E’ trascorso circa un anno dall’insediamento di Nello Musumeci al governo regionale siciliano ed è già tempo dei primi bilanci. Un anno durante il quale è mutato completamente il quadro politico nazionale e delle relazioni istituzionali tra la Sicilia e Roma mentre soltanto fra qualche mese, c’è da scommetterci, muterà profondamente anche il quadro politico europeo con le prossime elezioni di primavera.

Si tratterà di un momento decisivo per la valutazione del governo giallo verde nazionale ma anche per comprendere lo scenario generale all’interno del quale i Siciliani, guidati oggi dall’unico “pizzo” che gli piace, potranno muoversi fino alla prossima scadenza.

Musumeci non sembra interessato a tutto ciò. Ha già detto e ripetuto che non sarà ricandidato che non intende essere rieletto presidente. E per questo ha orientato la propria comunicazione pubblica verso un silenzio quasi totale che però rischia, in occasione delle prossime scadenze elettorali, di avere un effetto tombale proprio per la maggioranza stentata che lo accompagna in una avventura per nulla semplice e piena di trappole.

È certo che la Sicilia aveva bisogno di disintossicarsi anche dalla comunicazione che aveva condotto Crocetta: una comunicazione pubblica tutta starnazzante sempre improntata al sensazionalismo legalitario di facciata che poi è finito come è finito anche sotto la scure dell’inchiesta Montante. Ma tra le urla scomposte di Rosario Crocetta ospite nel salotto di Giletti ed il silenzio francescano di Nello Musumeci improntato all’”ora et labora” ci deve essere una soluzione di mezzo irrinunciabile, se non per il governo, proprio per l’elettorato di tutti i colori politici.

Allora sarebbe il caso di darsi una mossa proprio in una fase storica nella quale fuori dalla Sicilia, nell’Italia di Salvini e Di Maio come negli USA di Trump, si è passati dalla stagione della comunicazione politica istituzionale a quella della politica della comunicazione. Una stagione in cui si chiudono i porti con un tweet (almeno così sembra).

Il silenzio non paga, almeno non paga dopo un anno di governo a maggior ragione se in quel governo si sta provando a realizzare qualcosa che possa davvero risollevare le sorti della Sicilia.

Ed ecco che Musumeci sollecitato probabilmente anche dal tempo che scorre impietoso vuole adesso ricostituire l’ufficio stampa della regione. Una legge di iniziativa governativa ha sancito l’obiettivo del concorso pubblico rivolto a 20 giornalisti superando di fatto il blocco delle assunzioni. Ma quel concorso è di fatto bloccato o il suo percorso irto di ostacoli: troppo esigua la dotazione finanziaria (600 mila euro), troppo complicata la strada che porterebbe ad assumere giornalisti con un contratto da dipendenti regionali.

Ma il rapporto con il mondo dell’informazione era già all’ordine del giorno a luglio scorso quando Musumeci insieme ai suoi collaboratori più fidati ed al Segretario generale della Regione aveva incontrato i vertici dell’Ordine dei Giornalisti. Doveva essere insediato a settembre un tavolo tecnico per mettere ordine al tema degli uffici stampa in Sicilia. Non se ne è più avuta notizia mentre il portavoce del Presidente funge anche da addetto stampa e negli assessorati qualche comunicato viene inviato ai media direttamente dagli assessori quando questi non hanno nello staff giornalisti sotto le mentite spoglie di gabinettisti.

C’è però il sito web della Regione che risponde ai bisogni di comunicazione istituzionale. Sbagliato: si tratta di uno strumento obsoleto, poco trasparente e poco accessibile, non adatto alla consultazione attraverso dispositivi mobili. Rinnovare e ristrutturare questo dispositivo è compito di Sicilia digitale (l’ex Sicilia e servizi) che sembra però lavorare, anche questa in silenzio, su non si sa bene quali progetti capaci di infrastrutturale la Sicilia sul piano digitale grazie ai fondi disponibili alla Programmazione.

Non fa nulla, pazienza, esistono pur sempre i social network. È chiaro ormai come li usano bene quelli del governo nazionale ed i sondaggi sembrano premiarli. Ma anche qui purtroppo la Sicilia resta indietro: non sono rilevati o rilevanti canali istituzionali ufficiali. I canali utilizzati sono soltanto quelli personali del Presidente e degli assessori, se si fa eccezione per la recentissima iniziativa dell’assessorato alla salute guidato da Razza che ha disposto il riuso di un canale istituzionale utilizzato dalle precedenti amministrazioni (costruiresalute).

Ad agosto inoltre era stato costituito un Comitato di coordinamento per l’informazione e la comunicazione istituzionale della Regione siciliana con la missione di gestire anche la comunicazione dei programmi di finanziamento europei. Un comitato guidato dal Presidente e costituito da diversi dirigenti regionali. Alla delibera di giunta aveva fatto seguito un decreto presidenziale. Il comitato non sembra essersi mai riunito ma nel frattempo sono stati pubblicati dei bandi per l’informazione e la comunicazione del Po Fesr che non sono però passati al vaglio del Comitato e che rischiano, non per questa ragione, di cadere in caso di ricorso dei potenziali concorrenti.

Insomma, la strada è lunga, complicata dalla burocrazia e dalla carenza di risorse finanziarie. Ma il bisogno di comunicazione incombe per fronteggiare le prossime scadenze elettorali e perché Musumeci possa trovare consenso tra la gente prima ed in Ars, con una più ampia maggioranza, dopo.

Ci vuole più coraggio però. Come era sembrato accadere da maggio a settembre scorsi quando la Presidenza si è avvalsa dell’apporto di risorse esterne all’amministrazione per avviare quello che sembrava un percorso virtuoso (operatore video, esperti e social media manager ) e che invece si é dimostrato un fatto del tutto episodico.
Forse l’affidamento da 40 mila euro alla società Tempo Reale avrà fatto storcere il naso a qualcuno?
C’è da chiedersi perché è poi cessata l’esigenza di avvalersi di quel supporto alla comunicazione e perché l’esigenza era nata originariamente per un periodo così limitato.

Ci si chiede anche perché il Presidente non si avvalga di un esperto in materia di comunicazione. Magari di qualcuno che sia anche in grado di dare un contributo sul fronte della valutazione degli investimenti sull’innovazione digitale di cui ha ampia disponibilità di risorse il vice presidente della regione nel rispetto del proprio mandato.

Musumeci abbia insomma adesso il coraggio di investire risorse sulla comunicazione: assuma delle decisioni ed abbia la forza di non tornare indietro senza un motivo pubblico.

Nel passato recente il diritto dovere della comunicazione pubblica è diventato tabù, campo minato perché proprio dietro la comunicazione si sono scoperte troppo spesso ruberie e decisioni ipocrite. Soldi mal spesi.
Oggi invece l’informazione istituzionale é una necessità non più trascurabile soprattutto per i cittadini sempre più confusi e traditi da politici in carica che sembrano soltanto dei comunicatori che hanno dimenticato le ragioni vere del proprio mandato.