Il parco archeologico chiamato desiderio diventerà il parco chiamato cimitero?

I SOLDI
“Money makes the world go round” cantavano Liza Minelli e Joel Grey in “Cabaret”, il film che valse a entrambi un Oscar. I soldi fanno girare il mondo. E anche i parchi archeologici, quello di Siracusa in particolare. Perché dopo una gestazione ventennale il parco di Siracusa “e dintorni”, istituito l’11 aprile nell’ambito di una infornata di 8 parchi dall’assessore alla cultura facente funzioni Nello Musumeci, darà la tanto reclamata autonomia finanziaria ai monumenti (e museo) siracusani, e questo è l’elemento che da tutti è stato salutato come ottimo, salutare, attesissimo. Il soldi che paga la gente per vedere il teatro greco o il museo Paolo Orsi resteranno a Siracusa e saranno reinvestiti in loco.

“Pensavi solo ai soldi, soldi” cantava Mahmood vincendo Sanremo. A parte i soldi infatti la normativa che istituisce il parco di Siracusa ha ottenuto il bingo delle critiche da tecnici (l’Associazione Nazionale Archeologi), imprese, politici di diverso orientamento, giornalisti di settore e “generalisti” che, con varietà di accenti e argomentazioni, hanno messo in luce una straordinaria compilation di criticità, sviste, aspetti giuridicamente equivoci, carenze di programmazione e organizzazione che rendono il neonato Parco Archeologico di Siracusa e dintorni più che un’anatra zoppa una sorta di anatra mutilata alla nascita.

L’AMMUCCHIATA
Si comincia dall’iter istitutivo che sembra viziato da una serie di ambiguità – che potrebbero rendere il provvedimento impugnabile non temerariamente dinanzi al giudice amministrativo – e da non poche illogicità. Innanzi tutto l’accorpamento. Il Parco di Siracusa che assieme a quello di Agrigento, è certamente il più importante dal punto di vista storico-monumentale è diventato una sorta di cooperativa in cui a carico anche economico (“soldi, soldi, soldi, tanti soldi, beati siano i soldi” cantava Betty Curtis sulle musiche del maestro Gorny Kramer) dei monumenti della Neapolis e del museo archeologico ci saranno anche il teatro greco di Palazzolo, il Monte Casale (Buscemi), la Villa del Tellaro ed Eloro (Noto), la villa Romana (Avola), Thapsos (Priolo) e Pantalica (Sortino).

Questo rassemblement di siti e comuni, che ha la sua origine nelle esigenze di risparmio, darà vita a un “Comitato tecnico scientifico”, l’organo di governo del Parco in cui ci saranno 4 tecnici (il soprintendente, due nominati dalla regione e uno dagli enti locali) e i 7 sindaci dei comuni interessati, dove uno vale uno, e quindi il sindaco di Buscemi quanto quello di Siracusa. Un comitato in cui gli amministratori dei siti “minori”, portatori di risorse sostanzialmente poco rilevanti, potranno essere maggioranza “politica”. Questa incongruenza è stata messa recentemente bene in luce da Marina de Michele sulla “Civetta di Minerva”.

IL PARERE MANCANTE
Ma, decretata “l’ammucchiata”, il provvedimento istitutivo del parco è comunque a posto? Anche su questo fronte non mancano le lacune e i dubbi. Come ha spiegato in una intervista la storica dell’arte e giornalista Silvia Mazza, il Parco di Siracusa appare privo del vincolante parere del Consiglio Regionale dei Beni Culturali (organo dalla recente vita ambigua e travagliatissima). Infatti nella “sedutona” del 30 gennaio scorso il Consiglio diede il via libera a tutti i parchi sospendendo il giudizio solo uno, quello di Siracusa. La situazione è stata confermata in una intervista dall’ex soprintendente Bice Basile ma soprattutto è stata affrontata dal sindaco aretuseo che all’inizio di marzo scrisse una lettera al compianto assessore Tusa.

“La creazione del Parco – affermava Italia – è stata decisa nelle scorse settimane dal Consiglio regionale dei beni culturali ma la sua istituzione (a differenza di altri siti siciliani) è stata sospesa per consentire di un’ulteriore istruttoria prima della firma finale”. Il sindaco chiedeva all’assessore di procedere in “tempi quanto mai celeri, definiti e prefissati, sicché, acquisito il parere prescritto, possa contestualmente emettere il decreto istitutivo”. Suggerendo, pure, “di intervenire con la nomina di figura autorevole di Commissario che possa coadiuvare il Consiglio regionale, o anche sostituirsi parzialmente o totalmente a tale Organo”.

Tusa purtroppo ha perso la vita nell’incidente aereo di Nairobi, non risultano altre riunioni del Consiglio né la nomina del commissario invocato da Italia. E’ legittima l’istituzione del parco senza il parere del Consiglio? La questione è aperta perché la decretazione regionale in materia, a valle della “legge-Granata” è stata abbastanza contraddittoria. La questione non è da azzeccagarbugli, ma riguarda il cuore del problema del parco siracusano: la perimetrazione.

