Il destino prossimo venturo della Sicilia è in mano a Gaetano Armao. Alle donne e agli uomini che l’assessore regionale all’Economia ha ‘assunto’ nella sua task force per il monitoraggio dei progetti e degli investimenti legati alla vagonata di fondi europei (circa 20 miliardi) in arrivo nell’Isola. Dopo aver nominato una task force che per poco non ha spaccato la coalizione di centrodestra, mettendoci a capo l’ex assessore autonomista Nicola Vernuccio, in seno all’organismo di cui nessuno ancora conosce i risultati è nata una segreteria tecnica, formata dallo stesso Vernuccio, che nessuno – per la regola di cui sopra – ha ancora capito di cosa si occuperà. Ne fanno parte, fra gli altri, Daniela Pennisi, componente dell’Ufficio di gabinetto di Armao, e alcuni commercialisti fra cui Paola Loredana Bruno, che è anche compagna del vicesegretario regionale dell’Udc (con un breve passato alla Lega) Elio Ficarra.

Il Pnrr siciliano, al momento, è servito a sfornare brutte figure (come i 31 progetti per le opere irrigue bocciati dal Ministero delle Politiche Agricole) e incarichi e consulenze a iosa. Che poi, finché non si metteranno in modo questi organismi, sarà difficile distinguere la loro funzione da quella di un mero comitato elettorale. Armao fra l’altro ci ha piazzato i suoi uomini, garantendosi – qualora lo Stato glielo permetta – il controllo totale delle operazioni. Della prima task force, che lo stesso assessore, mettendosi al riparo dal fuoco amico, ha definito un semplice ‘gruppo di studio’, facevano già parte i suoi dirigenti: il ragioniere generale Ignazio Tozzo e il responsabile del dipartimento Finanze Giovanni Bologna. Oltre a Mario Parlavecchio, già assessore con Cuffaro e attualmente a capo della segreteria dello stesso Armao. Una cabina di regia monocolore. La cosa grave è che Musumeci glielo lasci fare, ma questa è un’altra storia.

Un altro discorso, invece, riguarda i margini di manovra che lo Stato intende garantire alle Regioni: nulli, per il momento. La Sicilia, poi, ha già ampiamente dimostrato di non avere le carte in regola per gestire da sé i processi. Nei Comuni mancano le risorse umane per la progettazione, e non è ancora stato bandito il concorso per 300 tecnici (a tempo determinato) da assegnare in parte agli Enti locali per la gestione del Recovery e per intercettare i fondi comunitari. Né è stata completata la selezione di 83 super esperti, pagati a peso d’oro, più o meno per lo stesso scopo. Insomma, alla Regione mancano i profili per poter attivare questa grande leva di sviluppo. E non basteranno tutti gli uomini del (vice)presidente a sopperire.

Anche perché – e di questo Armao se n’è lamentato nella prima relazione prodotta dalla sua task force – “appare evidente che l’amministrazione statale abbia inteso conferire un assetto centripeto alla gestione dell’intero piano (…), esautorando nei fatti le Regioni. La cabina di regia con la presenza delle Regioni non è mai stata formalmente convocata e non risulta siano state declinate le prescritte linee guida che debbono precedere e non seguire l’emanazione dei provvedimenti dei soggetti con volti nel piano, a partire dei ministeri”. Lo Stato ha ben altri interessi che affidare a regioni inefficienti la gestione delle risorse provenienti dall’Europa. Nell’attesa che si decida a farlo, si può sempre organizzare un comitato di saggi per convincere il ministro di turno. Magari mettendoci parenti e conoscenti fin qui rimasti fuori.