Il blocco totale delle attività ai tempi del Coronavirus rischia di mandare in tilt numerose aziende siciliane. La chiusura delle scuole e quella anticipata di bar e ristoranti, la cancellazione dei voli e il crollo delle presenze turistiche, il divieto assoluto negli spostamenti – uniti a un’economia di per sé fragile – può mandare tutto in frantumi. In primis le imprese del turismo: gli hotel sono vuoti e in alcuni, per non lasciare indietro i dipendenti e garantire i pagamenti, ci si alterna nell’accoglienza. Anche i ristoranti a cena sono fermi: ma se il ciclo produttivo s’interrompe a lungo, è impossibile garantire fornitori e dipendenti, a meno di interventi da parte di Stato e Regione.

Qualcosina a palazzo d’Orleans si muove: allo studio del governo Musumeci c’è l’utilizzo del “Fondo Sicilia” gestito dall’Irfis: un tesoretto da 85 milioni per fornire immediata liquidità alle imprese siciliane che hanno problemi di cassa. Ma serve comunque un accordo con Roma per implementare il fondo o quei milioni diventeranno spiccioli. Le misure di contenimento della crisi economica sono fra le più variegate: oggi l’assessore alle Attività Produttive, Mimmo Turano, scriverà a Crias e Ircac (che si occupano di credito agevolato) per capire come avviare la sospensione delle rate di finanziamento alle imprese. Il governo Musumeci, tramite il Ministro agli Affari esteri, farà pervenire a Bruxelles una deroga sui termini per la spesa dei fondi europei. Almeno fin quando non sarà ripresa la vita di tutti i giorni. La Regione, nei giorni scorsi, ha chiesto inoltre a palazzo Chigi di estendere alla Sicilia alcune norme previste dal decreto nazionale per le ex “aree rosse”, tra cui la sospensione del pagamento di mutui e prestiti con le banche.

In Sicilia anche il mondo delle partite Iva e dell’associazionismo annusa aria di crisi. Il “sociale” sembrava un’eccezione rispetto all’economia sofferente, ma la situazione degli ultimi giorni ha aggravato tutto. Molte associazioni, a causa del Coronavirus, non possono più svolgere le mansioni e pagare i dipendenti. Alcune di esse hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Da tempo segnaliamo i rischi legati alla precarietà del settore e delle persone impiegate, ma temiamo che la situazione attuale possa arrecare danni tali da non poterci risollevare”. Chi si occupa di dispersione scolastica, come l’associazione palermitana “Peresempio”, in questo momento è con le mani in mano. Servono ammortizzatori sociali ad ampio spettro.

Un altro fronte caldo è quello degli autotrasportatori. Ieri l’Aitras, l’associazione che ne rappresenta oltre duemila, ha annunciato lo stop per protesta contro la chiusura anticipata delle aree di sosta e per fronteggiare il calo della domanda dovuto alla chiusura di pub e ristoranti. Ma in questo modo sarebbero a rischio anche i rifornimenti di mercati e supermercati. L’assessore ai Trasporti Marco Falcone si è fatto portavoce delle loro richieste presso il governo nazionale e li ha convinti a una retromarcia. “L’assessore – ha detto Salvatore Bella, leader dell’Altra – sta provando a mediare tra governo e autotrasportatori e ha inoltrato ai prefetti le soluzioni proposte da noi. Ha chiesto che le aree di sosta restino aperte 24 ore su 24 lungo tutta la rete autostradale e sulle superstrade ritenendo che le attività ivi presenti (bar, ristoranti, servizi igienici) non sono riconducibili a meri luoghi di ritrovo, ma sono strutture al servizio di chi guida. Ha ribadito anche che i centri di carico e scarico merci devono fornire agli autotrasportatori le mascherine prescritte qualora gli autisti non abbiano potuto reperirle. Infine nei porti i servizi e le attività devono rimanere aperti negli orari in cui vi è movimentazione di navi in modo che gli autotrasportatori in attesa possano servirsene. Naturalmente tutto quanto descritto deve avvenire nel rispetto delle distanze prescritte”.