“Mi sono trovato di fronte a un gruppo dirigente chiuso in logiche separate e che, in alcune sue parti, agisce esclusivamente per conservare pretese e rendite di posizione”. Ma Totò Lentini non è un conservatore, così ha deciso di cambiare. Ancora. Primo dei non eletti con Forza Italia alle ultime Regionali, venne “ripescato” dopo le Europee, quando Giuseppe Milazzo vinse la partita con Saverio Romano, ottenendo un seggio a Bruxelles (al fianco di Berlusconi). Prima di Natale dell’anno scorso, però, Lentini ebbe un improvviso smarrimento e “la mancanza di stimoli e obiettivi” lo condusse fra le braccia di Giorgia Meloni. La cui famiglia, Fratelli d’Italia, sembrava al deputato palermitano il perfetto approdo per “non svendere i principi cardini della cristianità” e il “dovere del senso nazionale”. La stessa famiglia a cui oggi Lentini rimprovera un “iniziale ostracismo” e una “sempre più aperta ostilità” nei confronti delle sue iniziative. E’ durata poco.

Giusto cambiare quando non si è più a proprio agio. Lentini, però, è un habitué. Ha già vestito la casacca di Mpa e Udc, in precedenti legislature all’Ars, oltre a quella di Forza Italia e degli ex An. Alle ultime Amministrative, a Palermo, appoggiò Leoluca Orlando con una propria lista. Era virato a sinistra. Poi è tornato a destra, e la sua corsa continuerà nel “limbo” di Ora Sicilia. Senza nulla togliere ai filo-musumeciani, nati per conciliare le posizioni del governatore e quelle della Lega (esperimento miseramente fallito), al gruppo di Luigi Genovese manca ancora il bollino blu: non ha ottenuto la deroga dal Consiglio di presidenza, ma il passaggio da 3 a 4 deputati farà scattare immediatamente lo status ufficiale di gruppo parlamentare.

Ma la parola “limbo” ha un’altra spiegazione. E’ noto il motivo per cui è nata Ora Sicilia, lo è meno la sua evoluzione politica. Non ha ottenuto un solo riconoscimento ufficiale da parte di Musumeci, anche se Genovese jr, in qualche intervista, ha fatto trapelare un certo languorino: ottenere un assessorato, prima o poi. Della compagine fanno parte altri cambia casacca: Luisa Lantieri, grande amica di Totò Cuffaro, aveva iniziato la legislatura col Pd, dopo essere stata assessora di Crocetta per qualche tempo; mentre Daniela Ternullo, nuova a palazzo dei Normanni, aveva “sfilato” il seggio al decano Pippo Gennuso, eletto nella lista dei Popolari e Autonomisti, e anch’egli sgattaiolato in Ora Sicilia al suo secondo passaggio (in questa legislatura) all’Ars. E’ stato ri-sospeso a maggio per una vicenda giudiziaria.

Ma è tutta Sala d’Ercole a essere contagiata dal fenomeno dei saltimbanchi. Torniamo a Fratelli d’Italia: gli unici due eletti, rimasti fedeli al gruppo della Meloni fin dal principio – c’era una lista unica con gli “amici” di Salvini – sono Elvira Amata e Gaetano Galvagno. L’ex capogruppo Antonio Catalfamo ha fatto i bagagli ed è migrato alla Lega, che nel febbraio scorso, per la prima volta nella storia, ha fatto ingresso all’Assemblea regionale siciliana. Mentre la terza deputata di FdI, Rosanna Cannata, aveva iniziato la legislatura con Forza Italia, prima di cambiare sponda alla vigilia delle Europee, quando il fratello Luca, sindaco di Avola, scese in campo con la lista della Meloni. Ma sono in pochi i “veri seguaci” di Lentini, quelli con un doppio carpiato alle spalle: uno è Giovanni Bulla. Eletto nelle file dell’Udc, a febbraio passò alla Lega in rappresentanza dell’area catanese, ma si pentì quasi subito. La “visione militaresca del partito”, dove comandano sempre i lùmbard (anche in Sicilia), lo ha fatto tornare fra i centristi nel bel mezzo della pandemia.

