Bisogna ricomporre i pezzi del passato per capire dove andrà Sicilia Futura. E non è detto che basti. La rottura con il Pd è storia degli ultimi giorni. Lo scenario prossimo venturo, invece, è tutto da dipingere. Anche se Totò Cardinale, che di questa creatura è stato padre e madre, non ha dubbi: bisogna seminare al centro. L’esperimento col Pd è fallito. Martedì, nel corso di un’assemblea a Messina, era stato il segretario regionale Beppe Picciolo a fare il punto della situazione e a segnalare le anomalie di un patto federativo che i “dem” avrebbero tradito: è stata messa in discussione l’identità moderata, pluralista e liberale – si legge nei comunicati – non è piaciuta la svolta a sinistra intrapresa da Zingaretti. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la mancata candidatura della renziana Valeria Sudano: una sua elezione avrebbe permesso allo stesso Picciolo di entrare in Senato come primo dei non eletti.

Non è un retroscena. E’ stato Cardinale ad ammetterlo: “Beppe lo meritava, ma io non ci ho mai creduto. Ci hanno tenuto in bilico fino al giorno prima della presentazione delle liste. Ma si è rivelata una pantomima. Sono amareggiato. Più che il Pd, sembrano i Ds. Anche per alcuni atteggiamenti giustizialisti, tipici di un partito che è rimasto rinchiuso nei salotti radical chic. L’idea liberale, riformista, progressista – di cui anche io sono stato portatore – è stata abbandonata. Mi pare non ci sia neanche una politica in grado di richiamare la pluralità delle posizioni e la necessità di avere un forte rapporto col territorio. Si segue un copione già scritto. Credono di essere i più bravi e i più puri”.

Lo dice perché è arrabbiato?

“Lo dico perché è storia dei nostri giorni”.

Quando è cominciata?

“Dall’arrivo di Renzi alla segreteria. Capimmo che c’era uno spazio per allargare il Pd al centro. Inizialmente fondammo il Pdr, il patto dei democratici per le riforme. Poi venne Sicilia Futura. Entrammo nel governo regionale dopo un anno e mezzo, ma Crocetta iniziò a metterci i bastoni tra le ruote, a fare ostracismo. Il suo Megafono perdeva quota e molti guardavano a noi con interesse. Potemmo scegliere un solo assessore tecnico, Maurizio Croce, e nel successivo governo, nonostante otto deputati, siamo rimasti fuori. Non votammo nemmeno la fiducia”.

Otto deputati e zero assessori. Nel Pd non c’era nessuno che vi tirava la volata?

“Hanno disertato rispetto al dovere di pretendere che una forza che aveva sostenuto il governo potesse rimanere fuori. Noi, rispetto a loro, cominciavamo ad avere grandi risultati anche nei territori. Alle Amministrative di Palermo abbiamo preso più voti. Ma non eravamo alternativa al Partito Democratico, volevamo entrare nel Partito Democratico. Però ci hanno tenuto a bagnomaria fino alle Regionali, quando Renzi si presentò a Mondello e ci disse che non si sarebbe impegnato in prima persona perché era convinto di perdere. Immagini che serenate il centrodestra… Se fossimo stati il gruppo degli ascari, o gente interessata soltanto alla gestione del potere, avremmo potuto chiedere qualsiasi cosa e ce l’avrebbero data”.

Però perdeste le elezioni con Micari.

“Ma lo sgarbo peggiore arriva alle Politiche”.

Parla della candidatura di sua figlia Daniela?

“Era stata indicata come candidata a Caltanissetta nel suo collegio. Ma una serie di personaggi locali, spinti dai segretari provinciali di Caltanissetta e Agrigento, dissero che non era adatta, parlarono di nepotismo. Il partito fece campagna elettorale contro, ma Daniela venne eletta comunque. Al suo posto sarei andato a iscrivermi al gruppo Misto”.

Poi si arriva alla Sudano e a Picciolo. Ma nessuno dimentica che siete stati uno dei motivi del litigio fra le anime del Pd all’ultimo congresso regionale. L’ala di Zingaretti, rappresentata da Piccione e dalla vecchia guardia, non vi voleva.

“La disponibilità di Sicilia Futura, che qualche mese prima aveva fatto votare Pd, offrendo candidature di rilievo, ci pareva scontata. Eravamo interessati a un mero rinnovamento del Pd, con un programma fatto di proposte, impegni, aperture verso il centro che noi potevano sollecitare, se non rappresentare. Partecipare al congresso era quasi una scelta obbligata. Se possono farlo i cittadini distanti dalla politica o dal partito, perché non potevamo farlo noi? Cioè un gruppo dirigente che aveva dato sostegno in due differenti appuntamenti elettorali?”.

