Beati i tempi in cui esistevano solo i media tradizionali, gli editori facevano finire nel fosso i camion con le rese per fregare Audipress e la faccenda delle rilevazioni di lettura finivano come l’attentato di San Donato Milanese: quattro cazzotti all’attentatore e ciao. I social media hanno moltiplicato le piattaforme della comunicazione e dell’informazione, senza per questo chiarire alcunché. Nel 2019, 3.48 miliardi di persone (si, fa impressione) usano almeno un social media, in crescita del 9 per cento rispetto allo scorso anno, e un bilancio non è più sufficiente agli analisti per capire lo stato di salute di un’azienda. “Non se ne percepiscono le sfumature, le nuances”, dice un analista che se ne intende.

Nell’alveo rarefatto di queste ultime, galleggiano le interazioni con i post che, par di capire, sono diventati l’unico metro di rilevazione attendibile di un account, sia il vostro o quello dell’azienda per cui lavorate o che avete fondato. I follower, notoriamente, si comprano e gli influencer pure (basta vedere con che velocità si perdono “seguaci” quando si chiude il contratto con la bella o il bello di turno), il tasso di conversione sugli acquisti è sempre ballerino e dipende anche da fattori esterni, tipo la congiuntura, ma commenti e interazioni che vadano oltre il like e l’emoticon degli applausi richiedono impegno e dedizione, e dunque sono, ipoteticamente, veri. Al momento, si ritiene che un tasso di commenti del 2-5 per cento sul totale dei follower sia fisiologico. Se avete amici o referenti str. O pigri mi spiace molto per voi.