Come il loro primo cittadino, anche Ficarra e Picone tracciano col gessetto, senza volerlo, una linea verticale sulla lavagna e dividono i critici in “amici” e “nemici” della contentezza (denominazione il cui copyright si deve comunque alla rimpianta fantasia di Ferruccio Barbera). La contentezza – una contentezza didattica, pedagogica, catechistica – è quella che hanno intenzione di infondere con il loro nuovo film, «Il primo Natale», ma i primi ad esserne infusi, anche se sotto il profilo economico, sono proprio loro giacché la pellicola ha superato i 3 milioni di euro accreditandosi come miglior incasso dell’anno di un film italiano al debutto e miglior weekend della stagione staccando, tra giovedì e domenica, il 40% dei biglietti che sono stati venduti al botteghino. Contenti, certo, anche, se con impennata un po’ pomposa, si dicono pure «felici che in tantissimi abbiano fatto insieme a noi questo viaggio straordinario alla ricerca del vero Natale e, forse, del vero senso dell’essere uomini».

Ecco, probabilmente sta qui, il busillis, nella sovraesposizione – come dire? – spirituale che i due comici palermitani hanno voluto dare alla loro opera di ingegno, nella “mission” che si sono accreditati al di là dello schermo e al di fuori della sala, nel “messaggio”, come si diceva un tempo, oltre la favola bella del solito ribaldo di Ficarra (un ladrone di oggetti sacri) e del solito ingenuotto di Picone (un prete pasticcione).

“Amici” e “nemici”, dunque, su carta stampata e web. Per cominciare, prendiamone due, entrambe donne, titolatissime. Sulla via di Betlemme viene folgorata Teresa Marchesi, una vita da inviato di spettacoli in Rai, che sull’Huffington Post intima: «Avete presenti i cinepanettoni ? Scordateveli. “Il primo Natale”, scritto, diretto e interpretato da Salvo Ficarra e Valentino Picone, fa storia a parte. Sfida a colpi di risate il compleanno più famoso del mondo, ma si adatta a tutti gli uomini (e donne) di buona volontà, siano atei o cristiani, musulmani o buddisti. È  l’idea di un Presepe che trasgredisce l’iconografia ufficiale. È la voglia di due comici, con il cuore e la testa al posto giusto, di ricordare al mondo, con l’allegra umiltà che li contraddistingue, che se puoi cambiare la Storia di ieri a maggior ragione puoi cambiare, se vuoi, quella del presente».

L’altro squillo che s’ode è quello di Maria Rosa Mancuso, firma de Il Foglio: «Ficarra & Picone, incaricati di sbrigare la pratica “film da vedere durante le feste” – ovvero destinati a spettatori che al cinema vanno solo per smaltire gli stravizi alimentari – si accorgono che ohibò, nelle pellicole natalizie manca il bambinello, che di Giuseppe e Maria non c’è traccia, e neppure della capanna con il bue e l’asino ad alitare sulla mangiatoia, sparito anche il censimento. Decidono di riparare – non sospettando che buone intenzioni e comicità fanno a pugni. Ne esce una miscela indigesta di catechismo, buoni propositi, battute su Roma che era ladrona anche nell’Anno Zero».

Perfino i conti in tasca sono fatti con diversa computisteria. La Marchesi: «L’ordinario cinema italiano su cui tanto – e non a torto – ci piangiamo addosso è in disgrazia anche perché vivacchia a rischio d’impresa zero. Reinvestire i proventi di campioni d’incasso come “L’ora legale” in imprese epiche fuori standard per le nostre latitudini, legandole a messaggi civili altrettanto forti, è un atto di grande rispetto per il pubblico». Bacchetta invece la Mancuso: «Il giullare deve restar giullare, e se proprio gli urge il messaggio (…) meglio stringere i denti e contare fino ai milioni che servono per produrre un film come “Il primo Natale”. Naturalmente auguriamo incassi stratosferici. Ma nessuno venga a dire che il cinema italiano gode di buona salute: i cinepanettoni tradizionali perlomeno non avevano pretese educative».

Ancora “amici” e “nemici” che apprezzano o malsopportano il politically correct che è sempre stato un must del duo. Giancarlo Zappoli su MyMovies: «Ficarra e Picone si rivolgono a un pubblico più ampio possibile, bambini compresi, senza però rinunciare a far riflettere sulla condizione degli ultimi, di quelli per i quali non c’è posto. Il duo non dimentica l’intrattenimento e grazie a gag, equivoci e al collaudato gioco di coppia, festeggia con intelligenza e misura il suo primo Natale al cinema». Federico Gironi su Coming Soon non è d’accordo: «Il cinema di Ficarra e Picone, e la loro comicità, sono mollemente familiari. Sono garbati e educati in un tempo in cui garbo e educazione sembrano diventati difetti. Sono tutto sommato innocui, inoffensivi, nel senso letterale del termine, quindi incapaci di offendere nessuno il che, forse, per un comico, non è però esattamente un motivo di vanto».

E se per Serena Nannelli (Il Giornale) «i riferimenti al meraviglioso “Non ci resta che piangere” di Benigni e Troisi si sprecano ma “Il primo Natale” è ben lontano da quelle vette di divertimento e genialità (così come appare meno incisivo dell’ottimo “L’ora legale”) siamo comunque di fronte a un prodotto dignitoso, dal target familiare e che ha il pregio di non inseguire la grassa risata», Martina Barone chiosa ecumenicamente su Cinematographe che «“Il primo Natale” non sarà luminoso come la stella cometa che indica la giusta strada, ma può sempre essere un lumino che fa trovare un po’ di speranza e serenità, sia ai credenti che ai miscredenti».