Nello Musumeci è il grand commis: massima autorità nella lotta alla pandemia, nella riqualificazione degli ospedali, nella prevenzione degli incendi, nella realizzazione delle infrastrutture (da ultima, la costruenda Ragusa-Catania). E, in passato, nella gestione dell’emergenza rifiuti. Assorbe i poteri in deroga da parte dello Stato per completare ‘missioni’ in cui la Regione siciliana non può farcela o è destinata a fallire. Perché non ha i mezzi, la struttura burocratica, tanto meno gli strumenti per accelerare le pratiche. Ma è tutta l’Isola a vivere in un regime di commissariamento. A dipendere da funzionari – di matrice romana o palermitana – per risolvere problematiche infauste con cui c’è il rischio di scottarsi.

Ti sciolgono un Comune per infiltrazioni mafiose? Ecco che arriva il Ministero dell’Interno. Come a Vittoria, che dal luglio 2018, dopo un’inchiesta che ha coinvolto il primo cittadino dell’epoca, Giovanni Moscato, è finita in mano a una commissione prefettizia che ha quasi completato una legislatura: si tornerà al voto il prossimo 10-11 ottobre. Stessa situazione a San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo: dove dal luglio di quest’anno, la ministra Lamorgese, “in considerazione delle accertate forme di condizionamento dell’amministrazione locale da parte della organizzazione mafiosa”, ha affidato la gestione del Comune a una commissione straordinaria, che fra l’altro prende il posto di un altro commissario, spedito a ottobre 2020 dalla Regione: si tratta di Salvatore Graziano, un semplice funzionario che in questi giorni ha catturato l’attenzione dei media.

Graziano, da “facente funzioni”, aveva dato il via libera all’installazione di una statua del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito di Cosa Nostra, Santino, nella Casa del Fanciullo. Un commissario fa anche questo: mettere statue. Solo che la vicenda del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido da Giovanni Brusca nel ’96, è molto particolare: l’opera in bronzo, realizzata dall’artista corleonese Nicolo Governali, non fa più sfoggio di sé. È stata coperta da un lenzuolo bianco. “Ho subito accolto l’iniziativa della famiglia Di Matteo – si è giustificato Graziano a ‘Repubblica’ -, ma ci vuole una delibera per sistemare quella statua in Comune, che non è certo una casa privata”. Delibera che non può essere scomparsa. Forse non c’era neanche prima. “Il tempo di fare tutti gli adempimenti e poi la statua tornerà al suo posto”, garantisce l’ex commissario.

Ma in Sicilia, terra di commissari se ce n’è una (Montalbano, però, ha appena tolto le tende), sono tante le figure specializzate che sopperiscono alle carenze croniche della politica e della pubblica amministrazione. Che rimediano a errori e infiltrazioni criminali. Che tentano – spesso invano – di ridare brillantezza all’operato delle istituzioni. Un paio verranno inviati da Roma per ‘governare’ le Zes, le cosiddette zone economiche speciali. Ad esse – in Sicilia ne sono previste un paio – sono affidate le speranze produttive di questa terra. I commissari avranno il compito di gestire le autorizzazioni e di contatti con le aziende che vogliono investire al loro interno, dove otterranno una serie di agevolazioni sotto il profilo fiscale, a partire dal riconoscimento del credito d’imposta per l’acquisto o l’affitto di beni strumentali, ma anche una sforbiciata alle tasse. I commissari faranno da gancio e da traino allo stesso tempo.

Per rimanere in ambito ‘industriale’, la Sicilia aspetta ancora la riforma dell’Irsap, ossia l’istituto regionale per le Attività produttive, che ha preso il posto dei vecchi consorzi Asi (tuttora in liquidazione). L’obiettivo della riforma, che vedrà la luce alla ripresa dei lavori parlamentari, è “semplificare le procedure e i regimi procedimentali speciali per l’insediamento, la realizzazione e lo svolgimento delle attività economiche e imprenditoriali nelle Zone Economiche Speciali della Sicilia Orientale e Occidentale”. In questo giochino a incastro, c’è un altro comune denominatore: la presenza di un commissario straordinario. L’Irsap, infatti, è diretto da Giovanni Perino. Non c’è più stato un presidente dallo scandalo che ha segnato l’istituto durante la gestione Cicero, rivelatosi uno dei principali accusatori del sistema Montante (dopo averne fatto parte). Il tentativo di nominarne uno si è scagliato in commissione Affari istituzionali all’Ars. La governance rimane così agganciata a uno stato di precarietà.

