All’interno delle coalizioni che si apprestano ad affrontare il doppio turno elettorale del 2022 – Amministrative e Regionali – regna una gran confusione. I veti, da sempre, corrispondono a giochini pericolosi. E promesse di ripicca. L’ultimo messaggio sibillino arriva dagli Autonomisti di Raffaele Lombardo, che si dicono pronti a “esprimere, con la Lega, con Diventerà Bellissima e con Fratelli d’Italia, una candidatura autorevole e vincente” per la città di Palermo. Notato niente? Nella lista non è inclusa Forza Italia. Che a Palermo si è resa protagonista di una fuitina in avanti, annunciando, il 26 luglio, “la scelta di proporre un candidato a sindaco di Palermo che sia espressione del partito azzurro. Partendo dal presupposto – va da sé – che non abbiamo posto veti in seno al centrodestra, negli altri capoluoghi di provincia, che sono stati appannaggio di sindaci di altri partiti”. Il clima non sembra cordialissimo. Anche perché, per restare nel capoluogo, e al netto dell’ex Mpa (sempre più tendente a destra), andrebbe considerato pure il magma centrista: quello dei vari Lagalla, Romano, Cuffaro, Faraone. Per contare i candidati, dieci mesi prima, rischiano di non bastare le dita di una mano.

A Palermo siamo reduci dalla stagione dell’Orlandismo, e le aspettative sono altissime. Chi non ha fatto parte della squadra di governo, inoltre, parte coi favori del pronostico. Ma il tessuto del centrodestra, di fronte all’appuntamento con le Amministrative, ha sempre rischiato di sgretolarsi. E’ accaduto l’ultima volta: da Agrigento, dove le varie anime hanno confluito sul candidato più forte (Franco Micciché) solo al ballottaggio, fino a Marsala, dove la Lega, come in altre parti di Sicilia (Milazzo non è un esempio), ha preferito correre in solitaria. Sono passati un po’ di mesi e il Carroccio è diventato un’altra cosa. A Palermo non avanzerà la pretesa di indicare il candidato sindaco (“Ci basta la Regione”, ha detto, fra le righe, Vincenzo Figuccia), ma si accontenterà di far prendere la bilancia da una parte e dall’altra. In questa folle corsa prova a inserirsi anche Diventerà Bellissima, che non può/non deve perdere il treno. Così Alessandro Aricò, il capogruppo del movimento di Musumeci, ha ribattuto un comunicato a distanza di poche ore, assicurandosi che tutti lo leggessero: “Gli Autonomisti rappresentano un’importante e qualificata risorsa del governo Musumeci – ha detto -, pertanto è obiettivo pure di Diventerà Bellissima quello di stare l’uno al fianco dell’altro anche alle prossime amministrative di Palermo, concordando il programma elettorale e la scelta di un candidato sindaco autorevole e capace”. Uno dei nomi che circola è proprio il suo.

Forza Italia, da par suo, va avanti a testa bassa. Provocando i rimbrotti rumorosi di altri potenziali alleati: dalla Lega, che attraverso i Figuccia’s fanno sapere che non è più la stagione del 61-0 e “che oggi, a Palermo, l’asse si è decisamente spostato”; a Saverio Romano. L’ex Ministro, che non ha mai mascherato le ambizioni del suo Cantiere Popolare, qualche giorno fa ha sonoramente bocciato la fuga in avanti di Micciché, con il quale i rapporti non sono più limpidissimi da un paio d’anni: “Le affermazioni azzurre ricordano tanto le partite a calcio che si facevano quando eravamo ragazzi, quando qualcuno fra gli amici voleva mettersi la fascia di capitano per partito preso. Crescendo – ha detto Romano a Blog Sicilia – si capisce che non è così che funziona il mondo. La fascia di capitano bisogna guadagnarla sul campo. A Forza Italia devono rendersene conto”. Messaggio chiaro e puntuale. Il Cantiere Popolare, inoltre, è fra gli affiliati del grande centro siciliano: un edificio in costruzione che accoglie pure l’Udc e Italia Viva, oltre a Idea Sicilia, il movimento dell’attuale assessore all’Istruzione, Roberto Lagalla. Difficile capire – adesso – se avranno la forza di muoversi in autonomia, lasciando un’impronta sulla competizione elettorale successiva: le Regionali. Oppure turarsi il naso e rimanere nella stessa coalizione che comprende Lega e Fratelli d’Italia. Del grande complesso dei Popolari e Autonomisti, che nel 2017 presentarono liste comuni alle Regionali, è rimasto un timidissimo afflato.

