Il trambusto della cassa integrazione in deroga va analizzato da tre punti d’osservazione differenti: il primo è quello dei 140 mila lavoratori siciliani che, nonostante il mea culpa del governo regionale, attendono la liquidazione delle spettanze; il secondo è quello della politica, che l’intervento conciliante e premuroso del presidente Musumeci – ieri – non ha messo al riparo da una pioggia di critiche, anzi risulta persino più colpevole di prima; infine c’è la posizione dei dirigenti e dei dipendenti regionali, il braccio operativo di un’amministrazione che cade a pezzi e che di rado regala soddisfazioni. Non è questo, ovviamente, il caso.

Lo Stato ha dato alla Regione il “potere” – ma si è rivelato più un onere – di convogliare nel sistema operativo del Silav, gestito da un’azienda esterna (la ETT), tutte le domande di Cig in deroga attivate da 40 mila imprese siciliane. Col risultato che tutti conosciamo: solo una manciata di pratiche hanno completato l’iter – decreto, verifica, autorizzazione, pagamento – le restanti sono ancora in attesa. Qualcuno ha lavorato poco o ha lavorato male, ma fin qui tutti trovano riparo sotto l’ala protettrice di Scavone: “I dipendenti dei Centri per l’Impiego non si sono mai risparmiati. E hanno lavorato pure nei festivi, senza guardare sabati e domeniche”. “Ma se qualcuno ha proceduto con dolo, verrà smascherato e punito” è l’avvertimento dei piani alti.

Trovare un colpevole non è facile. Musumeci – che pure ci ha messo la faccia – resta al suo posto perché “non vi do questo sazio”, ha detto ai cronisti collegati in videoconferenza. Scavone non ne vuol sapere: “Io non mollo”. Così l’unico a pagare, fin qui, è il dirigente generale del Dipartimento del Lavoro, Giovanni Vindigni, che mercoledì sera ha rassegnato le proprie dimissioni al presidente della Regione. E ora se ne tornerà a dirigere l’ex ufficio di collocamento di Ragusa. Sia Musumeci che Scavone lo hanno dipinto come “una persona perbene”, forse un po’ incauto e inesperto – è stato richiamato formalmente per quell’uscita sul bonus da dieci euro – ma non in grado, da solo, di far collassare un sistema. “Vindigni è una persona perbene e con grande senso di responsabilità – è stato l’encomio del presidente della Regione -. Se fossero tutti come lui, le cose andrebbero meglio”. Sarà pur vero. Ma nel frattempo l’ha liquidato. Sarebbe stato più logico, alla luce delle ultime confessioni, interrompere il contratto con la ETT, l’azienda che ha gestito la piattaforma che “all’inizio non ha funzionato”. La stessa che ai tempi di Crocetta e dell’assessore Scilabra ha fallito coi click-day.

E’ come cacciare via un allenatore dopo aver costruito una squadra che fa schifo. Vindigni era arrivato al Dipartimento del Lavoro in piena pandemia (la delibera è del 19 marzo). Due giorni fa si è arreso: al suo posto, ad interim, è stato nominato il ragioniere generale Giovanni Bologna, che nel frattempo ricopre ad interim anche il ruolo di dirigente alla Funzione pubblica. Uno e trino. Lo danno in uscita dalla ragioneria – con Armao il rapporto non sarebbe solido come un tempo – e al prossimo giro di valzer, entro fine mese, dovrebbe accasarsi nell’assessorato di Bernadette Grasso, dove però troverebbe Toto Cordaro (in uscita dal Territorio e Ambiente, secondo i rumors). Il turnover dei dirigenti, che la pandemia e le influenze della politica hanno fatto slittare di mesi – si è protratto fino al 31 maggio, era previsto il 16 febbraio – potrebbe riservare delle sorprese.

