La sanità siciliana, che già deve fare i conti coi pronto soccorso affollati, con le liste d’attesa interminabili, coi processi e gli scandali, e con la scelta del nuovo assessore (lasciata in stand-by dal presidente Schifani), da ieri ha un protagonista in più: Angelino Alfano. Il gruppo Policlinico San Donato di Milano, di cui l’ex ministro è l’attuale presidente, s’è aggiudicato il bando triennale dell’Arnas Civico di Palermo (con possibilità di proroga per altri 24 mesi) per garantire il servizio di assistenza medica, infermieristica e consulenza medica specialistica alla nuova Unità operativa complessa di Cardiochirurgia pediatrica che tornerà, dopo anni d’assenza, all’ospedale Civico. L’importo complessivo è di 8 milioni circa, oltre a 320 mila euro di rimborso forfettario annuo. Il San Donato, come previsto dal bando, avrà il compito di fornire una propria équipe medico-infermieristica di altissima professionalità, destinata a formare le figure mediche, tecniche e infermieristiche dell’Arnas, che poi dovranno subentrare nel reparto con specifica procedura di selezione.

A guidare la nuova Unità, che dovrebbe entrare in funzione entro la metà del 2023, sarà Alessandro Giamberti, già allievo del professore Carlo Marcelletti. Il reparto fu chiuso dopo la scomparsa del grande luminare. Schifani, che fin dall’avvio della sua esperienza a palazzo d’Orleans, ha puntato sul binomio pubblico-privato per il rilancio della sanità regionale, non può che gioire: “Si tratta di una partnership innovativa – ha detto – un matrimonio integrato tra pubblico e privato per attivare un circuito di sanità di eccellenza sul tema estremamente sensibile dell’assistenza pediatrica. Questo accordo è per noi importante perché, dopo dodici anni senza un reparto di Cardiochirurgia pediatrica, sarà possibile per i nostri piccoli pazienti non dover ricorrere alle cure degli ospedali del Nord. Puntiamo a diventare centro di riferimento per il Mezzogiorno”.

Per ridurre la mobilità passiva, anche l’ex assessore Ruggero Razza aveva deciso di puntare sulla formula “mista”, stringendo accordi con la sanità convenzionata, cui sono stati garantiti 25 milioni di extrabudget per il biennio 2022-23. Ora, al netto dell’imprinting che si vuole dare alla sanità regionale, suscita curiosità anche l’altra associazione: quella fra Schifani e Alfano. Che sono stati fra gli artefici della “notte dei lunghi coltelli” il 13 novembre 2013, quando una costola di ‘lealisti’ (o traditori: dipende dal punto di osservazione) si staccò dal Popolo della Libertà per tenere in piedi il governo Letta e dare vita, in seguito, a quello di Matteo Renzi, dove Alfano rivestirà l’incarico di Ministro dell’Interno. L’esperienza del Nuovo Centrodestra, utile a saldare l’esperienza dei governi di centrosinistra “non eletti”, si è esaurita però abbastanza in fretta. Schifani, dopo l’esperienza ventennale al fianco di Berlusconi (che l’aveva fatto diventare presidente del Senato), fu anche capogruppo parlamentare della nuova formazione politica, che stravedeva per Angelino.

Fino al 2016, quando l’attuale governatore siciliano decise di staccarsi dal progetto e dimettersi dalle due funzioni operative: “Una decisione ponderata, sofferta, ma non mi sento attaccato alla poltrona o a posti di prestigio e lascio il mio ruolo da capogruppo”. Schifani contestò ad Alfano la creazione di un contenitore ibrido, senza l’Udc: “Mi sembra più un’operazione da palazzo più che da territorio e non manifesta il nostro posizionamento e identità di centrodestra”. Pian piano l’ex presidente di Palazzo Madama tornerà all’ovile, al fianco di Berlusconi che lo riaccoglierà a braccia aperte; che nel 2020 lo nominerà suo consigliere politico e che nel 2022, d’accordo con Giorgia Meloni e nonostante le resistenze del nucleo storico di Forza Italia, lo proporrà agli alleati come candidato in pectore del centrodestra alla presidenza della sua Regione: la Sicilia.

Schifani ha vinto le elezioni, ma in questo primo mese di legislatura ha governato da solo: senza assessori e senza opposizioni. Si è prestato al gioco degli annunci e della rappresentanza istituzionale, mettendo la faccia dov’era possibile farlo. Ma non ha ancora inserito le marce alte: a meno di una settimana dal voto sulla presidenza dell’Ars, in programma giovedì prossimo, la giunta è solo abbozzata. E soprattutto, il governatore non ha ancora risolto la questione più spinosa: quella che riguarda, appunto l’assessorato alla Sanità, che fin qui è stato utilizzato come merce di scambio (con la presidenza dell’Assemblea) e per porre veti invalicabili. Schifani non accetta che in quel ruolo possa andare Gianfranco Micciché, perché predilige le competenze; inoltre, non accetta che sia Forza Italia (o il coordinatore regionale del partito) a indicare un nome, che pure gli spetterebbe. Pretende che a farlo sia lui stesso. Anche se non è dato capire secondo quale criterio e/o valutazione. Se terrà fede a una giunta di “soli eletti” e dovesse propendere per una donna – come pare – l’unica in corsa sarebbe Margherita La Rocca Ruvolo, che ha un passato da presidente della commissione Salute (ma si è già tirata fuori). Altrimenti, a costo di smentire se stesso, dovrà pescare all’esterno.

Le ultime riflessioni sono orientate ad affidare un incarico “tecnico”, sempre a una donna. E se fosse proprio il gruppo San Donato di Alfano a fornirgli un suggerimento?  Mentre l’ipotesi – o meglio, l’azzardo – di puntare sull’usato sicuro, Ruggero Razza, sta perdendo quota. Troppo stretta la via che porterebbe al ritorno del delfino di Musumeci, col quale tuttavia esisterebbe una “clausola di salvaguardia” per consentire all’ex assessore alla Salute di entrare nel prossimo esecutivo. Magari con un altro ruolo. O per interposta persona: la moglie Elena Pagana, che è stata sonoramente bocciata nelle urne del collegio di Enna. Il pensatore Schifani ha ancora qualche giorno di tempo per mettere insieme i pezzi del puzzle. La Sicilia è senza governo da un mese e mezzo. Per il momento dovrà accontentarsi di un nuovo reparto di Cardiochirurgia infantile a Palermo. Non è poco.