Parlare di modelli di comunicazione senza ridursi alla banalità. Cercare, nel mondo di oggi, di ricavarsi uno spazio digitale quando l’innovazione corre e (talvolta) domina le buone intenzioni. Non è certo facile, ma bisogna mettere dei punti fermi in questa tecnologia imperante. In questa rivoluzione hi-tech che condiziona la vita di tutti i giorni, ma che sembra sfuggire alla nostra presa. Si è discusso di questo, e molto altro, nel corso del convegno organizzato dall’Università Telematica Pegaso e da Buttanissima Sicilia (“Hi Tech Sicilia: a che punto è la rivoluzione”) nella splendida Sala Basile di Villa Igiea, a Palermo.

Musumeci non c’è – è stato convocato dal procuratore generale della Repubblica per un vertice sull’abusivismo – ma il governo è ben rappresentato dalle presenze autorevoli dell’assessore alla Sanità, Ruggero Razza, e da quello alla Formazione, Roberto Lagalla. Per l’Assemblea regionale fa capolino Gianfranco Micciché, il suo presidente, cui spetta l’inaugurazione dei lavori. Ma fra gli ospiti eccellenti si registrano pure Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II, Sergio Scalpelli, responsabile Fastweb dei rapporti con istituzioni e media, Marco Valenti, ceo di Moving Up, ma anche Sergio Alessandro, direttore generale del Dipartimento Beni culturali della Regione. Tiene insieme i fili Giuseppe Sottile, direttore di Buttanissima Sicilia.

In avvio è compito di Miccichè fare da pungolo. E sottolineare come la Sicilia sia il primo centro di digitalizzazione mondiale, “perché da qui passa tutta la fibra del mondo. I cavi arrivano in America, o in Cina, ma parte tutto da qui. E’ una cosa troppo coinvolgente per fare finta di nulla”. La ribattezza “via della fibra” Micciché, e non va nemmeno così distante dal cuore del discorso. Anche se, ammette, in Sicilia non funzionano le infrastrutture, “nemmeno quelle telematiche”.

Calogero Di Carlo e Sergio Scalpelli (foto Lo Fermo)

Capire il suo ragionamento è possibile dopo aver ascoltato i discorsi di Scalpelli, l’ex fondatore del Foglio, transitato nel 2001 in quell’esperimento ben riuscito di start-up italiana che prende il nome di Fastweb. “Qui occorre una distinzione sulle politiche d’innovazione – ha detto Scalpelli – Se da un lato, a livello infrastrutturale, siamo riusciti a recuperare un forte gap col resto d’Europa, dall’altro, quello dell’adozione degli strumenti digitali, viviamo in uno stato d’arretratezza. Il vero problema è la cultura e l’alfabetizzazione digitale degli italiani, ancora carente. Scarichiamo un sacco di roba su internet, ma siamo tra quelli che usano meno servizi come e-commerce ed e-banking. Ne va della competitività di un territorio. Nonostante le pubbliche amministrazioni abbiano tentato di fare uno sforzo – Micciché, per contro, sostiene il tema dell’impreparazione – occorre adattarsi sempre meglio alla tecnologia, ad esempio al nuovo esperimento del 5G. E bisogna farlo partendo dalle scuole”.

Patrizia Monterosso (foto Lo Fermo)

Il tema della formazione torna di moda con Lagalla. Ma prima è Patrizia Monterosso, nel suo intervento appassionato, a rivelare che “in Sicilia esiste ancora un tabù culturale. Dalla cultura scientifica, tecnologica e digitale dipende il Pil di un Paese. Bisogna dare una segnaletica sicura, un finanziamento certo alle aziende che hanno voglia di investire nell’innovazione. Il bisogno più urgente è stimolare le intelligenze fin dai banchi di scuola. Bisogna ampliare la codificazione da parte dei giovani di un mondo che è strumento di vita: questo non significa declassare la cultura umanistica, ma ampliarla”. E per dimostrare la sua propensione verso la tecnologia, fa accenno al palazzo Reale, che la Fondazione Federico II ha rivalutato in tutto e per tutto negli ultimi mesi. “Abbiamo rispolverato da un cassetto un progetto di digitalizzazione in 3D, molto avanti rispetto a quelli applicati in altri siti museali, che ci ha consentito in maniera scientifica e veloce di conoscere i materiali utilizzati per la realizzazione dell’edificio, o come erano stati creati tunnel e corridoi interni. La tecnologia ci ha permesso di essere più efficaci nelle nostre iniziative, e di manutenere al meglio il palazzo. Pensate che vantaggio per la cultura, i visitatori e l’economia. I risultati ottenuti nell’ultimo anno sarebbero stati impensabili senza questa

Ruggero Razza fra Sottile e Di Carlo

strumentazione”.

