Figuccia, cos’è successo lunedì pomeriggio in aula? Perché sei “disertori”, tra cui Lei, avete fatto mancare il numero legale?

“Io parlo a nome di Vincenzo Figuccia e di nessun altro. Parlo dell’azione che porto avanti da uomo libero, che si è dimesso da assessore, che non è ricattabile e dice quello che pensa. Lunedì mattina, con una sessione di Bilancio alle porte, c’è stata una riunione di maggioranza con tutti i deputati, che così non si teneva da circa un anno. Avrebbero dovuto esserci tutti i parlamentari della coalizione…”.

E invece?

“Molti non sono venuti, lasciando trasparire qualche mal di pancia che forse aveva anche persino qualcuno dei presenti”.

Perché la questione, al di là della mancata approvazione e del rinvio della legge sui debiti fuori bilancio (un rosso da 21 milioni di euro che pende sulla testa della Regione) è tutta politica. E rivela che, a oltre un anno dall’insediamento del governo Musumeci, i numeri restano precari. Su 70 deputati, “solo” 36 fanno parte della maggioranza che sostiene l’azione dell’esecutivo. E se i mal di pancia si moltiplicassero, sarebbe d’obbligo il piano-B: aprire le porte all’opposizione. Un tentativo, secondo Figuccia, che è già in atto. Per questo il deputato dell’Udc ha preferito togliersi d’impiccio e abbandonare Sala d’Ercole. Non solo lunedì, ma anche nel pomeriggio di ieri, quando a far mancare il numero legale sono stati quelli dell’opposizione.

Cosa le dà fastidio?

“In quella riunione che le dicevo, sono stati offerti spunti, diciamo così, che non provenivano dal governo. Probabilmente sono stati messi sul piatto da qualcuno che auspica l’allargamento della maggioranza ad altri pezzi del Parlamento”.

Non è logico che si inviti anche l’opposizione a votare i provvedimenti?

“A me non interessa chi vota i provvedimenti in aula, anzi mi auguro che passino tutti all’unanimità. Ma purché siano provvedimenti del governo”.

Non è così?

“Questo governo è stato votato non perché c’era un candidato simpatico, ma per un programma. E io pretendo che sia quel programma ad andare avanti. Pescando nelle acque torbide dell’opposizione rischiamo di snaturare la nostra proposta, affidandoci alle proposte degli altri. Il tema è: se dobbiamo sacrificare il programma del governo sul piatto di un accordo tra Forza Italia e Pd, lo stesso che ha visto Micciché partecipare alla kermesse del Partito Democratico, io francamente non ci sto. Non perché il Pd mi stia antipatico, ma perché quel partito ha un programma che non è il nostro”.

Si tratta di sensazioni o ci sono degli esempi concreti che può fornirci?

“Da mesi si parla di insularità. Con una modifica all’articolo 38 dello Statuto, potremmo introdurre una fiscalità vantaggiosa, le zone economiche speciali, colmare il gap tra la Sicilia e le altre regioni che è determinato dalla nostra collocazione geografica. Perché non si fa l’insularità? Forse perché prima dobbiamo completare la riforma sui Forestali che ha fatto Cracolici (Pd)? Bisogna rimanere nel recinto programmatico delle idee e delle proposte del centrodestra. Qui gli esempi si sprecano…”.

Ci dica pure…

“Perché non si procede alla chiusura dell’Esa, garantendo il rilancio dello sviluppo agricolo del territorio e l’istituzione della banca della terra? Perché non si procede all’accorpamento degli Iacp (gli istituti autonomi case popolari) nell’ottica di una razionalizzazione della spesa e di una riqualificazione degli immobili di chi vi abita? Forse perché, lasciando così le cose, è possibile spartire incarichi e accontentare tutti… E ancora: perché non si applicano alcune leggi approvate dal Parlamento, a partire dal transito degli ex Pip alla Resais? Per caso, perché vogliamo rimanere legati ai veti dell’ex governo Crocetta? E infine: perché non si sostiene il sistema della piccola e media impresa, garantendo quei settori strategici per lo sviluppo a partire dal turismo? Forse, mi chiedo, perché dobbiamo prima approvare la riforma del turismo proposta dall’ex assessore Barbagallo?”.

