Nel giro di 22 giorni siamo passati dalla minaccia di lockdown alla riapertura serale dei ristoranti per San Valentino. Nell’arco di tre mesi, da un retroscenismo complottista (“C’è una voglia spasmodica di colpire anzitempo centinaia di migliaia di imprese siciliane”) sulla zona arancione, alla richiesta di confermare Speranza come ministro alla Salute. Il governator Tentenna, Nello Musumeci, fatica a mantenere una linea. Muta più del virus. L’ultimo anno è farcito da rapide accelerazioni e brusche frenate. Come colui che visse e si contraddisse, il presidente della Regione prova a rimanere in scia al Covid, seminando lungo il percorso ogni tipo di dichiarazione. La sovraesposizione mediatica permette di fissarle tutte, ma qui se ne passeranno in rassegna solo alcune. Le più recenti.

Torniamo indietro nel tempo. Il 24 ottobre, il governo Conte annuncia l’arrivo della seconda ondata. Un nuovo, l’ennesimo Dpcm fissa la chiusura di bar e ristoranti alle 18. E il coprifuoco a partire dalle 22. Gli ospedali iniziano a riempirsi, più che in primavera. La Sicilia, già graziata la prima volta, ne soffre maledettamente. Musumeci viene tirato per la giacchetta e la sera del 27 ottobre annuncia una riunione del governo regionale per adottare un disegno di legge “che richiami nella forma e nella sostanza la legge della provincia di Bolzano”. Non una misura che permetta di riaprire tutto e subito fino alle 22 ma che, peggio, consenta alla Regione di esercitare un potere “estensivo” e non soltanto restrittivo rispetto ai provvedimenti nazionali. Manco a dirlo, la proposta tramonta nel giro di qualche giorno, non appena ci si accorge che il progetto di legge, da sottoporre a un lungo iter parlamentare, non consentirebbe di alleviare in breve tempo la crisi – già acuta – dei ristoratori.

Passano pochi giorni e la situazione si complica. Musumeci, nel corso di una relazione all’Ars, è profetico: “Sappiamo tutti come andrà a finire… Fra qualche tempo chiuderemo”. Il governo nazionale, con un rapido cambio di marcia, s’inventa l’Italia a colori. La Sicilia finisce in “zona arancione”, e a Musumeci ovviamente non va più bene. La cautela primaverile – quando era andata in scena la clamorosa protesta via social, contro il ministro Lamorgese, per i mancati controlli sullo stretto di Messina – e il rigore estivo – per l’assenza di umanità nell’hotspot di Lampedusa – vengono rimossi dalla memoria. Si apre la fase del permissivismo. La Sicilia arancione? Follia… Musumeci definisce la decisione “al di fuori di ogni legittima spiegazione scientifica”. “Perché questa spasmodica voglia di colpire anzitempo centinaia di migliaia di imprese siciliane?”. E ancora, intervenendo a Rai News 24, cavalca l’ipotesi del complotto: “Tutte le zone penalizzate sono regioni che appartengono al centrodestra… Non ho la certezza, ma il sospetto sì”. Razza placa gli animi, chiedendo un confronto col Cts e, semmai ci fossero le condizioni, un cambio immediato di colore. Finisce con un nulla di fatto.

Il periodo natalizio scorre più o meno sereno. I ristoratori abbassano le saracinesche, le strutture ricettive non lavorano, e l’obiettivo è ripartire tutti quanti dopo l’Epifania. La Sicilia ha dati da zona gialla, ma Musumeci ancora una volta scatta in contropiede. Abbracciando il rigorismo: “Siamo preoccupati per l’attuale andamento della curva dei contagi in Sicilia – scrive l’8 gennaio in una nota – per questo abbiamo chiesto al ministro Speranza, che ringrazio, di anticipare di almeno una settimana il provvedimento di istituzione della zona arancione. Nonostante l’indice Rt dell’Isola non prevedesse infatti questa classificazione, con grande senso di responsabilità, abbiamo previsto misure più stringenti a salvaguardia del nostro territorio”. Passano un paio d’ore e con il segretario della Lega Salvini, sfruttando le ultime ore di libertà, fa tappa all’Albergo delle Povere, a Palermo: “Zona arancione? Non era proprio quello che volevamo – dichiara Musumeci -. Io avevo chiesto la zona rossa per almeno una decina di giorni, ma il ministro Speranza ha deciso così. Pazienza…”.

Il destino è segnato. Nel giro di una settimana la Sicilia finisce in “zona rossa”. E’ il 18 gennaio, gli ospedali sono strapieni e ci contendiamo con la Lombardia la palma di regione con più casi. Non è il lockdown della primavera scorsa e, nonostante l’ordinanza restrittiva del Colonnello – che vieta le visite domiciliari a parenti e amici – Musumeci trova ancora da ridire. In conferenza stampa con il nuovo assessore all’Agricoltura, Toni Scilla, passa alle minacce: “Siamo molto allarmati perché i siciliani non hanno capito la gravità del momento – spiega il 21 gennaio -. Basta guardare le foto e i filmati per rendersi conto della indisciplina di una minoranza di cittadini. Se il contagio non dovesse abbassarsi alla fine del mese adotteremo ulteriori misure restrittive d’intesa con il governo nazionale e non escludo che si possa arrivare ad un lockdown come quello della scorsa primavera. Il diritto alla vita è prioritario”. Apriti cielo.

Mentre le attività produttive muoiono di fame e invocano un ripensamento – almeno in parte – i dati lentamente migliorano. La scuola, però, subisce l’ennesimo rallentamento: dopo aver fatto slittare il riavvio di elementari e prime medie, le superiori, in Sicilia, sono le ultime a riaprire (l’8 febbraio anziché l’1). Eppure, la road map di Musumeci non sembra così male: “Puntiamo alla zona gialla” e poi, eventualmente, a quella bianca. Significherebbe far saltare i divieti, tornare al cinema e in palestra. Una bella dose d’ottimismo, mentre arrivano le prime fiale di vaccino e le imprese fiutano la primavera. Dura poco, però. Mercoledì scorso, stavolta durante una conferenza stampa con Razza sui vaccini, il presidente torna austero: “Zona gialla da lunedì? Vediamo. Prima dobbiamo dimezzare i contagi”. L’ennesima uscita a vuoto. A Palazzo d’Orleans le linee si infiammano: telefonano imprenditori inferociti, associazioni di categoria impazienti, e persino i leader di partito.

Fratelli d’Italia e Lega, quasi in parallelo, chiedono l’allentamento delle misure di contenimento del contagio, garantendo la zona gialla e proponendo una deroga sugli orari dei ristoranti. Musumeci si arrabbia e chiama un assessore al telefono per chiedere il motivo di tanto pressing. Poi si decide, abbassa la guardia, e si allinea: non solo chiederà la “zona gialla” al governo nazionale – che l’avrebbe concessa a priori, senza bisogno di ulteriori spot – ma anche una deroga per permettere “ai ristoranti e a chi somministra cibo” di poterlo fare fino alle 22 in occasione del weekend di San Valentino. Una deroga, ovviamente, che lo sconquassato governo nazionale dovrebbe accordare a tutte le regioni gialle, e non solo alla Sicilia. O qualcuno, va da sé, potrebbe gridare al complotto.