Il gioco che piace
a Palazzo d’Orleans

Forse è arrivato il momento di ricrederci su Renato Schifani. E’ vero, non sa governare e gira a vuoto: un giorno si inventa il caro voli e il giorno dopo viene sbeffeggiato dal capo di Ryanair; protesta con l’Anas per i cantieri della Palermo-Catania e non si accorge che gli crolla addosso la Messina-Palermo, di competenza della Regione. Ma in questi ultimi giorni c’è stata la svolta: l’intrepido presidente si è travestito da comandante in chief di Forza Italia e ha buttato sul tavolo dell’opinione pubblica due acquisti che lui spaccia, va da sé, come una conquista: Giancarlo Cancelleri, trombato già dai grillini, e Caterina Chinnici, mollata con allegria già dal Pd. I problemi della Sicilia, ovviamente, non lo riguardano. Gli piace traccheggiare con i partiti. Lo intrigano i sottoscala..

Ma qualcuno fermerà
i capricci delle Asp?

Gli ottimisti credevano – ce ne sono ancora, malgrado Schifani – che l’Asp afflitta da sadismo burocratico fosse solo quella di Palermo retta da oltre cinque anni da quella funambola del nulla che risponde al nome di Daniela Faraoni. Pensate: ha in bilancio i soldi per pagare le prestazioni degli ambulatori e dei laboratori convenzionati, ma non li scuce. Le strutture possono anche chiudere, lei se ne frega. Purtroppo lo sciagurato “metodo Faraoni” ha contagiato molti altri commissari delle aziende sanitarie. A cominciare da quello di Trapani che si ostina a non pagare nemmeno quegli eroici camici bianchi – perché di questo si tratta – che assistono con alta professionalità e sensibilità umanitaria i malati terminali. Sanno, questi super burocrati, che la loro stagione volge al termine e si concedono..

Dal piccolo Cancelleri
al Grande Maneggione

Pure i bambinetti dell’asilo sanno che l’arrivo del transfuga grillino conta meno del due di coppe. L’acquisto di Cancelleri è solo un’anteprima: serve a schermare un’operazione ben più sostanziosa. Preparatevi. In Forza Italia sta per tornare il Grande Maneggione, l’uomo che sa come intrecciare politica e affari; il consulente dei tanti avventurieri che arrivano in Sicilia col proposito di mettere le mani sull’argenteria per poi scappare in un paradiso fiscale. Tornerà, sì che tornerà. Perché in realtà non è mai andato via. Certo, ha tentato di assecondare ben altre ambizioni. Ma è rimasto sempre qui, nascosto in un sottoscala di Palazzo d’Orleans. Ha solo da risolvere, in Cassazione, un conflitto col Fisco su seicentomila euro di tasse non pagate. Subito dopo, la sua relazione clandestina col Principe verrà ufficializzata. E..

Schifani, Cancelleri
e la risposta di Totò

A sei mesi dalle elezioni, i siciliani hanno consolidato alcune granitiche certezze. Sanno di avere un presidente della Regione che gira a vuoto: come Crocetta, peggio di Crocetta. Sanno di avere un assessore all’Economia incapace di predisporre un bilancio: succedeva ai tempi del Bullo, succede ora con Marco Falcone. Sanno pure che, dopo l’arrivo di Giancarlo Cancelleri, punta di diamante della cultura grillina, la maggioranza potrà contare su un pacchetto di valori non negoziabili: la coerenza, la trasparenza e, soprattutto, la corrispondenza tra la politica della parola e la politica dei fatti. Resta un dubbio: il popolo di Forza Italia che ieri affollava il Politeama era garantista come Schifani o giustizialista come Cancelleri? Torna in mente un film di Totò. Gli chiedevano: ma lei è milanista o interista? E lui..

Quando il santo
perde l’aureola

Chiede i pieni poteri per gestire da solo monnezza, termovalorizzatori e lavori stradali ma l’unica legge che in sette mesi di governo è riuscito a mettere insieme – la Finanziaria – è stata puntualmente impugnata da Palazzo Chigi che l’ha definita un colabrodo: sono state riscontrate incongruenze e asinerie che rischiano di farci pagare un pegno di ottocento milioni. Non solo. Da settembre, come un don Chisciotte smarrito nella Mancia, conduce una battaglia, epocale e picaresca, contro il caro voli; ma quando la compagnia inglese Ryanair, per imporre il suo tornaconto, ha deciso di sacrificare l’aeroporto di Comiso e di concentrare il suo business su Trapani lui, il presidente della Regione, è rimasto zitto, disarmato e impotente davanti ai suoi mulini a vento. Dov’è finita l’aureola di autorevolezza con la..

