Nello Musumeci, nei cinque anni di regno, ha spacciato di sé l’immagine dell’uomo che non aveva altro fine se non il bene della Sicilia, che non mischiava mai la politica con le questioni personali. Voleva apparire saggio, distaccato, persino giudizioso. Ma da quando ha lasciato Palazzo d’Orleans per diventare ministro del Mare senza mare, è venuto fuori il Musumeci dei giochi di potere, delle trame sottotraccia, dei padrinaggi verso i più fedeli tra i fedelissimi: Ruggero Razza, sua eminenza grigia, e Marco Intravaia, suo ex segretario particolare. Ha preteso che i due – direttamente o per interposta consorte – trovassero spazio nella giunta che il nuovo presidente si appresta finalmente a varare. E, pur di scardinare gli equilibri faticosamente raggiunti da Renato Schifani si è travestito da leader nazionale. Senza averne ancora la stoffa. Povero centrodestra.