LA PERIMETRAZIONE
“Money, get away”, “Money it’s a crime”. “Soldi andate via”, “I soldi sono un crimine” cantavano i Pink Floyd sul “Dark Side of the Moon”, e di soldi s’è sempre parlato (o meglio insinuato, sospettato, genericamente denunciato) relativamente alla perimetrazione del Parco, adombrando interessi speculativi di rapaci palazzinari in agguato.
E peraltro riguardava proprio la perimetrazione del parco la perplessità del Consiglio e la conseguente esigenza di approfondimento condivisa, pare, dallo stesso assessore Tusa e dalla ex Soprintendente di Siracusa Rosalba Panvini. Si tratta in effetti di un tema delicatissimo in una città che è sorta e cresciuta “sopra” i reperti archeologici, con un quartiere a 20 metri dall’anfiteatro romano, club sportivi a 100 metri dal palcoscenico del teatro greco e palazzine a 50 metri dalla sommità dei gradoni scavati nel colle Temenite. A Siracusa la città circonda e assedia i monumenti. Ma, quando si parla di parchi e speculazioni edilizie in città, la mente corre subito a Epipoli e all’armageddon dell’inchiesta sul “Sistema Siracusa” che ha travolto e messo in galera anche tutti i progetti di edificazione dei Frontino in quell’area.

Ma “i cementificatori”, al secolo gli imprenditori dell’Ance di Confindustria guidati da Massimo Riili, non rinunciano a dire la loro e indicano altre criticità proprio a proposito della perimetrazione. “Per proteggere il nostro prezioso patrimonio ereditato senza alcun merito – affermano in una nota – la città è stata inginocchiata con una serie di vincoli inutili e dannosi che paralizzano ampie porzioni urbane prive di qualsiasi pregio e bisognose di interventi urgenti. L’attuale perimetrazione e le relative norme di attuazione del Parco Archeologico, così come proposte, bloccano nelle zone più squalificate di Siracusa qualsiasi processo di reale rigenerazione urbana, che non è certamente riconducibile a banali interventi di manutenzione e ristrutturazione edilizia, gli unici consentiti, ma ad interventi più complessi di trasformazione urbanistica di aree degradate con azioni che puntano a migliorare contemporaneamente le condizioni sociali, economiche e ambientali”. E citano come esempio l’area di viale Ermocrate che certo è priva di qualsivoglia valore storico-artistico e che con la perimetrazione vigente è intangibile nel suo orrore nei secoli dei secoli, a presunta tutela dell’incolpevole teatro greco.

SE NEW YORK AVESSE UN VULCANO…
Tuttavia non di sola perimetrazione soffre il neonato parco. Un politico attento e di lungo corso come Marika Cirone Di Marco punta il dito contro la assoluta insufficienza della struttura organizzativa messa in campo. “Le due unità operative previste per garantire la funzionalità del Parco sono assolutamente insufficienti. Lo sono, sia rispetto alla vastità e complessità del territorio incluso da Neapolis a Casmene, sia rispetto alla gestione dei siti dipendenti (Museo Paolo Orsi, Tapsos, Pantalica, Akrai, Museo di Palazzolo Acreide). Tale rimodulazione non si giustifica neanche nel confronto con altri Parchi, quando il Parco Archeologico di Catania prevede quattro unità operative , il Parco Archeologico di Morgantina e Villa del Casale tre 3, il Parco “modello “della Valle dei Templi cinque 5. Se al Parco di Siracusa viene affidata la funzione di locomotiva per il migliore efficientamento degli introiti e la loro sperabile implementazione, come si può giustificare la previsione di una struttura organizzativa così gracile e affastellata di compiti e funzioni?”

E’ noto che per Musumeci se New York avesse un vulcano sarebbe una piccola Catania, ma dare al parco “monstre” di Siracusa e dintorni (col più grande e importante museo archeologico della Magna Grecia) le stesse unità operative di Kamarina, come rileva anche la Mazza, appare oggettivamente una sottovalutazione e una pessima premessa per la vita del Parco.

LA CONDANNA DEGLI ARCHEOLOGI
In conclusione di questo cahiers de doléances ricordiamo l’Associazione Nazionale Archeologi che in un documento, dopo aver rivendicato un ruolo pregnante per gli esperti di archeologia nella gestione dei neo-istituiti organismi, lancia un’aspra accusa alla politica: “I Parchi Archeologici costituiscono in linea di principio una buona possibilità di sviluppo sul territorio di poli di crescita culturale attraverso l’applicazione di best practices della gestione e valorizzazione dei beni culturali: ci auguriamo che questa possibilità di implementazione del settore, che oggi la Sicilia ha più di altre regioni, non vada sprecata per colpa di scorrette forme di protagonismo politico”.

DESIDERIO E CIMITERO
Parafrasando Tennessee Williams e il suo celebre “A Streetcar Named Desire”, speriamo che “un parco chiamato desiderio” non si trasformi un “un parco chiamato cimitero”, sotterrando sotto una montagna di cause, lottizzazioni, clientele e inadeguatezze il grande sogno della valorizzazione dell’immenso patrimonio archeologico siracusano.

(dal blog Strummerleaks)