Il reddito di cittadinanza, per la sola Sicilia (che viaggia a un tasso disoccupazione record del 21%) richiederebbe due miliardi di coperture finanziarie. Dove si trovano questi soldi? Dubita che ci siano l’assessore all’Economia della Regione, Gaetano Armao, dubitano i sindacati tutti. Che vedono nelle proposte assistenzialiste del Movimento 5 Stelle una trovata pubblicitaria o propagandistica. E nulla più.

Idem per la proposta di bloccare gli sbarchi avanzata dal neo ministro dell’Interno. La materia non è questione solo italica. Salvini pensa di ricontrattare la posizione del Paese ai tavoli europei, di imporre una politica dell’immigrazione diversa e di non votare il nuovo regolamento di Dublino, che ci porterebbe ad assumere una posizione isolazionista. Ma vallo a spiegare all’Europa. All’Europa che ti guarda con sospetto, all’Europa che “gli italiani devono votare seguendo i mercati”. Sarà una lotta impari, almeno all’inizio, in cui i pugni battuti sul tavolo rischiano di fare più danni che altro. Perché la Merkel e Macron sanno di avere un peso specifico maggiore. Checché ne dica Salvini.

E’ una questione di fattibilità, ma anche di tempistiche. Chi lo dice a Di Maio e Fico che la legge per l’abolizione dei vitalizi degli ex parlamentari venga approvata in qualche settimana? Come per l’approvazione di qualunque legge ordinaria, il testo deve passare al varco delle commissioni e dell’Aula. In un continuo rimbalzo che potrebbe comportare la perdita di un bel po’ di tempo. Ma è il gusto della democrazia, che niente potrà cancellare: nemmeno il populismo più spinto o la “pancia” del Paese più sfrenata. E poi ancora la questione referendaria: servirebbe la bacchetta magica per introdurre una nuova forma di consultazione popolare, che non si limiti ad abrogare una legge (servono 500mila firme solo per la proposta) ma che progetti di istituirne una. Fra l’altro senza quorum.

E poi c’è la politica. Ricordando che Lega e Cinque Stelle sono due forze antagoniste (una di esse è al governo per la prima volta), bisognerà vagliare per bene ogni provvedimento, onde evitare spaccature e scontentare qualcuno. Sarà pur vero che avranno abbandonato il Manuale Cencelli, ma ciascuno tiene alla responsabilità che si porta sul groppone, ad apparire più bello, a soddisfare prima dell’altro le esigenze di chi ti ha votato e vorrebbe tornare a farlo. Quindi gli equilibri saranno sottilissimi.

In mezzo ai due schieramenti c’è anche un premier, Giuseppe Conte, scelto dai 5 Stelle e voluto da entrambi, che in qualcosa dovrà pur mettere il becco per non passare alla storia come una marionetta. E poi c’è il presidente della Repubblica, che dopo la prova di forza su Savona, non potrà concedere un “lasciapassare” per tutte le stagioni. Il lavoro e l’immigrazione sono due temi su cui Mattarella si è dimostrato molto sensibile, perché rappresentano a pieno titolo ciò che l’Italia è (purtroppo) e ciò che vorrebbe diventare da grande. E infine c’è il resto del Parlamento, che pur non avendo la forza dei numeri dalla propria parte, cercherà il dibattito più strenuo per riprendersi una parte dell’elettorato e affermare la forza della moderazione e della ragionevolezza rispetto a quella delle spinte populiste e delle fughe in avanti.

Ecco perché il compito di Salvini e Di Maio sarà più difficile di come – in questa fase – vogliano far credere. Il “tranquilli, ci pensiamo noi” è una disciplina che rischia di portare alla rovina. E di deludere un popolo che non lo merita. Per fare ciò che dicono i due vice-premier, serviranno, magari, qualche giorno in più di quello che si sono dati o una risorsa in più di quelle presenti nel Bilancio dello Stato. Capirlo sarebbe un primo passo e quanto mai opportuno.