Musumeci, nelle scelte, non è stato neanche così fortunato: ad esempio, aveva nominato Antonio Candela nel ruolo di commissario Covid, prima che l’ex manager dell’Asp di Palermo fosse coinvolto nella bufera di ‘Sorella Sanità’ e arrestato per corruzione; e aveva scelto Natale Zuccarello, capo del Genio Civile di Catania, come commissario straordinario per i progetti riguardanti le infrastrutture di interesse strategico regionale. Zuccarello, nel giugno scorso, è stato risucchiato in un’inchiesta per appalti sospetti, dove risulta indagato.

Chi non ha più scelto i propri rappresentanti, da almeno otto anni, sono invece i cittadini delle ex province siciliane. Gli enti d’area vasta, cancellati da una riforma improvvida di Crocetta nel 2013, sono rimasti un goffo tentativo di taglio alla spesa (che oggi continua a dilagare). Una mossa populista per accontentare la pancia dei siciliani. Per affermare una ventata rivoluzionaria dal sapore di muffa (e di fuffa). La mancata riorganizzazione delle funzioni attribuite alle province, infatti, ha provocato problemi enormi nella gestione del trasporto scolastico, delle discariche a cielo aperto, della manutenzione stradale. Problemi che ci portiamo dietro e che i commissari straordinari, da soli, non riescono a risolvere. L’assenza di democrazia, e il fallimento accertato della propaganda populista, aveva convinto il governo Musumeci a ricorrere alla Consulta per ripristinare, quanto meno, l’elezione diretta degli organi provinciali, a partire dal presidente. Non c’è stato verso.

Così la situazione si è appiattita, nessuno s’è indignato e in epoca Covid – con gli enti a un passo dal dissesto (Siracusa lo è già), e molti lavoratori a rischio – non si è riusciti nemmeno a provvedere all’elezione di secondo grado. Sarebbero stati sindaci e consiglieri comunali a determinare le nuove cariche. La votazione, inizialmente prevista nell’autunno dell’anno scorso, è stata posticipata al 28-29 marzo di quest’anno. Ma poi, a seguito dell’incedere della pandemia, l’Assemblea regionale, a maggioranza, ha deciso ancora una volta di rinviare. Sul destino di questi enti rimane un grosso punto di domanda. A maggio scorso, su proposta dell’assessore agli Enti Locali, Marco Zambuto, Musumeci ha prorogato tutti i commissari – quelli delle tre città metropolitane e dei sei Liberi Consorzi – fino al 15 settembre. Al termine del loro incarico, cosa accadrà? Difficilmente saranno convocate nuove elezioni, almeno fin quando non sarà chiaro il risultato delle Amministrative: si vota il 10-11 ottobre, con ballottaggio a fine mese. Ma nel frattempo i poveri commissari (straordinari) non potranno che prendere atto della propria inutilità. Oltre che del fallimento della politica che li ha messi lì.

Tra i commissari che mancano all’appello, ma che Musumeci ha richiesto nel corso di un incontro col Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, lo scorso luglio, ce n’è uno che dovrebbe provvedere alla riqualificazione della viabilità secondaria. Cioè di strade e trazzere che non dipendono dalla Regione, ma di cui lo Stato non ha più contezza. Attorno al nome del provveditore Gianluca Ievolella, nel 2019, si era aperta una contesa fra Roma e Palermo. Non se ne fece nulla. In questi due anni nessuno si è più occupato di viabilità interna: né della fase progettuale – quella che comuni ed ex province non possono sostenere a causa delle carenze d’organico – tanto meno della fase realizzativa. E così il calvario delle opere è servito. Il presidente della Regione, di recente, è stato nominato a sua volta commissario straordinario per la realizzazione dell’autostrada Ragusa-Catania. Stiamo parlando di una singola opera, in cui verrà assistito da Raffaele Celia, responsabile Anas per la Sicilia, in qualità di subcommissario. Ma a tutte le altre arterie chi provvede? Forse ha ragione Pietrangelo Buttafuoco: “Siamo stati cretini ad accettare la cancellazione delle province, che sono più coerenti col territorio. E’ la Regione che non serve e che va commissariata”.