Quello di oggi allo Spasimo non è un appuntamento di partito, anche se i colori della locandina – il giallo e il blu – lo ricordano molto: sono i colori di Diventerà Bellissima, il movimento del presidente Musumeci, che oggi intreccia il proprio destino con un’altra realtà: il PdP, il partito del presidente. Quello composto da vari assessori della giunta, mentre gli altri si ritroveranno coinvolti in un appuntamento che fino a ieri pomeriggio, fino al comunicato stampa ufficiale, è rimasto top secret: pochissimi indizi, sparsi qua e là sui social. Un form online per accreditarsi (date le restrizioni anti-Covid), un programma offerto a spizzichi e bocconi da qualche rappresentante dell’esecutivo per soddisfare la curiosità degli “amici”. Si svolgeranno tavoli tematici di un’ora, un’ora e mezza, fino alle 18, quando Musumeci tirerà la fila del discorso. Quello dello Spasimo è un appuntamento già rinviato più volte: inizialmente, l’11-12 giugno, avrebbe dovuto sancire l’annuncio della ricandidatura del governatore, che di fronte alla freddezza degli alleati, e ai miti consigli dei suoi collaboratori, ha dovuto desistere. Si è trasformato, quindi, in una sorta di resumée, con qualche slide e tante parole, sulla scia della rivoluzione (solo annunciata). Sarà un evento a trazione gialloblu, come da locandina, visto che molti partiti – dalla Lega e Fratelli d’Italia – restano tangenti alle aspirazioni del massimo inquilino di palazzo d’Orleans.

Che in queste ore, quindi, riscopre il contatto umano. Riappare in pubblico, pronto a raccogliere consensi e stringere mani. E’ un inizio, dopo il duro inverno della pandemia, e dopo un giugno che ha riservato soltanto delusioni: dall’impugnativa di alcune norme dell’ultima Finanziaria da parte del governo Draghi, passando per il giudizio tranchant della Corte dei Conti sul Bilancio della Regione. Ritrovarsi allo Spasimo rappresenta un momento di liberazione, e Diventerà Bellissima resta lo strumento con cui provare ad attuarla. Anche se il movimento è molto cambiato rispetto agli inizi, di certo entusiastici; e non si è più misurato, se non alle Amministrative – dove, però, il voto d’opinione è sopraffatto dalle logiche ‘personali’ – dal lontano 2017, anno delle Regionali. Tra le numerose questioni lasciate in sospeso, la più importante è la verifica del peso elettorale. Quanto vale Diventerà Bellissima? Ha abbastanza benzina nel motore per lanciare la ricandidatura del suo presidente?

DB resta un movimento regionalista che, nel corso dell’ultima direzione, aveva stabilito però di fare il grande passo: “Abbiamo deciso di delegare un ristretto coordinamento politico formato dai vertici del movimento – scriveva nella nota Gino Ioppolo, in qualità di coordinatore regionale – affinché, in tempi brevi, si definisca con un partito nazionale del centrodestra un accordo politico, un patto federativo che, mantenendo la autonomia regionale del movimento, permetta di avere maggiore voce sui tavoli romani e la condivisione delle battaglie care ai siciliani”. Ma quel progetto non è mai diventato sostanza. Si è tradotto, a onor del vero, in un’operazione di stalking politico nei confronti della Lega di Salvini, che solo l’estate prima aveva formulato più o meno la stessa offerta a Musumeci. Il quale però l’aveva snobbata, spiegando che la sua ‘squadra’ non era pronta a salire sul Carroccio, mettendo a repentaglio la propria identità in una commistione di generi difficile da spiegare ai siciliani. La Lega, però, ha rimediato subito, siglando un patto d’acciaio con gli Autonomisti di Lombardo: il regolamento federativo prevede che l’apertura a una terza formazione, vada concordato tra chi ha stipulato il patto. E per il momento, sia il Carroccio che il Mna (Movimento nazionale per le Autonomie), se ne guardano bene.

Il partitino di Musumeci, quindi, rimane scapolo. Ancorato a un’idea di federazione che si era fatta largo all’indomani delle elezioni Europee, in cui il presidente della Regione, un po’ a sorpresa, decise di non schierarsi. Restando neutrale come la Svizzera. “Esistono le ragioni per creare un nuovo soggetto politico, con Diventerà Bellissima nel ruolo di cofondatore a condizione che le legittime istanze dei siciliani siano parte fondamentale e irrinunciabile di questo progetto – riferirono alle agenzie i deputati regionali di DB -. La nostra prima scelta, tuttavia, sarebbe quella che da mesi sosteniamo: creare un rapporto federativo tra Diventerà Bellissima e un soggetto politico nazionale già esistente, sempre nell’esclusivo interesse della Sicilia”. Il progetto non è mai quagliato. Una chance l’aveva offerta, a febbraio 2019, Raffaele Stancanelli, facendosi interprete di un listone unico per le Europee e di una federazione tra il movimento del governatore (di cui l’ex sindaco di Catania era stato co-fondatore) e il partito di Giorgia Meloni, ancora indietro nei sondaggi. Questa fu la risposta sferzante di Musumeci: “Bisogna chiedersi perché si rimane inchiodati al 2-3 per cento, l’ho detto a Giorgia Meloni. Noi siamo stati leali: ci ha sostenuto alle Regionali, e noi abbiamo fatto due liste anche per Fdi. E alle Politiche abbiamo sostenuto la lista che ha eletto Raffaele Stancanelli. Ma adesso siamo pari, basta”. E ancora: “Non possiamo aderire al sovranismo. Noi non siamo europei perché italiani, noi siamo italiani perché europei. Il sovranismo nazionale è in conflitto con gli interessi della Sicilia, perché si rischiano isolazionismo e protezionismo”

