancato accantonamento di 315 milioni nel Fondo contenziosi, l’omessa istituzione di 102 milioni nel Fondo rischi; l’errata determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, sottostimata per 34 milioni di euro. Oltre a un nuovo disavanzo di 449 milioni.

La Regione, che sta studiando le prossime mosse, si è vista recapitare nel frattempo un altro avviso di “sfratto”: Zingale, infatti, ha chiesto “in via pregiudiziale che sia dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale” dell’articolo 6 della Legge regionale n. 3/2016, e che gli atti siano trasmessi alla Corte Costituzionale. Con la legge in questione, la Regione ha stabilito che “a decorrere dall’esercizio finanziario 2016 (…) è autorizzato l’utilizzo di una quota del Fondo sanitario” pari a 127 milioni a copertura di un mutuo fatto con lo Stato. I soldi, anticipati da Roma, sarebbero dovuti servire al “risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti”. Eppure, dagli “accertamenti sullo stato d’attuazione del programma operativo di consolidamento e di sviluppo 2016-18, risulta che (…) la Regione Siciliana presenta gravi criticità in relazione a singole categorie di prestazioni”. Insomma, “non risultano in atti che vi sia mai stata una predeterminazione delle risorse destinate ai LEA (livelli essenziali di assistenza) e delle relative spese finalizzate. In particolare – sostiene Zingale – non è stata iscritta in bilancio alcuna somma destinata alla regolarizzazione delle predette gravi criticità”.

Lo spiega in maniera più prosaica Luigi Sunseri, deputato regionale del Movimento 5 Stelle, membro della commissione Bilancio: “Ciò che viene contestata è la distrazione di risorse dal Fondo sanitario (nazionale) per il pagamento di un mutuo contratto con lo Stato. Somme, quindi, che anziché essere impiegate per garantire prestazioni sanitarie ai siciliani, vengono impiegate per pagare un mutuo contratto da questo e dai governi precedenti. Ciò – a detta del Procuratore – sarebbe contrario ai principi della Costituzione e mostrerebbe, da parte del governo regionale, una gestione sanitaria approssimativa e lontana dal raggiungimento dei cosiddetti LEA. In altre parole, ad essere in pericolo non è soltanto il futuro dei giovani ma anche il diritto alla salute di tutti i cittadini”. Qualora le Sezioni riunite ritengano fondata la questione di legittimità costituzionale, la Consulta potrà accogliere il ricorso. In caso di verdetto sfavorevole, ci ritroveremmo con un (altro) disavanzo da 127 milioni a valere sul rendiconto 2019. L’effetto moltiplicatore, però, potrebbe riguardare anche gli esercizi 2016, 2017, 2018. “Sarebbe l’ennesima mannaia sul bilancio della Regione”, spiega Sunseri.

Quali sarebbero le conseguenze?

“L’aumento del deficit. E la necessità di dover procedere a un nuovo assestamento per coprire le somme mancanti. Il giudizio di parifica, di per sé, equivale a mezza bocciatura. Se al posto di un’istituzione pubblica come la Regione ci fosse stata una società, sarebbe già fallita”.

Sembra di stare su un piano inclinato.

“Questa Regione non è mai riuscita a fare un’operazione verità, anzi ha spesso trovato dei sotterfugi per nascondere le irregolarità. Non è stato fatto nulla, invece, per dimostrare ai siciliani, o ai giudici, che si stesse facendo un tentativo di risanamento dei conti pubblici. E’ avvenuto l’esatto contrario. Anziché provare a tagliarla, la spesa è sempre aumentata, anche attraverso leggi finanziarie che aggiungono spesa a spese già esistenti. Da quando si è insediato Musumeci, e al netto delle responsabilità dei governi precedenti, nessuno ha mai dato un segnale che andasse in direzione opposta. I conti sono peggiorati anno dopo anno”.

Eppure, in occasione del giudizio di parifica, il presidente Musumeci disse che “la Regione ha voltato pagina nella gestione degli equilibri di bilancio e recuperato credibilità finanziaria”.

“Musumeci forse non ha mai letto il bilancio della Regione. Non so come si possa affermare una cosa del genere, non c’è nulla che lascia immaginare un cambio di rotta… Ogni anno si aggiunge disavanzo, e solo grazie alle somme derivanti dagli accordi con lo Stato possiamo pagare tutto il resto. Prenda il caso dei Forestali: l’anno scorso li abbiamo pagati con una riprogrammazione da 33 milioni a valere sull’esercizio successivo; quest’anno, dopo gli annunci in pompa magna, abbiamo dovuto fare una variazione di bilancio in corso d’opera, destinando all’anti-incendio le somme trasferite dallo Stato un mese prima. Dallo Stato, non dalla Regione”.

L’accordo Stato-Regione, nell’ottica di un processo di riqualificazione della spesa, ha imposto la razionalizzazione di enti e società. Lei se n’è occupato: a che punto siamo?

“Siamo fermi. Non ci sono segnali positivi. Questa è una realtà sconosciuta ai più. Le inefficienze e le anomalie sono talmente tante che è difficile provare a raccontarle. Nella relazione del rendiconto 2019 pubblicata dalla Corte dei Conti, viene fatta un’analisi sul quadriennio 2016-19: si evince che la metà degli enti partecipati (7 su 14) e meno della metà delle società presentano il proprio bilancio. Quelle che lo fanno sono in perdita, e nemmeno lontanamente si avvicinano al pareggio. Ci sono disequilibri in tutte le società, ma la cosa grave è che chi dovrebbe controllare non controlla. La Corte dei Conti da anni chiede un’attenzione specifica sul controllo delle società e degli enti, ma non le viene concessa. E continua a denunciare gravi problemi di veridicità. Finché qualcuno non prenderà in mano la situazione, dando un messaggio di trasparenza, andrà sempre peggio”.