Due in una stanza
a Palazzo d’Orleans

Ma chi è veramente il “senatore della porta accanto”, l’eminenza grigia che a Palazzo d’Orleans siede e regna nella stanza vicina a quella del presidente della Regione col compito di accudirlo, di indirizzarlo, di suggerirgli la frase giusta al momento giusto, di tutelare i suoi equilibri di potere, di vigilare come un campiere sui suoi feudi elettorali? In altre parole: chi esercita il ruolo che, al tempo di Rosario Crocetta, fu ricoperto da Beppe Lumia, influente senatore del Pd e granitico professionista dell’antimafia? A chi spetta quella stanza? A Gaetano Armao, l’avvocato d’affari al quale Schifani ha delegato le questioni più delicate del governo, o a Totò Cuffaro, il barone rampante della politica che rastrella voti e consiglieri in ogni comune della Sicilia? Forse i senatori della porta accanto sono..

Il quadrilatero
di Retequattro

Chi sarà l’uomo politico che giovedì sera Paolo Del Debbio offrirà all’adorazione del suo pubblico? Nelle prime quattro puntate della nuova stagione la successione dei reverendissimi ospiti è stata la seguente: ha esordito, manco a dirlo, Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi; poi l’onore del palco è toccato a Giorgia Meloni di persona personalmente; il giovedì successivo è stato chiamato il ministro Lollobrigida, cognato della premier, e domenica scorsa è stata la volta di Matteo Salvini, l’altro vice, indubbiamente il più inquieto e il più teatrale. Le interviste sono state fatte con professionalità, con garbo, persino con eleganza. Ma sotto uno slogan che per Rete4, ormai appaltata alle ferree ragioni del governo, suona forse un po’ beffardo: “Tutte le..

Palermo ha bisogno
di governo, non di selfie

C’è chi governa con l’arte della politica e c’è chi crede di farcela con l’arma spuntata della propaganda. C’è chi amministra con il buon senso, con la mediazione, con l’ascolto; e c’è chi crede di sbarcare il lunario con l’estremismo. C’è chi maneggia la cosa pubblica con intelligenza ed elabora progetti credibili; e c’è chi prova a infinocchiare i cittadini con i selfie: con l’arte artefatta, è il caso di dirlo, della superficialità, della mistificazione, dei cieli rossi del tramonto o delle albe livide ma all’un tempo romantiche e appassionanti. Ci pensi il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ora che si è deciso a rimpastare la giunta e a soddisfare le smanie clientelari di Renato Schifani, detto “demolition man”. Palermo ha bisogno di una cura da cavallo, dal traffico alla..

La buffa commedia
del “retequattrismo”

Per carità, non è il caso di strapparsi le vesti: in fondo è solo un giochino messo in scena per telespettatori abitudinari, un po’ oziosi e un po’ distratti. Ma giovedì sera la tv della chiacchiera ha offerto un teatrino degno della migliore commedia italiana. Come antipasto è stato servito il solito dibattito con ospiti. Tema: l’invincibile egemonia culturale della sinistra. Vittima sacrificale: un garbato giornalista di Repubblica, soavemente e allegramente bastonato da quattro guardiani della rivoluzione meloniana. Quattro contro uno, appunto. Nel piatto successivo, quello della prima serata, il gioco è diventato ancora più sfrontato. Il conduttore che la domenica scorsa aveva ceduto per un’ora il microfono a Giorgia, giovedì l’ha ceduto al ministro Lollobrigida, cognato di Giorgia. E’ il “retequattrismo”, bellezza. “Tutte le ragioni, tutte le opinioni”.

C’è ancora una dignità
nella Fortezza Bastiani?

Affascinati dal romanzo di Buzzati, ci piace paragonare l’Assemblea regionale a quella malinconica Fortezza Bastiani posizionata dallo scrittore davanti al deserto dei Tartari. Bene. Per restare in metafora, che cosa fanno i settanta deputati asserragliati dentro le dorate stanze del Palazzo Reale e impegnati nella snervante attesa che il governo Schifani si faccia finalmente vivo con una legge o una riforma da approvare? Giocano a scacchi o a tressette? Ci sarà pure un sottotenente Giovanni Drogo che non sopporta più l’umiliazione dell’ozio e del tempo perduto. Ci sarà un presidente, come Gaetano Galvagno, in grado di rivendicare la centralità del Parlamento. Ci sarà un gruppo d’opposizione, libero dagli inciuci, che non si rassegna al clima mortizzo imposto dal presidente della Regione. O no? Nessuno spera nella rivoluzione. Ma in un..

