Il mancato ‘grazie’ di Schifani al ministro Urso per il decreto, approvato da Palazzo Chigi, con cui si limita il caro-voli imposto dalle compagnie aeree a siciliani e turisti, è l’episodio finale di un corpo a corpo mascolino, e poco redditizio, che ha animato le ultime settimane d’emergenza. Nemmeno sulla battaglia contro Ryanair – da un lato condotta con l’asprezza delle parole, dall’altro con l’iniziativa di un confronto – sembra poter riaprire la comunicazione fra i due. Il rapporto fra Schifani e Fratelli d’Italia, in generale, ha avuto momenti migliori. Come un anno fa quando, per rimediare allo scalpo di Musumeci, Ignazio La Russa propose a Forza Italia una rosa di tre nomi, sapendo di poterla spuntare solo su uno: quello dell’attuale governatore (che ottenne il via libera di Berlusconi). Schifani, che pensava di aver chiuso la propria carriera politica svernando a Roma, si è impossessato di Palazzo d’Orleans grazie alla benevolenza del presidente del Senato, allora ambasciatore di Meloni per le questioni siciliane. Sembra una vita fa, ma è passato soltanto un anno. In cui è successo di tutto.

Il contributo amministrativo di Schifani & Co. alla Sicilia è piuttosto scarno: in lunghi mesi al governo non s’è parlato di una sola riforma, al netto delle province, e non s’è trovato rimedio alle emergenze. In compenso non sono mancati i ribaltoni, le polemiche, i rancori, i propositi di esautorazione. E il rapporto coi principali azionisti della maggioranza, e della sua candidatura, si è pian piano rovinato. Fratelli d’Italia era partita in quarta, ottenendo la sovversione di alcune regole: su tutte, quella imposta da Schifani a proposito dei deputati-assessori. Pre-requisito per entrare in giunta era quello di aver ottenuto i voti ed essere stato eletto. Invece FdI ha calato dall’alto i nomi di Francesco Scarpinato, consigliere comunale di Palermo, ed Elena Pagana, moglie di Ruggero Razza ed ex grillina. Entrambi bocciati nelle urne. Schifani, dopo una timida resistenza, li ha accolti senza bacio in fronte. Se li è “accollati” perché dire di ‘no’ a La Russa e Lollobrigida sarebbe risultato un azzardo.

Il caso ha voluto che uno degli assessori, Scarpinato, finisse subito sul banco degli imputati per le vicende di Cannes. In perfetta continuità amministrativa, ma a quanto pare senza il suo controllo (sul provvedimento mancava la sua firma), Absolute Blue si era aggiudicata, senza gara, 3,7 milioni per la realizzazione di uno shooting fotografico al Festival del Cinema. Per il secondo anno di fila. E’ scoppiato il finimondo e Schifani cercò subito riparo in corner: prima attraverso una richiesta di chiarimento in assessorato (mai troppo convincente), poi ritirando il provvedimento in autotutela. Pensò persino di cacciare Scarpinato, per mostrarsi retto e coerente. Ma ancora una volta, dovette inchinarsi agli interessi superiori: Scarpinato è rimasto in giunta. Trasferito ai Beni culturali.

In realtà l’assessore palermitano è solo la punta dell’iceberg: Schifani, che è maniaco del controllo, non ha mai sopportato le ingerenze della frangia turistica di FdI, capitanata da Manlio Messina e dal ministro Francesco Lollobrigida, sulle “cose” della sua amministrazione. Tant’è che, nei mesi a venire, ha cancellato un altro contributo diretto da mezzo milione per Urbano Cairo, che con Rcs Sport avrebbe dovuto tenere al Foro Italico la seconda edizione della Palermo Sport Tourism Arena (evento collaterale ai tanti Giri in bicicletta promossi in questi anni). E non si cancellano con un colpo di spugna neppure le invettive del Balilla su Schifani all’indomani di Cannes, quando il governatore venne additato di essere l’unico responsabile di un affidamento infausto ai lussemburghesi (“O Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”).