Un’altra deputata “incerta” è Marianna Caronia. Eletta in Forza Italia, se ne andò subito nel gruppo Misto. Poi, dopo aver strizzato l’occhio agli Autonomisti, decise per il matrimonio (politico) con Salvini. Ma da mesi è in sofferenza: l’ultima uscita contro Alberto Samonà, per qualche peccatuccio di gioventù, è stato il presupposto per un passo di lato “responsabile” rispetto alla creatura di Candiani. Qualche settimana fa la Caronia – che è anche consigliera comunale a Palermo in quota Carroccio – ha parlato di un incontro chiarificatore con Salvini per decidere il da farsi. Ma in autunno potrebbero esserci novità: ad esempio un ritorno di fiamma con l’ex Mpa.

Ma è come se sotto la poltrona (comoda) del centrodestra, qualcuno avesse adagiato un manto di spine: ad esempio, Orazio Ragusa (ex Udc) ha lasciato Forza Italia e scelto la Lega (anche se è rimasto molto scottato per non aver ottenuto l’assessorato all’Agricoltura). Il partito di Micciché e Berlusconi è il più colpito dalla diaspora: cinque addii. Oltre al deputato sciclitano, come già accennato, si sono persi per strada la Caronia, la Cannata, Lentini e Genovese (ritenuto un pesce fuor d’acqua in un gruppo di “saggi”). Mentre l’unico a fare un percorso opposto è il silenzioso e cordiale Mario Caputo, fratello dell’ex leghista Salvino, che è subentrato al poco salviniano Rizzotto – è decaduto dall’Ars perché ineleggibile – e si accomodato fra i banchi azzurri.

Vanno meglio le cose in casa Udc, dove la libertà di espressione è massima. E due deputati “irrequieti” per antonomasia, Vincenzo Figuccia e Danilo Lo Giudice (quest’ultimo vicinissimo alle posizioni del sindaco di Messina, Cateno De Luca), possono contestare questo o quel provvedimento, questo o quell’altro assessore, senza che nessuno debba fargliela pagare. Le relazioni aperte sono sempre le più facili. Non muta di una virgola l’organico di Diventerà Bellissima, massima espressione presidenziale. Mentre fra i Popolari e Autonomisti, vige il detto “meno siamo, meglio stiamo”. Cinque deputati  che godono di due assessorati (Cordaro e Lagalla), della vicepresidenza dell’Ars (Di Mauro) e di una presidenza di commissione (l’on. Compagnone si occupa del monitoraggio delle attività dell’Unione Europea). Pullara fa il capogruppo. Meglio di così…

Anche sul fronte delle opposizioni nessuno può ritenersi immune dalla pratica, più o meno motivata, del “cambio casacca”. L’ultima, clamorosa scissione è quella che ha riguardato il Movimento 5 Stelle e la nascita di Attiva Sicilia. Gruppo parlamentare prima, associazione poi. Con qualche diramazione persino nel Lazio: hanno aderito due consiglieri comunali a Guidonia Montecelio, comune di 90 mila abitanti a pochi passi da Roma. La frattura coi grillini ha portato con sé parecchie scorie e “alleggerito” il gruppo più nutrito dell’Assemblea: da 20 i deputati sono diventati 15 in un colpo solo. Ha perso qualche effettivo pure il Partito Democratico: l’addio di Luca Sammartino e Giovanni Cafeo è stato determinato dalla frattura coi “renziani”, che sommati agli ex Sicilia Futura (Tamajo e D’Agostino), hanno dato vita a un proprio gruppo (Italia Viva è spesso ago della bilancia in parlamento). L’addio di Luisa Lantieri, invece, è sintomo di una visione del mondo quasi inconciliabile. Che solo una prospettiva di governo (con Crocetta) aveva tenuto insieme. Dopo quell’esperienza, liberi tutti. Alla faccia del vincolo di mandato. In Sicilia renderebbe tutto molto più noioso.