Ma le frizioni sono ricorrenti anche nel campo opposto. Perché Leoluca Orlando, che non sarà della partita (almeno in prima persona), è da poco transitato con una buona fetta della giunta al Partito Democratico. Creando una situazione assai curiosa. A Palermo, il Pd governa praticamente da solo (e senza una maggioranza a Sala delle Lapidi). L’unico alleato di ferro è Sinistra Comune, dell’assessore alla Viabilità Giusto Catania. Il Movimento 5 Stelle è fuori da questa alleanza e ad entrarci non ci pensa nemmeno. A dichiararlo è stato Giampiero Trizzino, parlamentare regionale del M5s e uno degli ‘indiziati’ per una candidatura a Palazzo delle Aquile. Trizzino, che da settimana denuncia il malfunzionamento dei depuratori, chiamando a raccolta i vertici di Amap e dell’Amministrazione comunale all’Ars, per un’audizione (da cui si capirà se ci sono margini di rimborso per i palermitani che pagano regolarmente la bolletta dell’acqua), ha preso male il forfait del sindaco, tanto da spingersi a dire una frase che rimarrà scolpita nella pietra: “Non sì è visto nessuno, ed è la seconda volta che accade. È la plastica dimostrazione di un’amministrazione allo sbando, come del resto testimonia lo sfacelo che ci circonda a Palermo. Fatti come questo rafforzano la mia già radicatissima convinzione che in una mia eventuale candidatura a sindaco non potrei mai avere nulla a che fare con questa gente”. Sarebbe la pietra tombale, almeno in città, a un’alleanza fra Pd e Cinque Stelle, che invece all’Ars si continua a sperimentare con attenzione. Dai banchi dell’opposizione, d’altronde, è tutto più facile.

Con una prospettiva di governo davanti, invece, anche le convinzioni più radicate crollano. E’ bastata, ad esempio, la proposta di indire le primarie da parte del segretario regionale Barbagallo, che fra i grillini sono emersi i primi malumori: “Non ci ha nemmeno consultati”, ha fatto sapere Luigi Sunseri, altro pretendente (potenziale) a palazzo d’Orleans. A questo ‘campo largo’, da cui sembrano definitivamente fuori i renziani, saranno certamente utili le agorà, gli stati generali ecc…, ma anche un chiarimento non guasterebbe. Quando Claudio Fava, l’equilibratore del gruppo, si è proposto in prima persona, è stato immediatamente bloccato: “Ha sbagliato – fu la prima reazione di Giancarlo Cancelleri – e lo dico in maniera affettuosa: non è il momento di fare la domanda ‘chi’ ma ‘con chi vogliamo andare’. Altrimenti si rischia di dividere non di unire. Prima uniamo e poi capiamo chi deve rappresentare questo campo di forze politiche”. Lo stesso Cancelleri, fra l’altro, aveva annunciato la sua terza rincorsa alla presidenza quando non era ancora scoccato il 2021, mandando in subbuglio i suoi compagni d’avventura. Che oggi gli rinfacciano, in parte, le continue aperture a Micciché e al modello Draghi (una prospettiva, almeno per la Regione, da non trascurare).

Il tira e molla – costante – a cui è sottoposto lo schieramento di centrosinistra, fino a qualche giorno fa, ha provocato la reazione sbigottita di Fava: “Dovremmo smettere di fare melina a centrocampo e iniziare la campagna elettorale”. E non sono mancati i riferimenti polemici al leader dei Cinque Stelle siciliani: “Cancelleri dice di essere pragmatico perché vuole vincere mettendo dentro anche Forza Italia. Eppure questo non è pragmatismo, ma riduzione della politica all’arte della sopravvivenza. Qui non si tratta di modello Draghi alla siciliana ma di istinto di sopravvivenza, e anche di furbizia, per mettere assieme bandiere e persone che nulla hanno a che fare le une con le altre”. Il presidente della commissione Antimafia, però, ha condiviso la prospettiva di giocarsi tutto alle primarie, purché si faccia subito. E non si concedano vantaggi agli avversari. Che nel frattempo si organizzano, con tutti i rischi del caso: Salvini, infatti, ha già archiviato Musumeci e ripone le sue speranze in Minardo, l’attuale segretario regionale del Carroccio. Ci sarà tanto da ballare.