Anche riguardo al fallimento di SeeSicily – sono in bilico i 39 milioni mai spesi, che l’Europa rivorrebbe indietro – è nato un cortocircuito istituzionale col partito di Meloni. Che ha apprezzato poco, per usare un eufemismo, il passo indietro del dipartimento al Turismo sui contratti con gli albergatori. Revocati. A nulla è valsa la difesa d’ufficio del governatore, che ha spiegato di non saperne nulla: “Più volte, in occasioni pubbliche, ho sempre apprezzato l’attività del precedente governo per quanto riguarda le attività promozionali messe in campo dall’assessorato al Turismo”. Sicuri?

Il rapporto turbolento coi patrioti era già emerso sul caso dei precari Covid, alla vigilia di una delle numerose proroghe accordate nei mesi post-pandemia. A febbraio la Volo, assessore alla Sanità, aveva pensato di non concedere altre chance agli amministrativi, provocando i mal di pancia di senatori e deputati siciliani: “Non comprendiamo la scelta dell’assessore alla Sanità, Giovanna Volo, rispetto alla decisione di sospendere tutte le procedure per una possibile assunzione e stabilizzazione del personale amministrativo Covid”. L’impasse, che aveva tirato dentro il partito del presidente, Forza Italia, è stata superata allargando le maglie delle stabilizzazioni. A questo scenario va aggiunto il rapporto non sempre lineare con il presidente dell’Assemblea, Gaetano Galvagno, esponente di punta di Fratelli d’Italia, che alcune settimane fa aveva recapitato al governo un messaggio chiaro: “Posso tenere l’aula aperta h 24 ma non c’è carne al fuoco”. Cioè, non ci sono proposte da parte del governo che possano finire ai voti. Ahia.

Ma il vero punto di rottura, nei giorni scorsi, si è raggiunto sulla questione Fontanarossa. Ed è stato alimentato dalla feroce contrapposizione fra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e lo stesso Schifani. Il primo aveva messo in dubbio l’efficacia di Sac nella gestione dell’emergenza, oltre ai mancati interventi infrastrutturali sullo scalo etneo. L’altro l’aveva invitato a farsi i fatti propri, ché tanto non è lui il ministro competente in materia, accusandolo di scarsa collaborazione (e di alimentare “polemiche sterili” sulla base di “questioni locali”).

La situazione è precipitata con un altro intervento di Fratelli d’Italia, questa volta capitanati dal sindaco di Catania: “I danni all’immagine e all’economia siciliana causati dall’incendio all’aeroporto di Catania e dalla gestione di ciò che ne è succeduto sono incalcolabili – aveva scritto Trantino assieme ai coordinatori meloniani e a tutti i deputati nazionali e regionali – Per questo motivo riteniamo che la conduzione dell’aeroporto di Catania da parte di Sac si sia rivelata evidentemente carente, specie nella programmazione degli interventi strutturali necessari, mai realizzati, per supportare negli anni il sempre maggiore flusso di partenze e arrivi. Anche sulla gestione dell’emergenza riteniamo che molte cose non abbiano funzionato nel mitigare i disservizi che gli utenti hanno dovuto e continuano a subire”.

Schifani ha preferito non rispondere, ma ha continuato a difendere Sac e snobbare la linea del Ministro delle Imprese. Persino sul caro-voli: il provvedimento esitato con l’ultimo decreto del Consiglio dei Ministri, è una proposta di Urso, che Schifani ha derubricato come il risultato della “nostra battaglia”. Sintomo di un rapporto che non è mai decollato e che adesso, anche in vista delle prossime scadenze elettorali, rischia di deflagrare. Il controllo su Fontanarossa è la questione preminente che impegna i politici nostrani in questa estate da incubo. Ci sarebbe anche una perenne emergenza da governare. Può aspettare.