Quei giornalisti col fez
a guardia della Meloni

Nella tv della chiacchiera – che è ormai diventata il vero parlamento, l’unica sede del confronto politico – è stata introdotta la figura del manganellatore. Del giornalista col fez. Il cui compito è quello di stroncare sul nascere, e con inusitata violenza verbale, ogni idea contraria alla dottrina meloniana che i chierici vaganti delle reti televisive predicano con tanta fede e tanto zelo. Prima c’era l’inevitabile prevalenza degli ospiti “governativi” ai quali venivano contrapposte delle figure di segno opposto. E il dibattito, per quanto scontato, offriva comunque al telespettatore una parvenza di equilibrio. Era anche prevista una rissa, per tenere su gli ascolti, ma non si andava oltre. Ora, man mano che il cammino di Giorgia diventa sempre più faticoso, la salivosa militanza degli ospiti di destra non basta più...

Il teatrino di Salvini
dal Papeete a Pontida

Fissate la scena che la tv vi ha a più riprese offerto ieri. Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese, abbraccia a Pontida il “capitano” della Lega, Matteo Salvini che a sua volta finge di esprimere grande solidarietà alla premier Giorgia Meloni, impegnata invece, nell’infelice sud dell’Italia, a trovare con l’Europa di Ursula Von der Leyen una via d’uscita all’immane tragedia dell’immigrazione clandestina. Lei bacia lui che bacia lei: è il teatrino sgangherato di un centrodestra che non sa come fronteggiare l’emergenza degli sbarchi e la butta in politica. E’ il cinico avanspettacolo di un vice presidente del Consiglio – chi non ricorda il truce Salvini del Papeete? – che vuole ingabbiare l’Italia in una campagna elettorale lunga nove mesi. Fregandosene, va da sé, di un paese soffocato dal caro..

Campi di detenzione?
Già tremano i polsi…

Giorgia Meloni o Matteo Salvini, chi è il più truce del reame? Mentre il leader della Lega insegue le teorie fascisteggianti del generale Vannacci e invita a Pontida la nera Marine Le Pen, la presidente del Consiglio getta alle ortiche l’abitino della destra dialogante, calza gli scarponi chiodati della repressione e va alla guerra contro l’esercito, sempre più invasivo, dei poveriscristi spinti in Italia da un'Africa martoriata dalle sciagure e dalla fame. Non è facile prevedere gli sviluppi di una decisione così improvvisa, disperata e belluina. Giorgia – la Giorgia di Dio, patria e famiglia – annuncia misure durissime e sconcertanti: il ministero della Difesa, con i suoi soldati, costruirà e presidierà aree recintate in cui chiudere i profughi fino a 18 mesi. Li chiameranno campi di detenzione. E il..

Voleremo a Roma
sulle ali di Schifani

Pensate: alla sua età è salito in macchina ed è andato a Catania. Sommando andata e ritorno ha percorso quasi quattrocento chilometri. Va bene che la fatica della guida tocca all’autista, ma il viaggio è pur sempre una sfacchinata. Direte voi: lo fa per la Sicilia. Ne siete sicuri? Renato Schifani ieri si è spostato sulle falde dell’Etna non per annunciare una riforma, tra le tante che quest’Isola si aspetta; o per dare una nuova governance all’aeroporto di Fontanarossa dopo le sciagurate vicende di questa estate. No. E’ andato a Catania per cantare le virtù della piccola Aeroitalia che – pur costretta a operare tra colossi, come il lupo cattivo Ryanair – garantisce alla Sicilia qualche collegamento in più con Roma. La compagnia di Forlì ha trovato in Schifani il..

L’invincibile patto
fra Totò e Renatino

Li abbiamo canzonati con ironia, mai con cattiveria. Gli abbiamo appiccicato addosso il titolo di un vecchio film: “Il bello, il brutto, il cattivo”. E sul Foglio, dopo avere richiamato i loro impicci con la giustizia, li abbiamo bollati come “i tre mascariati di Sicilia”. Ma la politica – che brucia in fretta intese e alleanze – ha già rovesciato il tavolo. Raffaele Lombardo pare che si sia tirato fuori. Resta in piedi, alla Regione, l’asse tra il presidente, Renato Schifani, e il leader della nuova Dc, Totò Cuffaro. E’ un asse di ferro. I due sono affratellati da un‘affinità elettiva. Il loro patto è suggellato da una solidarietà antica. Fino a quando garantiranno il loro appoggio a questa diarchia i duri di Fratelli d’Italia, quelli di legge e ordine,..

Gerenza

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