Che ne avrebbe detto l’inclito Ugo di Zacinto di queste elezioni catanesi?

Forse avrebbe sbadigliato pensando che a poco sarebbe servito spronare il destriero con “spirto guerrier” per entusiasmare le masse al grido di “o Katane o morte!”. Eppure, in questo agone elettorale, dove Nello Musumeci c’è ma non si vede, lo Sturm und Drang del poeta politico inurbato dalla Grecia, al secolo Foscolo Ugo, avrebbe fatto la differenza.

In prima fila, alle visite dei neoregnanti Salvini e Dimaio – sul fronte opposto si attende ancora la costruzione di un leader dopo la defenestrazione di Renzi – avrebbe chiesto, con il suo fare antico: “O Italiani, io vi esorto alle storie, perché angusta è l’arena degli oratori”.

Cinque candidi candidati per una città sbiancata attendono il responso dell’urna. E nel cicaleccio dei sondaggi ognuno espone la palma del vincitore. Ma l’urna, si sa, è a volte cineraria e polverizza sicumere e iattanze sul fatuo volere degli elettori.

Ognuno ha un suo motto, fatto per sorprendere, fatto per ammaliare, fatto per colpire la legittima speranza dei civici etnei nella giostra delle aspettative.

“Che la città migliori in sicurezza”, lanciano fermi Matteo Salvini e Salvo Pogliese, che ha almeno un programma partecipato dalle trentadue migliori teste pensanti nel bacino intellettuale e imprenditoriale della città.

Enzo Bianco, che al suo fianco non può presentare nessuna personalità nazionale in soccorso, come neanche il simbolo di un partito che fu, se la cava in dieci punti raccontati con la solita umiltà in “Programma +10”. Qualcuno, maliziosamente, ha fatto notare che quel dieci vale già cinque, avendo egli già governato la città per una sindacatura fatta di cinque lunghissimi anni.

Per non essere da meno, il pentastellato Giovanni Grasso, che porta il nome del grande attore ottocentesco siciliano studiato ancora oggi alla Actor’s Studio di New York, passa dalle cinque stelle ai dieci punti di un programma menu, dove una breve ricetta è declinata per dieci settori di intervento. Al cuoco, naturalmente, l’ardua cottura. E lo Chef de rang non è mancato con la visita a supporto che il neo Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Luigi Di Maio ha fatto a Catania. L’Etat sommes nous, ha dichiarato il neo Ministro del Lavoro, incurante del fatto che l’autore della frase, tale Louis XIV, aveva instaurato semanticamente in essa la monarchia assoluta concessa per volere divino.

Più in alto si butta invece Emiliano Abramo, forte della biblicità del suo nome, fissando in quindici tavole i comandamenti del programma: alla decima tavola una grande verità, incontrovertibile “CATANIA città tra MARE ed ETNA”.

Infine, il candidato sindaco Riccardo Pellegrino, che stila un programma di Stato più che un programma della città con ambizioni legislative che varrebbero un premio Pulitzer. Specie quando afferma senza tema di essere smentito dalle previsioni metereologiche, per la gioia di tutti i catanesi che aspettavano solo il viatico messianico: “Mare tutto l’anno. Lidi aperti tutto l’anno…”.