Pietrangelo Buttafuoco è il classico intellettuale di destra, una categoria che secondo Andrea Scanzi, giornalista de ‘Il Fatto quotidiano’, si è estinta da trecento anni. Non esiste. Essere, al tempo stesso, intellettuali e di destra è un ossimoro. E’ ritenuto tale dalla stragrande maggioranza di chi, talvolta reputandosi tale, e quindi ‘superiore’, fa parte della fazione opposta. L’unica, cioè, ad avere diritto di cittadinanza. Trae spunto da qui, da questa considerazione amara e per niente demodé, la chiacchierata di Buttafuoco con Francesco Curridori, de ilgiornale.it: “In punto di paradosso – esordisce l’autore di Buttanissima Sicilia, il libro da cui trae spunto il nome di questa testata – ha ragione Scanzi a dire che non c’è nessun intellettuale di destra perché nessuno che non sia di sinistra o mosca cocchiera del conformismo trova voce, visibilità e spazio nella vetrina delle idee: c’è mai una firma di destra sul Corriere della Sera, il pur giornale della borghesia italiana?”. La risposta – sottesa – è no. Come se la cultura appartenesse a pochi, tutti di sinistra, i quali devono assolvere al dovere di tramandarla.

E, in effetti, pare questo il messaggio compulsivo della storia: “Paolo Isotta – Buttafuoco qui comincia ad elencare alcuni esempi celebri – subì di tutto a via Solferino e Montanelli dovette fondare proprio questo giornale (Il Giornale) dopo essere stato cacciato da via Solferino. Leo Longanesi non poté mai scrivere sul Corriere. Mai neppure uno libero come Massimo Fini. E, oggi, vedi mai un Marcello Veneziani a Domenica In o a Porta a Porta? Vedi mai ai festival del Cinema, alla Biennale o nei premi letterari un qualcuno un’anticchia fuori canone? Mai. È così da sempre: un riflesso condizionato di tutti scatena una soggezione immediata verso chiunque sia di sinistra”. Giammai, provare ad opporsi, e così “l’Italia è nelle mani di professoresse col cerchietto in smanie per la Divina Commedia recitata da Benigni. Cosa mai ci si può aspettare? La gente legge delle porcherie incredibili. E non nel senso della gustosa oscenità ma nel significato del più greve banalismo”.

Non è banale, niente affatto, il suo ultimo libro su Mussolini e Salvini. Salvini e Mussolini. Due che c’azzeccano poco l’uno con l’altro, ma per via della retorica, e di una sagace e strumentale semplificazione dei codici e dei linguaggi, vengono associati non di rado. Nulla di più sbagliato, secondo Buttafuoco: “Mussolini è un grande campione della sinistra, mentre Salvini, invece, è un rappresentante della destra. Quel che mi divertiva era vedere i giovani redattori che lavoravano a questo libro quando, leggendolo, restavano sorpresi da tutti i risvolti mussoliniani che erano quasi atmosfere gruppettare-rivoluzionarie che non coincidevano con il racconto ufficiale. A riprova dell’incapacità di avere in Italia un sereno riconoscimento della cultura di destra”.

L’analisi della cultura scivola lentamente verso una lettura della situazione. Disinteressata, ma severa e onesta (anche Claudio Fava, il presidente della Commissione Antimafia, ha detto di recente di avere spesso “elementi di sintonia” con Buttafuoco): “Il duello Salvini-Meloni? Porta a un solo risultato: la caduta di entrambi. Basta pensare che a Roma e a Milano si prospettano due sconfitte e questo sarà per la sinistra un regalo inaspettato”. “Il centrodestra – continua lo scrittore, che indica in Francesco Merlo e Peppino Sottile i suoi maestri di giornalismo – si è sempre fatto interprete di una maggioranza silenziosa offrendo a questa una voce, un progetto politico e un percorso per la formazione di un ceto dirigente. Ora serve un federatore che metta insieme tutte queste voci”. Nel solco di Berlusconi, potrebbe inserirsi uno molto diverso dal Cav. Un paradosso, in estrema sintesi: “A Roma vedo molti elettori di centrodestra che sono scatenati per Carlo Calenda, un moderato che non è né sovranista e non è certo populista”.

La trappola del populismo, di una demagogia sempre più frequentata dentro e fuori i palazzi che contano, ha fatto spegnere – secondo Buttafuoco – la passione di molti. “Anche quando si trova la persona giusta, capita che questa si ritrovi dileggiato dalla canea detta ‘opinione pubblica’ o azzannato dalle procure”. Fulgido l’esempio siciliano: “Mi ha molto turbato vedere un galantuomo come Ruggero Razza, l’ex assessore alla Sanità in Sicilia, frullato nel fango per una frase sui ‘morti da spalmare’ nella conta dei numeri strumentalmente interpretata da chi lo spiava con la stessa disinvoltura dei più biechi Richelieu: ‘Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini e vi troverò un motivo per farlo impiccare’. La verità è che la gente perbene sta lontana dalla politica anche per colpa della retorica antipolitica. Se fai il bene, qualcuno te lo farà pagare. La vicenda di Rino Nicolosi, il presidente della Regione – un gigante della politica – letteralmente scannato dal carcere resta a perenne monito”.

Sulle cose di casa nostra, Buttafuoco è caustico come al solito: “Credo che la Sicilia abbia solo due possibilità: o diventare realmente indipendente oppure cancellare l’autonomia che non serve a niente se non a peggiorare il tutto”. Musumeci o Crocetta? “Ovviamente non c’è gara. E’ meglio Musumeci”. Pochi dubbi, allargando il raggio d’osservazione, su chi abbia gestito meglio la pandemia fra Draghi e Conte: “È come quando mi i chiede la differenza tra Crocetta e Musumeci. Non c’è gara: ovviamente Draghi. Conte è stata una variabile, anzi, una variante del CoronaGrillo, un’invenzione dadaista di Grillo. Fuori dai riflettori il suo ologramma si spegnerà. Gli italiani sono cinici e se lo dimenticheranno”. Così come Renzi, secondo lo scrittore, è meglio di tanti altri: “E’ un fuoriclasse della politica. Ha dimostrato che non è necessario avere un grande esercito per realizzare un’azione politica”. Anche l’ex sindaco di Firenze si sta lentamente avvicinando verso il centro, o verso destra chissà. Nessuno, però, l’ha mai definito un intellettuale.