Antonello Cracolici si iscrive al partito degli “scettici”. Di quelli che “il governo regionale firma accordi che sa già di non rispettare”. L’ultimo negoziato fra Conte e Musumeci, che molti in aula hanno definito un “contratto capestro”, sarebbe un modo per prendere tempo. Per poter approvare l’esercizio provvisorio, grazie allo sblocco immediato di 421 milioni – che diversamente sarebbero stati accantonati subito a ripiano del deficit – e galleggiare ancora qualche mese. L’ha fatto presente a Sala d’Ercole e lo ripete anche qui: “L’obiettivo dell’operazione è sopravvivere fino al 2022 – spiega l’ex assessore all’Agricoltura – Con il nuovo governo e il nuovo parlamento, chi vivrà vedrà”.

Stato e Regione l’hanno considerato un accordo soddisfacente, anche se non il massimo della vita.

“Lo Stato non investe un solo euro, ma mette sotto controllo i conti della Regione che finora, negli ultimi tre anni, ha usato una tecnica palliativa: non ha fatto alcuna riforma, né ha inciso su qualcuno dei nodi strutturali dell’amministrazione. Più volte hanno annunciato degli interventi, come il turnover dei forestali o dei lavoratori dei Consorzi di bonifica. Sa qual è il risultato? Che i dirigenti dei Consorzi di bonifica erano otto e negli ultimi giorni sono diventati più di quaranta. Ha prevalso una gestione di natura elettoralistica e clientelare”.

Quindi non cambierà nulla?

“Cambia il fatto che lo Stato, acconsentendo a una rateizzazione del deficit in dieci anni, pone un vincolo nei confronti della Regione. Ci sarà un sistema di monitoraggio più rigoroso, che già dal 2021 prevede che, assieme al Bilancio, venga presentato un piano di rientro dal disavanzo e alcuni obiettivi di riforma che devono essere certificati. Se la Regione dovesse sottrarsi, scatterà il meccanismo di revoca della spalmatura”.

In quel caso sarebbero guai.

“Ma ripeto: la Regione per tre anni si è sottratta ad altri obblighi. Il governo Musumeci utilizza il metodo della furbizia, firmando degli accordi che sa di non poter rispettare. Questa poca serietà ha generato un pregiudizio, forse anche eccessivo, da parte della struttura amministrativa del Ministero all’Economia”.

Al di là del suo pessimismo, è lecito sperare in una riduzione degli sprechi – a partire dalla liquidazione di società partecipate o enti in liquidazione – o ci è precluso?

“Prima o poi bisogna cominciare. Ma le faccio presente che la razionalizzazione delle partecipate era uno degli obiettivi già contenuti nell’accordo del 2018. L’unica cosa che hanno fatto, per giunta in maniera superficiale, è stato l’accorpamento di Ircac e Crias, che peraltro esistono ancora, in una nuova società: l’Irca. Quest’ultima fa ancora parte del libro dei sogni… Vorrebbero fare la stessa cosa con Sas e Resais, ma il punto vero è che la frammentazione si è rivelata utile all’amministrazione per avere più centri di costo e, di conseguenza, più centri di controllo politico”.

Nell’accordo con lo Stato si parla anche di recepimento dei principi nazionali in materia di dirigenza pubblica. Cancellando una volta per tutte la “terza fascia”.

“Ma si dice pure che per accedere alla fascia unica, i dirigenti di “terza fascia”, che esistono solo in Sicilia, dovranno fare un concorso per titoli ed esami, come se fossero nuovi assunti. Questo perché non c’è un governo che abbia la forza di spiegare e dimostrare che questa gente è lì da vent’anni (in virtù della legge n.10 del 2000), e qualcuno ha già vinto un posto da dirigente. Fare adesso un concorso per titoli ed esami rischia di produrre un ulteriore elemento di confusione e paralizzare l’attività amministrativa. Ci vorranno almeno due anni. E la stessa cosa riguarda le nuove assunzioni”.

Ci spieghi meglio.

“Il governo regionale, pensando di fare il furbo, ha appostato delle risorse per le nuove assunzioni sperando di non far comprendere allo Stato che dai pensionamenti non arriverà alcun risparmio. Chi è stato assunto col famoso “contratto 1”, prima dell’86, beneficia di un sistema pensionistico per cui è la Regione, coi fondi del proprio bilancio, a erogare il trattamento di quiescenza. Esce uno stipendio, entra una pensione. A tutto questo va aggiunto che siamo la Regione con l’età media più avanzata e, di conseguenza, con un livello di conoscenze tecnologiche e digitali assai mediocre”.

Musumeci, citando l’ex presidente Piersanti Mattarella, ha detto che questo accordo di riforme economiche porterà finalmente la Sicilia ad avere “le carte in regola”.

“Siamo la cosa più distante da ciò che il presidente Mattarella teorizzava alla fine degli anni ‘70. Questo è un governo di piccoli imbroglioni, che pensano di poter abbindolare tutti con la furbizia e la propaganda. La realtà è che negli ultimi tre anni non c’è mai stato un segnale che andasse nella direzione del risanamento. Hanno galleggiato e continueranno a farlo”.

Entro il 28 febbraio bisogna approvare la Legge di Stabilità. Ci riuscirà il governo?

“E’ uno degli obblighi inseriti nell’accordo. L’esercizio provvisorio approvato qualche giorno fa, d’altronde, si limita a dare copertura ad alcuni capitoli rimasti a zero dell’ultimo bilancio triennale. E’ una cosa raffazzonata che tornerà utile per appena due mesi. Ecco perché serve un Bilancio vero. Aggiungerei un dettaglio: sono molto preoccupato per le variazioni approvate a fine dicembre. Temo non ci sia la copertura”.

Perché?

“Erano legate al fatto che il negoziato con Roma venisse firmato entro il 31 dicembre, così da liberare la prima rata del disavanzo da 421 milioni. Ma l’accordo Stato-Regione è di gennaio. Per questo hanno provveduto a un’altra variazione all’interno dell’esercizio provvisorio – io l’ho chiamata la “variazione della variazione” – che, se da un lato “sana” la questione da un punto di vista della contabilità, non fa altrettanto da un punto di vista giuridico. Senza scendere troppo nei tecnicismi, questo è quello che si ottiene con l’approssimazione”.

Capitolo pandemia. Ancora una volta a pagare gli effetti del virus sono le attività di cura extra Covid. Tanti reparti, soprattutto a Palermo, hanno sospeso cure e ricoveri. Eppure, sulla carta, sono liberi più della metà dei posti letto di Terapia intensiva. Cosa non funziona?

“La realtà è che i 476 posti previsti dall’ultimo piano regionale di novembre, vengono utilizzati come ornamento. A quel numero ci arrivi chiudendo le sale operatorie”.

Sta dicendo che non sono reali?

“Sto dicendo che non c’è stato alcun incremento di posti letto. Con pochissime eccezioni, come Partinico e il Policlinico di Palermo. E invece, poiché con questa epidemia bisognerà convivere ancora alcuni mesi, servirebbe una dotazione stabile di postazioni Covid. In modo da non incidere sulle altre cure. Oggi siamo, mediamente, la seconda regione per numero di contagi e in Sicilia, nell’ultimo mese, sono morte più di mille persone. Questo, purtroppo, è quello che accade quando si governa sperando che non succedano le cose. Un governo non può affidarsi solo alla speranza”.