Cos’hanno in comune gli avvocati del Foro di Palermo e i dipendenti delle società municipalizzate al servizio del Comune? Nulla, in apparenza. Se non l’esigenza – sostengono entrambi – di essere vaccinati. Così come sindaci e deputati regionali. Ma anche i dipendenti del trasporto pubblico, gli ultimi in ordine di tempo ad aver ricevuto la benedizione dell’assessorato alla Salute, che si è totalmente smarrito in questo cul-de-sac, in cui ognuno sbandiera il pass della priorità, legata al rischio che comporta il proprio lavoro. Ma il rischio – di entrare a contatto con altre persone e, quindi, di contagiarle o esserne contagiati – è insito in tutti i lavori: ed è tale per la cassiera di un supermercato, per il cancelliere di un tribunale, per il rider che consegna pizze. Ciò che effettivamente manca è un regolamento e qualcuno che lo faccia rispettare. Un’anagrafe che faccia ordine in questo caos.

I vaccini, che dovrebbero guidare il Paese verso la speranza di una ripartenza, nel solco del principio d’emulazione a fare meglio (come sta avvenendo negli Usa, ad esempio), diventano piuttosto terreno di scontro e ricerca del privilegio. Un autentico gioco al massacro in cui vince chi ha i potenti dalla propria parte o una consorteria alle spalle. O un sindacato pronto ad amplificare la sua voce. Dove i furbetti a tutti i livelli – istituzioni, professionisti, figli di questo e di quell’altro – continuano a insinuarsi e giustificarsi. Alla faccia di chi il vaccino lo meriterebbe davvero: ad esempio, i soggetti fragili. Dopo quello che era accaduto a gennaio a Scicli e Petralia Soprana, e dopo la replica di qualche settimana fa a Polizzi Generosa, sembrava impensabile ritrovarsi con un’intera giunta vaccinata (senza averne diritto). Eppure è successo: a Corleone.

Il sindaco Nicolò Nicolosi, quasi ottantenne, e i suoi assessori hanno ricevuto la prima dose e il richiamo tra gennaio e febbraio, nel pieno di “Vaccinopoli”. Nessuno fino a oggi se n’era accorto, se non fosse stato per un controllo dei carabinieri del Nas. Adesso, a “danno” già consumato, la procura di Termini Imerese aprirà un fascicolo. Il sindaco, che si è dimesso ma continua a rivendicare la sua condizione di priorità – figurarsi! – avrebbe approfittato di alcune dosi scongelate, rimaste senza proprietario. E Musumeci, che era stato avvertito, l’ha subito scaricato: “Voglio esprimere la mia amarezza per quegli amministratori e per quei titolari di cariche pubbliche che ritengono di dovere anticipare il loro vaccino: non ci sono scuse e non ci sono giustificazioni”, ha detto ieri. Un messaggio anche per Micciché? Il governatore parla, inoltre, di “un protocollo che va rispettato”. Fin qui l’unico provvedimento disciplinare è quello adottato da Razza, che ha sospeso il direttore sanitario dell’ospedale per aver “proceduto alle dosi di richiamo a quanti, tra cui il primo cittadino, non avevano diritto neppure alla prima. È stato così violato un provvedimento regionale che è stato consolidato da una pronuncia del Tar”.

A iniettare il farmaco ai furbetti sono i centri vaccinali istituiti dalle Asp: bisogna capire dove iniziano le responsabilità dei medici e di chi rappresenta il trait d’union con le istituzioni (il commissario Costa a Palermo, Liberti a Catania, Furnari a Messina) e dove finiscono quelle della politica, che lascia le aziende sanitarie allo sbando, in un percorso naturale (ma vietato) di libera interpretazione. Il mostro, infatti, è acefalo. Non si conosce il direttore d’orchestra, un responsabile a cui fare riferimento (e possibilmente, dare la colpa). E così parte lo scaricabarile. L’assessore Ruggero Razza, che nelle ultime ore si è beccato i complimenti dei sindacati dei trasportatori per aver tenuto “nella giusta considerazione le esigenze di sicurezza degli addetti e degli utenti”, non sa più a che santo votarsi. “La Regione non può decidere di violare il calendario vaccinale e non può farlo nessuno”, ha provato ad argomentare. In realtà, la campagna vaccinale è una creazione dell’ex commissario per l’emergenza Domenico Arcuri e fa riferimento a un target nazionale che, dopo gli operatori sanitari, gli ospiti delle Rsa e gli over-80, prevedeva l’ingresso in scena di insegnanti, professori universitari, detenuti, carcerieri e chi garantisce “servizi pubblici essenziali”. Senza specificare, però, quali fossero questi servizi pubblici essenziali.

