E adesso che non ci è rimasto più nulla da pigliare, e che la storia di questa stagione del Palermo – senza arte né parte ma soprattutto senza playoff – si appresta a diventare carta straccia, il caso dei rosanero, retrocessi d’ufficio in Serie C per l’illecito amministrativo (risalente alla gestione 2014/17) contestato a Zamparini, è approdato persino nelle aule parlamentari. Ma anche nell’agenda sbiadita del sindaco Orlando, che fino a qualche giorno fa minacciava di togliere al club (e ai nuovi proprietari di Arkus Network) la concessione dello stadio, e persino in quella del sonnecchioso presidente Musumeci, catanese, che lamenta un complotto ordito dal Nord nei confronti del club di Viale del Fante e della Sicilia intera. Un po’ eccessivo, forse.

Vedono spettri ovunque, ma gli unici a potersi davvero lamentare – per la gestione di Zamparini prima, per gli scarabocchi della giustizia sportiva, poi – sarebbero i tifosi del Palermo, semper fidelis alle vicende di un gruppo di ragazzi che l’altro giorno, con un macedone come rappresentante (era l’attaccante Nestorovski) si sono presentati in sala stampa, compatti, lamentando di essere stati derubati. Adesso, va bene tutto. Ma non è che la strenua resistenza ai verdetti cambi le carte in tavola o impietosisca qualcuno. Qui è come se si applicasse retroattivamente una legge. E’ l’aspetto peggiore della vicenda che gli avvocati rosanero stanno cercando di sbrogliare.

Ma c’è un aspetto che è persino peggio del peggiore: ossia che il Consiglio federale della Figc, l’organo deputato a prendere decisioni sullo svolgimento del campionato, che solo adesso si scopre essere composto da gente che appartiene ad altre società di B, coinvolte nella pesca dei playoff e dei playout, e quindi non “super partes”, decide di far partire comunque la seconda fase della stagione, che decreta la terza promozione in Serie A dopo quella di Brescia e Lecce. A questo minicampionato ristretto avrebbe dovuto prender parte anche il Palermo e ci si aspettava che la pratica venisse stoppata – ma guarda un po’, l’Italia è una burocrazia lentissima e qui invece si va di fretta – in attesa di conoscere il verdetto della Corte d’Appello della Federazione, che avrebbe stabilito se il Palermo deve starsene, muto, in Serie C. O magari no.

Nel dubbio, si è ripreso a giocare senza i rosanero. Col rischio di un blackout che un altro ricorso, al Tar del Lazio, potrebbe provocare. Mandando in frantumi quel briciolo di credibilità che il sistema Calcio-Italia aveva cercato di preservare dopo le ombre lunghe degli scandali degli ultimi anni (da Calciopoli in giù). Invece niente, altra occasione persa. Non che i proprietari sedicenti dei club facciano granché per favorire una competizione trasparente e lineare. Zamparini, che fin qui è stato graziato perché non risulta più tesserato, dovrà affrontare un processo dal 2 luglio per falso in bilancio. Segno che (forse) qualcosa avrà combinato. E la giustizia sportiva non s’è girata dall’altra parte, ma ha valutato che il Palermo, della gestione spavalda del suo ex presidente, qualcosa sapesse: chiamasi responsabilità oggettiva. Chi adesso esplode di rabbia è probabile che prestò il fianco a questi incesti di regole, violate e ri-violate, pur di mantenere l’iscrizione a campionati di categoria che – probabilmente – non potevano più essere sostenuti a livello di costi. Ingordigia.

E i politici? Organizzano balletti a casa del defunto. Vorrebbero riportarlo in vita ad ogni costo. E, per giustificare la manovra, tirano dentro di tutto: persino i risarcimenti pecuniari che ai tifosi non interessano nulla. A loro interessa tornare al campo la domenica. Tifare i colori e la maglia. Esultare a un gol. Chissenefrega dei soldi. Fossero così venali, i tifosi di calcio, se ne starebbero a casa anziché spendere 30 o 40 euro per accedere al Barbera e guardare uno spettacolo che non è più quello di un tempo. Eppure il Movimento 5 Stelle, con una interrogazione parlamentare inoltrata sia al Senato che alla Camera, ha chiesto al governo se “ritenga opportuno assumere iniziative per quanto di propria competenza al fine di salvaguardare l’indotto economico, la dignità della città e dei suoi tifosi, i valori dello sport e il regolare svolgimento del campionato in corso”. Parole in libertà. L’esposto dei Cinque Stelle fa certamente più presa quando indaga sul “conflitto d’interesse per alcuni componenti del Consiglio Direttivo della Lega Nazionale di Serie B” o “se sia conforme alla normativa vigente la responsabilità della società per un illecito imputabile unicamente a un proprio dirigente”. Questo sì che è parlare, non l’indotto economico. Perché il calcio di economia ne fa girare abbastanza. Ma quello che gira ai tifosi, in questo momento, è qualcos’altro.

Persino il sottosegretario leghista Giorgetti – prima i palermitani – si è preso la facoltà di contestare la decisione del Tribunale Federale, sposando la tesi del complotto di Musumeci: “La giustizia è giusta quando tempestiva – ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio – Balza agli occhi che, dopo tre anni, la decisione sia arrivata l’ultimo giorno di campionato. E’ una cosa che francamente imbarazza”. E, lo stesso governatore, si era lasciato guidare da un afflato di pessimismo cosmico, in cui era necessario tirare in ballo il precedente del Catania, escluso la scorsa estate, dopo essere stato ripescato, dal campionato di Serie B. Ce l’hanno tutti con le squadre siciliane, è il commento di Musumeci, che ha pure provato ad argomentare: “Quanto accaduto al Palermo Calcio è davvero un affronto a tutta la Sicilia. Mi sembra di rivivere l’assurda vicenda del caso Catania ed è difficile non immaginare che se le due città fossero state al Nord, forse l’atteggiamento sarebbe stato molto diverso. A tutela di Palermo e della capitale della Sicilia, valuterò con l’ufficio legislativo e legale se esistono le condizioni per agire in giudizio a tutela della immagine della nostra Regione e dei danni potenziali che derivano al nostro territorio per l’esclusione dai primi due campionati”.

Ingolfare la macchina della giustizia con pretese che rischiano di diventare assurde. Il Palermo non ne ha bisogno. Perché il sogno Serie A è sfumato. Chissà che la Corte d’Appello non ne regali uno nuovo: starsene comodamente in B un altro anno, senza smontare quanto di discreto – con l’avvento di Arkus Network – si era fatto negli ultimi giorni dopo una gestione che definire scellerata e dannosa è dir poco. E se questo dovesse avvenire, difficilmente sarà merito di Orlando, Musumeci o i Cinque Stelle. Che si sono svegliati tardi, con lo striscione del traguardo già tagliato.