Non chiamatelo reportage che è un termine pomposo e forse (ci perdoni il dio del giornalismo) demodé. E perché probabilmente non vuol nemmeno esserlo. Chiamatelo piuttosto taccuino di appunti o taccuino di viaggio con uso di telecamera, una “toccata e fuga” senza implicazioni sociologiche, senza esperti o studiosi che concionano, un racconto sulla notte e le sue mille facce, sulla scia di un altro genere di successo – l’inchiesta – ma breve, fulminea, cronaca nuda e cruda per immagini, per volti che a volte esprimono più delle parole, per situazioni in gran parte inedite, molte le domande, all’osso qualsiasi commento, niente interazioni 2.0,  perché dubbi o quasi certezze sono lasciati tutti al telespettatore sul divano, a casa.

“Prima dell’alba” (tornato su Rai3 dopo un fortunato esordio primaverile) ci mette davanti alla fatidica domanda se sia ancora possibile il racconto televisivo che il talk ha assassinato. E Salvo Sottile – che è anfitrione di questa visita in un’Italia delle tenebre per nulla o poco conosciuta – ci dimostra che sì.

L’altra sera, ad esempio, si curiosava dall’esercitazione dei Ris di Parma (alle prese con un finto suicidio-omicidio) alle contrattazioni del mercato ortofrutticolo di Genova (il momento più bello il ricordo commosso nelle parole di uno degli autotrasportatori scampati il 14 agosto alla voragine del Ponte Morandi), dal misterioso e sotterraneo mondo della comunità di Damanhur (50 km da Torino, Piemonte, Italia) con rispettabili bancari che assumono nuovi nomi di animali e piante tipo Orso Eucalipto, alla “nudisco”, la serata naturista in discoteca dove non tutto può andare a tempo con la musica, fino alle mamme-coraggio che stanno cercando di risanare dal degrado la borgata romana di Tor Bella Monaca attraverso il recupero di una  soglia minima di dignità, decoro, bellezza.

Cinque capitoli di un’Italia “diversa”, quella che non raccontano i tg o l’infotainment: stile piuttosto diretto, da jam session tv ma poi un gran lavoro di postproduzione, un’automobile, brani pop-rock dall’autoradio, il cronista che si lascia andare ogni tanto a una faccia di stupore presagendo quasi quella che farà il telespettatore, la telecamera, il microfono, le sneakers per macinare strada. Il grosso lo fa la notte, lo fa la sua gente.