La conferenza stampa più difficile, giunta al termine di un weekend che Davide Faraone ricorderà a lungo: “Ho riconsegnato a Zingaretti la tessera del partito. L’avevo sottoscritta il 19 luglio di 27 anni fa, spinto dai tragici eventi che avevano insanguinato la Sicilia. L’ho restituita venerdì scorso, lo stesso giorno: mentre noi eravamo a Palermo per commemorare i caduti di Via D’Amelio, la commissione nazionale di garanzia si riuniva per mettere a punto il mio defenestramento. Questa assoluta mancanza di sensibilità mi spaventa”. Per Faraone, però, i motivi della “cacciata” non sono di natura regolamentare, ma politica: “Le correnti si sono presi la commissione di garanzia – che come tale dovrebbe garantire tutti – e l’hanno utilizzata come strumento di epurazione – ha dichiarato l’ormai ex segretario del Pd -. Ma le vere ragioni che hanno portato al mio commissariamento sono altre e le trovate nell’intervista di oggi di Franceschini al Corriere della Sera: hanno epurato uno dei “renziani” per far capire a Di Maio di avere le carte in regola per stringere un accordo”.

E’ lì che batte Faraone, sul tentativo di abbordaggio del Movimento 5 Stelle ad opera dei “dem”: “Qualche giorno fa rilasciai un’intervista in cui, di fronte a un’ipotesi di accordo prospettata dal leader siciliano del Movimento 5 Stelle (Cancelleri) risposi con un “vaffa”. Poi ho osato organizzare una marcia di 90 chilometri, a piedi, per protestare contro l’immobilismo dei grillini sulle infrastrutture siciliane. Non è piaciuta. E’ chiaro che Franceschini è uno dei protagonisti di questo schema. E’ un’operazione cinica e pericolosa contro la quale mi batterò finché avrò la forza di farlo. La Sicilia rischia di diventare il primo laboratorio politico di questo accordo, per cui Faraone era un problema”.

Ma, secondo l’ex segretario regionale del Pd, c’è anche dell’altro: “Ho sostenuto in modo e convinto la mozione di sfiducia presentata contro Salvini dopo l’esplosione dello scandalo su Moscopoli, una cosa che avrebbe rafforzato l’asse fra Lega e Cinque Stelle. Siccome l’intento del mio partito era disarticolare quest’asse, la mozione non andava bene, era difficile da sostenere”. Poi l’attacco diretto a Nicola Zingaretti: “Mentre io, orgogliosamente, ero a bordo della Sea Watch, i dirigenti romani se ne stavano comodamente seduti al Nazareno. Pensavano che questa mossa facesse guadagnare voti a Salvini. Io ci ho messo la faccia, Zingaretti no. L’unico modo per fermarmi era il tribunale di partito. In quei giorni mi sono sentito isolato. Alcuni dei miei “compagni” mi chiamavano per esprimere solidarietà, ma poi attaccavano e sobillavano i giornalisti sull’esito dei ricorsi. Mi hanno anche offerto un ruolo nazionale per farmi fare un passo indietro, ma io resto coerente con le mie scelte e non porto il cervello all’ammasso”.

A chi crede che Faraone, adesso, farà un passo indietro da tutto, il senatore replica: “Io in Sicilia volevo fare solamente le primarie. Dopo questa vicenda, passa il messaggio che il candidato sfavorito possa ritirarsi alla vigilia del congresso, per invalidarne l’esito. Da Lumia e Crisafulli, nessuno ha accettato il fatto che io avessi vinto. Sono i protagonisti delle stagioni del consociativismo, che hanno scelto Crocetta, che su Montante non sanno dire una parola, che hanno umiliato Micari quando si è candidato. Sono quelli della ditta in salsa sicula. Per quanto mi riguarda non cambia nulla: se qualcuno si aspetta che io batta in ritirata rimarrà deluso. Lo scontro sulla segretaria appassiona solo i notabili, non mi farò trascinare nei pettegolezzi. Non passiamo la mano e rilanciamo, a partire dalla Leopolda siciliana che quest’anno non celebrerà la quarta edizione, ma la prima di una nuova era. Chiameremo a raccolta tutti coloro che si sentono alternativi a Salvini e Di Maio, e agli scendiletto di Salvini come nel caso dell’attuale presidente della Regione”.