Dalle sue domande sembra quasi che si voglia portare avanti il programma del governo Crocetta…

“Basta guardare la geografia politico-istituzionale del Parlamento per scoprire che i confini fra maggioranza e opposizione diventano sempre più confusi. Il programma di Musumeci è minato da spinte sinistroidi che coinvolgono parti di Forza Italia, a partire dal suo coordinatore regionale che nel doppio ruolo – incompatibile – di presidente dell’Ars, trascina questa maggioranza verso una sinistra che nulla ha a che fare con questo governo. E soprattutto verso i programmi della sinistra che sono stati bocciati dai siciliani”.

Miccichè è un suo vecchio rivale. A poche settimane dall’insediamento vi scontravate sul tema degli stipendi d’oro ai dirigenti…

“Lui dovrebbe essere il raccordo tra la funzione esecutiva, rappresentata dal governo e la funzione legislativa, rappresentata dall’assemblea. Ma se gli assessori vanno in una direzione e i deputati, nelle commissioni, si muovono in senso opposto, non credo sia soltanto per mancanza di volontà. Bensì per assenza di comunicazione”.

Micciché non è bravo a fare da collante?

“Dovrebbe avere il polso di ciò che accade nei gruppi parlamentari, e attraverso le conferenze dei capigruppo, che lui stesso ha il compito di convocare, dovrebbe percepire gli umori dell’aula ed eventualmente creare un filo con il governo. Micciché non riesce a farlo, e comprendo anche il motivo, perché è coordinatore regionale di un partito della maggioranza: deve accontentare i suoi uomini e non sempre ci riesce, deve fare delle scelte politiche che spesso lo portano a litigare anche con Salvini. Ecco, a livello istituzionale, è una cosa che non ci sta: il parlamento regionale dovrebbe avere a cuore i rapporti col governo nazionale che ci fornisce risorse per le province, per infrastrutture e viabilità, per garantire servizi essenziali di assistenza. E noi invece continuiamo a provare incidente diplomatico su incidente, dando addirittura dello stronzo al vicepremier. A questo punto meglio cambiare regista”.

E’ un buon momento per l’Udc?

“In provincia di Palermo non abbiamo sbagliato un colpo. In generale, da Palermo e Trento, dal profondo Sud all’estremo Nord, abbiamo fatto buoni risultati. Sta emergendo il modello di un partito vincente, orientato a valori come la solidarietà, la giustizia sociale… Anche alle ultime Amministrative è andata di lusso: a Partinico esprimiamo il presidente del Consiglio e un assessore, e abbiamo preso più di Forza Italia che non ha superato la soglia di sbarramento del 5%. I siciliani hanno bisogno di un messaggio chiaro e leale, ispirato ai temi della sensibilità e della vicinanza nei confronti degli ultimi. E’ quello che sto provando a fare a Palermo in accordo con il coordinatore nazionale Lorenzo Cesa. Mi preoccupano un po’ i compagni di viaggio, a cominciare da Forza Italia”.

I compagni di viaggio sono gli stessi con cui avete idea di creare un listone unico per le Europee… Non è complicato ripartire da queste incertezze?

“Cesa ha un rapporto storico con Antonio Tajani, che è un uomo di alto profilo. Nelle prossime settimane chiariremo la nostra posizione riguardo alle liste per le Europee. Le scelte non possono essere compiute da un singolo, ma devono essere condivise. Ma oltre all’Udc c’è anche il mio movimento, Cambiamo la Sicilia, che sta cercando di strutturarsi in altre regioni d’Italia, dove si propone di avere interlocutori credibili anche tra i conservatori”.

Da questa gamba del centrodestra sarebbe esclusa la Lega. Che, fino a poco tempo fa, diceva di apprezzare. E’ cambiato qualcosa nel frattempo?

“Non è cambiato nulla. Apprezzo molto Salvini e il lavoro che ha fatto in molte regioni del Nord, dal Triveneto ai distretti produttivi. Ma ho come l’impressione che quel modello non sia applicabile in Sicilia. La Sicilia ha bisogno di una nuova classe dirigente, che si organizzi nel centrodestra, con leader siciliani, con un linguaggio siciliano, con chi conosce il tessuto economico e le mille problematiche di questa Buttanissima Sicilia, che è fatta di fragilità e dolori, ma anche di speranza e di gente che vuole continuare a crederci. Più che la Lega, serva una lega del sud. Soltanto i veneti potevano rilanciare il Veneto e solo i siciliani possono rilanciare la Sicilia”.