Ci siamo quasi. Sabato Palermo e la sua Chiesa accoglieranno Papa Francesco. Per una lunga giornata che si snoderà tra il Foro Italico, Brancaccio, la missione di Biagio Conte e il centro. E non in una data qualsiasi. Come in questi giorni ha ricordato Corrado Lorefice, il parroco che Bergoglio ha voluto arcivescovo nel capoluogo siciliano. Il 15 settembre, infatti, ricorreranno i 25 anni dalla morte (e gli 81 dalla nascita) di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia a causa del suo impegno con i bambini e i bisognosi del quartiere Brancaccio. “Vorrei ringraziare il Santo Padre – ha detto ‘don Corrado’ presentando la visita del Pontefice – per aver scelto proprio questa data, e soprattutto per il suo venire come pellegrino sulla tomba di un martire. È chiaro che Francesco vuole una Chiesa capace di testimoniare, con quel sorriso tipico di don Pino Puglisi, una Chiesa che è capace addirittura di annunciare il Vangelo senza timore di effondere il sangue”.

Ma quale Chiesa troverà il Papa a Palermo? E come si declina oggi quell’annuncio del Vangelo “senza timore” che fu di Padre Puglisi? Lorefice individua temi che gli sono cari caro quando dice che Bergoglio “ci viene ad incoraggiare perché anche la Chiesa siciliana sia una chiesa capace di osare nella gioia un annunzio missionario del Vangelo perché l’amore di Dio raggiunga tutti. Ci ricorda anche che siamo tutti fratelli, ci indica la vita della solidarietà, della giustizia e della condivisione. Oggi il mondo ha bisogno di cristiani audaci nella testimonianza”.

E proprio testimoniando con “audacia” quei valori, il prelato solo qualche settimana fa è finito nelle mire di Matteo Salvini, che lo ha additato sui social dopo l’omelia pro-accoglienza dei migranti pronunciata dall’arcivescovo per il Festino di Santa Rosalia. Con un tweet il ministro dell’Interno che fece campagna elettorale con Vangelo e rosario in mano rispose per le rime al vescovo. E c’è da credere che nelle pie parrocchie palermitane, mobilitate in massa per l’arrivo del Papa argentino, in tanti si siano schierati almeno idealmente in quella circostanza, dalla parte del politico populista, se sono veri i sondaggi recenti che raccontano come una percentuale maggioritaria di cattolici oggi guardi con simpatia a Salvini.

È una sorta di scisma silenzioso quello che secondo queste rilevazioni si consumerebbe tra i fedeli, che forse sorvolando su alcune decine di versetti del Nuovo e dell’Antico Testamento, si sono fatti sedurre dall’ondata populista sul tema. Bellamente infischiandosene dei richiami, copiosi e univoci, dei vescovi siciliani. Che hanno parlato eccome in queste settimane, assumendo posizioni molto nette sul tema immigrazione, dallo stesso Lorefice a monsignor Mogavero, dal cardinale Montenegro di Agrigento al vescovo di Noto Staglianò. Anatemi che forse non fanno presa in un bel pezzo di cattolicesimo. E ci sarà anche quello sabato a battere le mani al Papa. Non ci saranno, invece, quegli ultrà del cattolicesimo conservatore che proprio a Palermo hanno consumato il mini-scisma di Romagnolo, appresso a don Minutella, alfiere di quei cattolici ultraconservatori che guardano al Papa gesuita come a un eretico o giù di lì. Ma quella è un’altra storia.

Questi saranno piuttosto i giorni dell’unità. In cui la Chiesa, vista anche la ricorrenza di Padre Puglisi, tornerà a parlare di mafia. Solo qualche mese fa i vescovi siciliani scrissero una lettera, diffusa a venticinque anni dall’appello di Giovanni Paolo II ad Agrigento, per ribadire che “la mafia continua a esistere e a ordire le sue trame mortali“. I vescovi della Conferenza episcopale siciliana ribadirono in quel documento che “la mafia è peccato”, “la mafia è incompatibile con il Vangelo”, ricordando che quando Giovanni Paolo II chiese loro di convertirsi i boss risposero con gli attentati del luglio 1993. Concetti che saranno rispolverati in settimana, proprio nei giorni in cui si chiude ad Agrigento il processo di canonizzazione di Rosario Livatino, il giudice ragazzino ammazzato dalla mafia e morto in odore di santità.

E allora si parlerà di chiesa e mafia ma probabilmente ancora di più di chiesa e accoglienza. Con la missione di Biagio Conte come ideale epicentro della visita di Francesco. Laica, accogliente, universale. Aperta a tutti gli ultimi, indigeni e migranti, molti di altre religioni. Lì il Papa consumerà il suo pasto. Lì Palermo racconterà la sua faccia migliore. E nascosta.