Gli avvocati pensano di farne parte, perché frequentano luoghi e udienze affollate (la Sicilia è stata la seconda regione, dopo la Toscana, a mobilitarli); così come gli operatori del trasporto, che continuano “a circolare garantendo il diritto alla mobilità nonostante il naturale e fortissimo calo di passeggeri disincentivati a utilizzare il trasporto pubblico dal pericolo di contagio”; ma anche i dipendenti delle municipalizzate di Palermo, per bocca di presidenti e amministratori delegati, chiedono “urgentemente la giusta attenzione e le dovute tutele per quanti ogni giorno assumono elevati livelli di rischio venendo a contatto con il pubblico, entrando nelle case della gente, effettuando interventi  di manutenzione che richiedono contatti stretti per garantire servizi indispensabili e non interrompibili e per assicurare la tenuta e sicurezza delle reti”. Come dargli torto?

La deregulation ha scatenato una guerra tra “caste”, che caste non sono. Sulla pelle dei più deboli: ad esempio, i malati oncologici. Il Centro Amazzone di Palermo, che da quasi 30 anni segue le donne malate di cancro al seno, ha lanciato un appello denunciando che “pazienti ed ex pazienti oncologici sono stati dimenticati e surclassati da categorie professionali, che non elenchiamo, perché non vorremmo fare della opportunità vaccinale una corsa al privilegio”. Ma anche i disabili: la vaccinazione di quelli gravissimi, undicimila in tutto il territorio siciliano, è cominciata solo da pochi giorni. Ma qualcuno fra i baroni universitari, o fra i dipendenti amministrativi delle Asp che operano in smart working, li avevano già scavalcati. La determinazione del target concede sempre un lasciapassare per i più furbi. Bisogna solo individuare la falla.

Di esempi ce ne sono tanti, di soluzione nessuna. Così Razza, che ha sempre rivendicato con forza l’operato delle Regioni, non soltanto la sua, nei giorni scorsi si è lasciato andare a uno sfogo: “Va ricordato ancora una volta come le Regioni non abbiano stabilito che la Fase3 del Piano (insegnanti, forze dell’ordine, forze armate, penitenziari, servizi essenziali) anticipasse la Fase2 (fragili e over 70): ciò, invece, è stato determinato a livello nazionale dalla struttura commissariale che, a sua volta, ha dovuto recepire le indicazioni dell’Agenzia regolatrice del farmaco che ha autorizzato il vaccino di AstraZeneca solo sulla popolazione under 65, mentre – come è noto – nel resto del mondo non esiste questa limitazione”. Incide, senz’altro. Ma non giustifica le criticità che ancora oggi, a due mesi e mezzo dal Vax Day di fine dicembre, nessuno ha risolto o provato a risolvere.

Dato che la querelle in questi giorni si è aggrovigliata, l’assessore ha inviato una mail al nuovo commissario dell’emergenza Covid, il generale dell’esercito Francesco Paolo Figliuolo: “Le categorie di servizi essenziali si compongono di centinaia di migliaia di persone. Ma non arrivano contemporaneamente vaccini a sufficienza. Serve stabilire tra tutti i comparti una priorità condivisa”. Il passo successivo, come già preannunciato da Draghi e dal suo governo, è procedere con una spedita campagna di massa: attrezzando le strutture, coinvolgendo i medici di base e i farmacisti, limitando la quota degli accantonamenti e dando l’accesso al prezioso farmaco per fasce d’età e non più per categorie. Ma nel frattempo bisognerebbe estendere il “tracciamento” ai responsabili di questa catena di comando (che non funziona affatto) e “sanare” alcune situazioni, concedendo a chi ne ha bisogno – i cardiopatici, i diabetici, i malati di tumore di tutte le età – la possibilità di vaccinarsi. Garantire un equo accesso ai servizi è fondamentale per uno stato di diritto. Con la scusa che non arrivano vaccini, invece, si è finito per calpestare la più banale regola di convivenza.