Ma per Schifani
c’è solo il caro voli

Qualcuno dica a Renato Schifani che la Pasqua è passata e che, salvo qualche altra impennata, i biglietti sono tornati quasi alla normalità. Pe ritrovarci di fronte al caro voli bisognerà aspettare il prossimo Natale. Noi, come tutti i siciliani, ringraziamo vivamente il presidente della Regione per la sua indomita battaglia contro l’arroganza delle compagnie, ma insistiamo anche nel chiedergli di dedicarsi a problemi ben più stringenti, come quelli che affliggono la sanità. Il disastro è stato per mesi sotto gli occhi di tutti. Ieri è venuto fuori che le Asp, a cominciare da quella di Palermo, hanno in bilancio i fondi per pagare alcune spettanze, già consolidate, agli ambulatori e ai laboratori convenzionati ma si rifiutano di trasferire i soldi alle strutture. A che serve un governatore incapace di..

“Colpa degli altri”
E Schifani è salvo

Che ne sarebbe di Renato Schifani se non ci fossero gli “altri” ai quali addossare colpe, peccati ed omissioni? Prendiamo il caro voli. Se la Regione mettesse in riga i quattro aeroporti siciliani e impedisse a ciascuno di concordare benefici senza limiti con Ryanair, la compagnia aerea ci penserebbe due volte prima di flagellare i passeggeri con tariffe da capogiro. Altro che il ricorso all’antitrust. La tattica degli “altri”, brutti e cattivi, vale pure per le autostrade dove le colpe sono sempre dell’Anas e mai della Regione che ha mollato tutte le strade circostanti. E anche per l’incontenibile sbarco degli immigrati. “Ormai è una invasione”, strilla Schifani. Richiamando, va da sé, le colpe dello Stato, della Guardia Costiera e della protezione civile. E lui, il presidente, che fa di suo?..

Ma quel vento
da noi non arriva

Come si chiama il vento strabico che di questi tempi contrasta ogni mito, ogni certezza, ogni verità? La procura generale di Milano vuole riaprire il processo a Olindo e Rosa, condannati all’ergastolo per la strage di Erba. Il tribunale di Caltanissetta riabilita Bruno Contrada e scrive che la sua presenza nell’inferno di via D’Amelio, subito dopo il massacro di Paolo Borsellino, è stata un’infamia montata dall’antimafia. C’è vernice nera e puzzolente pure per i santi: il fratello di Emanuela Orlandi, la ragazza di 15 anni scomparsa a Roma nel 1983, getta fango su Giovanni Paolo II, il papa polacco già elevato all’onore degli degli altari. Se ne sta al riparo solo la Sicilia della politica. Qui il vento strabico non ha verità da abbattere né certezze da rovesciare. Gli scandali,..

Sembrava un’eccellenza
ma era soltanto un bluff

Cefpas che vai, Razza che trovi. Ci abbiamo scherzato su per un’intera legislatura, quella segnata dal governo Musumeci. Il centro di formazione di Caltanissetta, affidato alle riconoscenti mani di Roberto Sanfilippo, era diventato per Ruggero Razza, assessore alla Sanità, il centro del mondo. Assunzioni, promozioni, ammodernamenti: tutto doveva passare da quella scuola definita “struttura d’eccellenza”. Un altro bluff, ovviamente. Come i tanti riconducibili a “Diventerà Bellissima”. Oggi si scopre che i sei milioni consegnati l’anno scorso da Razza al Cefpas per informatizzare i servizi e ridurre le liste di attesa sono rimasti inutilizzati. “Inerzia amministrativa”, accusa il nuovo assessore, Giovanna Volo. Se il presidente Schifani l’avesse saputo in tempo, forse avrebbe evitato di rinnovare l’incarico a Sanfilippo. Invece è caduto ancora una volta dal pero.

Dal calvario di Contrada
ai cannibali della politica

L’ultima sentenza di Caltanissetta sulla strage di via D’Amelio certifica che l’antimafia – con i suoi apparati, le sue anime belle, le sue ambizioni – ha creato un mostro e lo ha crocifisso per quasi trent’anni con un cinismo che, a solo pensarci, fa venire i brividi. Quel mostro, costruito con le infamità dei pentiti e di altri compiacenti mistificatori, si chiama Bruno Contrada. Al tempo dell’attentato era vicequestore. La prima bugia che hanno messo in circolo è stata questa: al momento della strage Contrada era lì, nell’inferno di via D’Amelio. E sull’onda di questa bugia hanno inventato la comoda teoria dei servizi segreti deviati che avevano coperto le nefandezze dei boss stragisti. Povero Contrada. Gli hanno incollato addosso un’accusa di mafia. Che era una menzogna. Il metodo, purtroppo, fa..

Gerenza

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