Musumeci quella volta sbottò anche con la Lega: “Questa non è la destra nella quale mi sono riconosciuto per tanti anni. Io punto al centro, ai cattolici, ai moderati, ai centristi che non riescono più a esprimere le loro posizioni, la destra è già occupata”. Sono passati tre anni, ma sembra preistoria politica. Le pedine, nel frattempo, sono rimaste ferme. E gli unici tentativi, ispirati da Ruggero Razza, hanno mancato il bersaglio: prima la “cooptazione” di un nugolo di parlamentari, chiamati a formare il gruppo di ‘Ora Sicilia’ per riavvicinarsi alla Lega. Ma il segretario dell’epoca, Stefano Candiani, non volle saperne di transfughi (come l’ex Pd Lantieri) o presenze “ingombranti”, come il figlio di Francantonio Genovese. Poi, è storia recente, è andato in fumo anche il tentativo di scalare l’Udc – ancora con la famiglia Genovese – che avrebbe potuto ‘ridurre’ lo Scudo a una succursale di Diventerà Bellissima. O viceversa. Inoltre, i centristi verso i quali lo stesso Musumeci pensava di aspirare, hanno unito le forze, siglato un patto (la “Carta dei Valori”) e avviato un percorso comune per i prossimi appuntamenti elettorali. Innanzi tutto, le Amministrative di Palermo.

Oltre al Cantiere Popolare di Saverio Romano, l’Udc di Mimmo Turano e Lorenzo Cesa (scampato alle grinfie del governatore), a Idea Sicilia di Roberto Lagalla, ne fa parte pure Italia Viva. Che si è avvicinata alla maggioranza col “riconoscimento” di Daniela Baglieri, da poco diventata assessore ai Rifiuti. Ma che tuttavia va scorporata nelle sue componenti: quella più integralista, rappresentata da Luca Sammartino, non sembra molto incline ad accogliere le proposte del governatore. L’altra, che si ritrova in Edy Tamajo e Nicola D’Agostino, pare più aperta al dialogo. Più predisposta ad abbattere le barriere ed esplorare i recinti altrui. Musumeci, però, rimane intrappolato in questo cul de sac, e Diventerà Bellissima non sembra avere abbastanza fiato – tranne che non riesca a ripiegare su altri progetti – per trascinarlo al traguardo più ambito: ossia il ritorno a palazzo d’Orleans.

Di recente ha perso un altro protagonista, cioè l’ex assessore regionale alla Cultura, Fabio Granata, che ha rotto col partito sul tema del fotovoltaico, sulla tutela dell’ambiente, sulle autorizzazioni che fioccano e che, nei prossimi dieci anni, rischiano di deturpare il cuore verde dell’Isola. Un indirizzo chiaro, fin troppo: “Probabilmente la scelta che hanno fatto era l’unica per vincere le Regionali – ha scritto Granata, che oggi fa l’assessore al Comune di Siracusa – Ma vincere significa pagare un prezzo che non sono più disposto a pagare, soprattutto su alcuni temi legati alla cultura, alla tutela ambientale e paesaggistica e soprattutto alla legalità con riferimento alla storia recente, soprattutto se ti assumi la responsabilità di chiamarti Diventerà Bellissima”. Un movimento rimasto fermo ai numeri del 2017, quando sfiorò il 7% ed ebbe l’opportunità di eleggere sei deputati, mettendo le mani sull’assessorato più ambito: la Sanità. E adesso? Il sondaggio eseguito da Keix per La Sicilia l’accredita dell’8,1%, quarta forza del centrodestra.

Il governatore in questi anni ha provveduto a tessere la sua tela fra gli assessori regionali: una nutrita schiera, da Razza ad Armao, da Cordaro a Falcone, è più che favorevole del bis. Gli altri, che non dipendono da loro stessi ma dai gruppi parlamentari di cui sono espressione (oltre che dalle segreterie regionali), sono stati invitati a fare le valigie qualora la pensino diversamente. In ogni caso il discorso andrà riportato sui giusti binari: ossia il dialogo coi partiti, le riflessioni (a bocce ferme, e senza pubblico) sul lavoro svolto nei primi tre anni e mezzo di legislatura, le scelte del sottogoverno. Nessuno mette in discussione i principi di Diventerà Bellissima – il regionalismo, l’identità e tutto il resto – ma la comfort zone in cui è rimasta rintanata a lungo, in vista delle prossime scadenze elettorali, potrebbe rappresentare una zavorra.