Servizi essenziali: la proposta di Razza

In attesa che il ministro Roberto Speranza metta sul piatto la circolare che consenta l’utilizzo del vaccino AstraZeneca per gli over-65, l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, ragiona sulla proposta da inoltrare a Roma per garantire gli inoculi ai cosiddetti lavoratori che si occupano di servizi essenziali, chiedendo comunque che sia lo Stato a impostare una strategia comune. Su una platea potenziale di 700 mila lavoratori, fa sapere La Sicilia, si partirà da magistrati e pubblica amministrazione, “catena alimentare” (produzione, distribuzione, commercio), dai comparti dei trasporti pubblici e privati e del ciclo dei rifiuti. Saranno ammesse deroghe sui territori: a Priolo, ad esempio, verranno vaccinati gli operai del comparto industriale, mentre nelle Isole minore c’è l’ipotesi di una vaccinazione di massa dei residenti – proposta di Confesercenti, molto cara a Musumeci – per far ripartire il turismo Covid free.

Procure al lavoro: è caccia ai furbetti

La Procura di Palermo e la Procura di Termini Imerese stanno indagando, dopo la segnalazione dei carabinieri del Nas, su decine di presunti ‘furbetti’ del vaccino. Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti sono finiti i centri di vaccinazione di Corleone, Petralia Sottana, il Giglio di Cefalù, Villa delle Ginestre, Policlinico, Fiera del Mediterraneo e Civico di Palermo. Tra i casi sospetti segnalati, oltre a quello del sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi (che oggi si è dimesso) e della sua giunta, diversi amministratori locali, un ex magistrato, un alto prelato ed esponenti delle forze dell’ordine a cui il vaccino sarebbe stato somministrato prima che rientrassero tra le categorie autorizzate. Una vicenda che ha suscitato la dura reazione dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza. “Sui ‘furbetti del vaccino’ in Sicilia – ha detto – saremo ancora più irremovibili perché temo che non saranno gli ultimi. E ricordo che c’è un grande siciliano che ha detto, molte settimane fa, che avrebbe atteso il suo turno. Questo grande siciliano si chiama Sergio Mattarella. Io non penso che ci sia qualcuno che possa avere maggiore titolo del Presidente della Repubblica e che quindi possa permettersi un atteggiamento diverso da quello che lui ha tenuto”.

Accordo coi medici di base: in prima linea per i vaccini

“E’ un nuovo, decisivo, patto tra la Regione ed i medici di famiglia nella battaglia contro il Coronavirus”. Lo ha detto il presidente della Regione, Nello Musumeci, annunciando l’accordo, appena sottoscritto, con i medici di famiglia che saranno coinvolti nella campagna vaccinale di massa anticovid sulla popolazione siciliana. L’intesa è stata siglata dai vertici dell’assessorato regionale alla Salute e dalle sigle Fimmg, Smi, Snami ed Intesa sindacale. “Il ruolo dei medici di medicina generale, quello degli hub sparsi su tutto il territorio regionale, i controlli in ingresso per chi arriva in Sicilia, sono determinanti per vincere la lotta al Covid”. I professionisti che hanno aderito al protocollo saranno impiegati nei loro studi professionali, nelle guardie mediche dislocate su tutto il territorio siciliane, negli hub allestiti dalla Protezione civile regionale, e per le vaccinazioni a domicilio.

I medici percepiranno da un minimo di 10 euro (per le iniezioni presso il proprio ambulatorio o nei presidi di continuità assistenziale) fino ad un massimo di 25 euro per le inoculazioni presso le abitazioni dei pazienti impossibilitati a raggiungere autonomamente i centri vaccinali. In particolare, i medici verranno impiegati prioritariamente per le vaccinazioni dei cittadini over 80 e per le persone estremamente vulnerabili. Dopo i vaccini ai disabili gravissimi (ed i loro caregiver), in Sicilia infatti prenderà il via nei prossimi giorni la campagna di vaccinazione anche per il target dedicato alle fragilità. L’accordo, rientra nell’ambito del protocollo sottoscritto a livello nazionale con i rappresentati della categoria.