La Piccione, in modo particolare, ve ne ha dette di tutti i colori…

“E nel frattempo andava da Tamajo a cercare i voti. Per lei sarebbero tornati buoni, per Faraone non lo erano. Questo è un segno chiaro ed evidente di un pregiudizio immeritato. Mi chiedo da quale fonte battesimale siano passati questi soggetti per essere così puri”.

E Faraone?

“Ci ha deluso anche lui”.

Adesso che avete chiuso questa esperienza estenuante, qual è il vostro obiettivo?

“Mettere insieme una forza considerevole – popolare, riformista, liberale, socialista – capace di cucire un rapporto fra i tanti movimenti e partiti che affollano il centro. Se riuscissimo a varare questa costituente, potremmo rinsaldare un pensiero politico che manca, una capacità progettuale importante per la Sicilia. Mobilitando tanta gente che vive ai margini, in uno stato di apolidia politica, che non ha cittadinanza e non sa dove andare. Che non ha voglia di correre dietro a Salvini e alla Meloni. Ripenso alla mia esperienza di fondatore della Margherita: ognuno aveva le proprie esigenze, poneva delle questioni. Fu faticoso, ma ci riuscimmo”.

Deve nascere un nuovo partito?

“Sono fiducioso che avverrà. Non posso rassegnarmi all’idea che ci si debba arroccare a sinistra, o sulle posizioni di Salvini o del Movimento 5 Stelle. E che invece quest’area debba rimanere tagliata fuori. Il mondo democristiano, assieme a quello socialista, ha compiuto sforzi enormi per la ricostruzione di questo Paese. Non si può cancellare con un colpo di spugna. Anzi, quest’anima è largamente maggioritaria nel Paese”.

Senza scomodare la Dc, come vede oggi i partiti di centro?

“Le vicende di Forza Italia non aiutano, l’Udc quasi non esiste più. C’era un gruppo di laico-risorgimentali che aveva fatto quadrato attorno a Monti, e che potevano essere rappresentati da Calenda, prima che si facesse cooptare da Zingaretti. Di fronte a questo panorama occorre reagire energicamente”.

Sa che anche Micciché ha parlato di costituente? Potreste incontrarvi?

“Mi fa piacere che abbia utilizzato questi termini, anche perché lui è legato agli schemi di partito. Ma il coordinatore di Forza Italia fa riferimento al centrodestra. Io parlerei più di centro. Ho la presunzione di immaginare un centro che si allarga e, a partire dalla Sicilia, possa interrogare altre regioni che si trovano nella nostra medesima condizione. Con una caratterizzazione meridionalista, che sta nella nostra cultura di sturziani ma anche dei laici che ne hanno fatto una bandiera. Perché se Miccichè pensa di rifondare il centrodestra potrebbero esserci dei problemi: Salvini, la Meloni… Il discorso diverrebbe più complicato. Bisognerebbe valutare le condizioni e i limiti”.

Musumeci, invece, sarebbe pronto ad accoglierlo?

“Qualche settimana fa, nei ragionamenti fatti da Musumeci, ho notato questa voglia di convergere al centro, pur nel rispetto della propria storia. Anche nella Margherita c’erano storie e sensibilità diverse. Ma il problema è di Musumeci, non nostro. Mi spiego: se si apre una costituente che voglia mettere insieme le forze della cultura riformista, che hanno un radicamento e un vissuto, bisogna farlo parlando di programmi e impegni per il futuro. Noi veniamo dal solidarismo cristiano e dall’attenzione verso i più deboli. Su questa politica dobbiamo chiedere una verifica a tutti quelli che ci stanno. Non è problema che posso sollevare io, ma una questione che riguarda chi aderisce a questa ipotesi di federazione. Il dibattito dovrà essere supportato e alimentato da intenzioni chiare e non strumentali”.

Un’ultima domanda di gossip politico: chi voterà alle prossime elezioni?

“Quando uno decide di votare senza schema guarda più alle persone. Nelle condizioni in cui siamo, non possiamo dare la direttiva di votare per il Pd. Chi vuole può farlo, ma questo desiderio in Sicilia Futura non lo noto. Certo, non possiamo votare per dei candidati che stanno agli estremi, ma per quelli che la pensano come noi e potrebbero tornare utili a questo progetto. Ce ne sono”.

Qual è il leader che immagina per questa nuova formazione politica?

“Rimango convinto che Renzi sia uno dei pochi giovani capaci di avere seguito e consenso. Potrebbe essere lui il riferimento nazionale di questa nuova aggregazione. Io spero che si decida a tornare in campo. Tutti ne parlano, ma nessuno lo vede”