Pur essendo «un fuoriclasse che riesce sempre a infondere un alito di eternità alle creature teatrali che porta in scena» (dall’ultima recensione appena uscita su La veglia di Rosario Palazzolo), Filippo Luna non sembrerebbe proprio quello che si dice un attore “perrieriano”. «Eppure stavo per… riuscirci – confessa oggi, dopo trent’anni di carriera e alla vigilia de Il piano segreto, il racconto che Michele Perriera scrisse nel 1974 e che lui recita e dirige al Teatro Ditirammu (debutto venerdì 29 marzo, repliche 30 e 31 e poi 5, 6 e 7 aprile) –. Presentai infatti la domanda di iscrizione alla scuola di Teatès ma avevo ancora 17 anni, ero minorenne. E poi ci sarebbe stato un problema: l’ultima corriera per tornare a casa, a San Giuseppe Jato, partiva da Palermo alle otto di sera e le lezioni finivano dopo le nove». Altra coincidenza: «Il primo spettacolo teatrale che vidi da ragazzo fatto da una compagnia di professionisti fu La cantatrice calva con la regia di Michele, Arena delle Rose a Piana degli Albanesi».

Mettiamola così, allora: era destino. Che presentò un primo conto alcuni anni fa quando Andrea Peria e Michele La Tona chiesero a Luna un omaggio a Perriera per il cartellone estivo di Castello a Mare, a Palermo. Pensò subito a Il piano segreto. «Mi affascinava moltissimo la storia di quest’uomo barricato in casa con il cadavere mummificato della moglie in attesa di una ronda che arrivi a prenderlo e forse ad ucciderlo. E mi intrigava quella lingua forbita sì, ma fortemente evocativa e dunque naturalmente scenica». Da quella commissione uscì fuori, nel grande spazio all’aperto, sotto le stelle di una sera d’agosto, quella che Luna oggi chiama «una performance acustica, quasi un esercizio di stile» che gli lasciò però la voglia di ritornare sull’impresa con un taglio più intimo, più racchiuso, quasi claustrofobico. E dunque, adesso, lo spazio minimo del Ditirammu: l’ideale.

Praticamente un’altra cosa, un altro spettacolo. Con in scena, accanto al Luna-protagonista, Chiara Muscato, interprete di bella ispirazione, stavolta «costretta» al silenzio, ma «presenza attorale ugualmente forte, partecipe, coinvolgente», garantisce il Luna-regista. Con Claudia Puglisi (scuola Perriera, lei sì) che cura con lui la regia ed ha pure coadiuvato il Luna-adattatore a concentrare il racconto dalle 20 pagine originarie a 12 di drammaturgia e che puntualizza: «Un linguaggio non semplice che oggi, in un contesto culturale che tende a semplificare tutto, può forse intimorire ma non è così, anche perché il concetto, alla fine, arriva sempre forte e chiaro, com’era nello stile di Michele». Con le note di Bjork e dei Radiohead. E il minuscolo palcoscenico del teatrino di via Torremuzza «perfetto per racchiudere e fare esplodere al tempo stesso questo grande incubo – prosegue Luna – questa atmosfera onirica, irreale, un po’ dark. Con un lato sensoriale molto forte, non solo le luci, non solo la musica ma anche i respiri, i passi, gli stessi silenzi». Il tutto per un testo di assoluta contemporaneità, nonostante i 45 anni passati da quando fu scritto. «C’è tutta la paura che oggi viviamo guardandoci sospettosi l’un l’altro, in una individualità che è diventata segretezza, negandoci reciprocamente un’intesa, accentuando anzi la conflittualità quotidiana».

Nonostante questo, Perriera, dopo un primo fervido interesse di rappresentazione post-mortem, sembra in questi ultimi tempi un po’ in ombra nell’attenzione dei teatranti. Conclude Luna: «E’ poco frequentato sì, ma credo sia un silenzio non intenzionale, di distrazione piuttosto, basta riprendere in mano non solo Il piano segreto ma qualunque altro suo testo per capire il senso attualissimo di parole scritte decenni fa: una visionarietà, una forza profetica, una capacità di guardare oltre che ne hanno fatto non solo l’intellettuale, lo scrittore, l’artista sempre lucido che abbiamo amato, ma quell’oracolo che oggi ci manca».