Musumeci non ha mai fatto mistero di non gradire l’operato di molti superburocrati della Regione. Micciché ha denunciato che il più giovane ha 51 anni. E quasi nessuno, fra quelli già presenti, ha una qualifica di prima e seconda fascia. Bisognerà occupare le caselle vuote con dei funzionari semplici, ai quali, nel tempo, è già stato garantito un avanzamento di carriera in barba alle più elementari sentenze di Tar, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale e compagnia cantante. In verità qualcuno ha già tolto il disturbo, in silenzio. Si è dimesso Salvatore Taormina, che era alla guida del dipartimento della Formazione professionale, ma anche Caterina Pipia che guidava la Funzione pubblica (dov’è subentrato Bologna). Mentre, come riportato ieri da Repubblica, anche alla Famiglia, dove lavora Rosolino Greco, si narra di forti tensioni per le difficoltà a erogare ai comuni i 30 milioni (sui 100 annunciati) dell’assistenza alimentare. Una matassa difficile da sbrogliare e che ha convinto alcuni sindaci, di Palermo e Trapani ad esempio, a una repentina marcia indietro. Nei giorni scorsi si è dimesso anche il capo del Corpo Forestale, Filippo Principato, “perché ho da tempo percepito la mancanza di fiducia da parte dei massimi vertici istituzionali”. Fra politica e dirigenza non corre buon sangue. Soprattutto da quando a palazzo d’Orleans è sbarcato Musumeci, che nelle sue invettive, molto spesso, ha preso di mira chi lavora alle sue dipendenze.

Ma una cosa sono i burocrati, un’altra è la burocrazia. Proprio di recente il presidente della Regione ha annunciato un piano d’efficientamento burocratico, che verrà dopo la ricostruzione economica dell’Isola. L’occasione è un disegno di legge firmato da Luca Sammartino, deputato di Italia Viva, sostenuto in modo trasversale da tutti i capigruppo, compreso Aricò di Diventerà Bellissima (nonostante lo screzio recentissimo all’Ars fra Musumeci e il suo rivale di collegio). Intende replicare il “modello Genova” e accelerare sulle opere pubbliche, le gare d’appalto e i pagamenti della pubblica amministrazione. Ma quella dei deputati è un’esultanza a bassa voce: in primis perché la legge, una volta convertita, potrebbe subire l’impugnativa di Roma; e poi, perché c’è il timore, non appena varcherà l’ingresso di palazzo dei Normanni, che venga svuotata da politici pavidi e sedicenti.

Tra gli obiettivi della proposta ci sono il dimezzamento dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi da parte di amministrazione regionale, enti del settore pubblico ed enti locali. L’utilizzo esclusivo della modalità telematica per l’avvio delle pratiche. Il ricorso all’autocertificazione per ottenere la liquidazione di contributi, corrispettivi e sovvenzioni. Ma prima di allora, prima di sottoporre il ddl all’esame dell’aula, la Regione – coi mezzi e le risorse a disposizione – dovrà risolvere altre magagne. I primi compiti per casa sono stati assegnati ieri dal professor Gaetano Armao, assessore all’Economia, che “al fine di contrastare i pesanti effetti economico-finanziari derivanti dalla pandemia da Covid-19 e data la pubblicazione e l’entrata in vigore della manovra regionale”, ha chiesto di “attivare con la massima tempestività tutte le procedure necessarie a velocizzare i pagamenti nei confronti dei creditori della pubblica amministrazione”, così come prevede il decreto legislativo 231/2002.

Poi bisogna sbloccare il miliardo e mezzo previsto dalla Finanziaria d’emergenza approvata qualche giorno fa in aula (e priva di coperture certe, in attesa di un cenno da Roma). Significa smaltire centinaia di migliaia di pratiche in tempi rapidi, significa liquidità per imprese e famiglie in difficoltà. Significa lavorare sotto pressione. Utilizzando, con un po’ di pragmatismo, le la schiera infinita della pubblica amministrazione regionale: si parla di 13 mila dipendenti, molti dei quali ancora alle prese con lo smart working. A proposito: i sindacati, gli stessi del bonus da dieci euro (proposta poi ritirata), con una lettera a Musumeci hanno chiesto una retribuzione aggiuntiva per garantire ai quasi 8 mila “lavoratori agili” un contributo per il pagamento di luce e telefono, ma anche buoni pasto, regole sui tempi di lavoro e diritto alla disconnessione. Basterà a motivarli?