Sergio Alessandro spiega come il Dipartimento dei Beni culturali rappresenta “un sommergibile che stiamo cercando di far riemergere anche con l’aiuto della tecnologia”. E, intrecciando i discorsi, evidenzia come “la cultura può trasformare il sistema dell’informazione, spesso appannaggio di pochi, e il digitale in qualcosa di più lento e umano”, arrivando così a ribaltare un ragionamento che in entrambi i versi sembra accumulare un forte senso logico.

Sul fronte governativo Ruggero Razza segnala parecchi passi avanti nell’agenda digitale, con conseguenti risultati sul piano dello sveltimento delle pratiche e sul risparmio economico: “Siamo la Regione che, nell’ultimo anno, ha speso di più nell’agenda digitale, che ha fatto di più per l’utilizzo della banda larga e che ha capito fin dall’inizio quanto questo tema fosse strategico per lo sviluppo del territorio. Nei giorni scorsi – ha proseguito Razza – si è data un’importante accelerazione per ciò che riguarda i servizi per i cittadini in ambito sanitario. Abbiamo dato il via libera ad atti di immediata percezione, uno dei quali – che può sembrare banale – è la prenotazione delle visite specialistiche. Cosa che prima bisognava fare solo attraverso una telefonata”. Senza soldi, però, non si canta messa. “Bisogna mettere a disposizione della digitalizzazione le risorse necessarie: quest’anno la Regione eroga 14 milioni di euro, per l’anno venturo ne ha già impegnati 25. Poi c’è un ulteriore intervento sul fascicolo sanitario elettronico, una programmazione che in Lombardia è datata 2003, mentre io ho firmato i decreti attuativi appena qualche mese fa. Siamo indietro, ma questo essere indietro deve spingerci a correre di più”.

Il tema della formazione primeggia nei discorsi di Roberto Lagalla, assessore regionale all’Istruzione, il quale mette in luce – inizialmente – la fatica di una macchina come la Regione a barcamenarsi tra l’autoreferenzialità della politica e le complessità della burocrazia. “E’ soprattutto un problema di classe dirigente – ha affermato Lagalla – La mancanza di progettazione e il ritardo nella spesa, penso soprattutto ai fondi comunitari, condizionano lo sviluppo. E di conseguenza un’emorragia del capitale umano. Invece bisogna ripartire dalla scuola e dalla formazione: sapete che i bambini siciliani stanno in classe, ogni anno, 200 ore in meno rispetto ai coetanei del Triveneto perché manca il “tempo pieno”? Noi vorremmo sperimentarlo nelle aree a maggior disagio sociale”. Un’altra sfida contemporanea, dichiara l’assessore, è “agganciare la formazione professionale alle qualifiche richieste dall’Europa. E portare la formazione, anche digitale, all’interno delle aziende. Il regolamento, in Sicilia, esclude la possibilità per le aziende di svolgere formazione professionale. Stiamo intervenendo per rimuovere questo divieto”. E contesta la funzione dei centri per l’impiego, definiti “centri di induzione al disimpiego, perché uno che ci passa una volta preferisce rimanere disoccupato a vita”.

L’intervento del 37enne Marco Valenti, ceo di Moving Up, rimarca il valore del digitale nell’indotto Italia (65 miliardi annui di fatturato) e sottolinea come in Sicilia “esiste una grande opportunità, anche sotto il profilo climatico, per creare modelli innovativi”. Riguardo alle nuove generazioni, Valenti porta l’esempio della sua azienda – giovanissima – che cova un sogno nel cassetto: la creazione di un campus che spalanchi le porte, gratuitamente, ai giovani che vogliono entrare nell’ecosistema digitale. “La formazione digitale in Europa non è diversa dalla nostra. Ma altrove nascono iniziative che danno opportunità ai giovani di capire, comprendere e iniziare un percorso che qui, invece, non è possibile”. Al telefono è arrivato infine il saluto di Danilo Iervolino, presidente di Pegaso appena 40enne. I saluti finali sono toccati a Calogero Di Carlo, responsabile delle sedi Pegaso e vero factotum dell’evento, che ha tessuto le lodi della sua università telematica (“Un esempio di follia” lo aveva definito in apertura Micciché) e ringraziato tutti gli intervenuti con una targa celebrativa.