Se ne ricorda benissimo Matteo Salvini. Mentre Giletti, in studio, gli legge la decisione di Luigi Patronaggio di dare il via libera alla Sea Watch per lo sbarco a Lampedusa (e il successivo trasferimento dei migranti al porto di Licata), lui non sta più nella pelle e ha bisogno di sbottare. “Questo procuratore è lo stesso che mi ha indagato per sequestro di persona, che è una pena che prevede fino a 15 anni di carcere. Io non cambio idea – ha detto Salvini – e siccome il ministro sono io prendo atto delle parole di questo procuratore e della possibilità di valutare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chiunque agevoli lo sbarco a terra di immigrati portati in Italia da un’organizzazione illegale e fuorilegge. Se questo procuratore vuole fare il Ministro dell’Interno si candidi alle elezioni e faccia il Ministro dell’Interno”. A nulla era servita la precisazione di Patronaggio: “La Guardia di Finanza di Palermo e la Guardia Costiera di Lampedusa hanno eseguito il sequestro probatorio per violazione dell’articolo 12 del testo unico sull’immigrazione ponendo il mezzo navale a disposizione di questa Procura che ne ha disposto, previo sbarco dei migranti, il trasferimento sotto scorta nel porto di Licata”. A nulla è servito, solo a riaprire lo scontro che si era consumato nello scorso agosto, quando Patronaggio fu il primo a salire a bordo della Diciotti ancorata da giorni al molo di Catania, con i migranti asserragliati a bordo. Fu lo stesso pm ad aprire un’indagine a carico di Matteo Salvini per sequestro di persona, indagine che finirà con la decisione del Senato di non concedere l’autorizzazione a procedere al Tribunale dei Ministri, che intanto aveva raccolto la palla dopo che gli atti di Patronaggio passarono da una procura all’altra.