Segretario nella notte. Davide Faraone si prende il Pd senza passare dalle primarie. Lo ha deciso la commissione regionale per il congresso, presieduta dal segretario uscente Filippo Raciti, al termine di un incontro avvenuto a Palermo e all’indomani del ritiro di Teresa Piccione dalla competizione. Cancellate – per mancanza di avversari – le primarie in programma domenica 16. Resta da stabilire la composizione dell’assemblea regionale del partito, che dovrebbe essere composta da 300 persone, di cui 180 scelte nei gazebo (accanto al nome di ognuno dei due candidati, comparivano tre liste collegate). Faraone, senatore in carica ed ex sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, è il nuovo segretario regionale del Partito Democratico. Se tutte le tessere del puzzle si incastreranno, il suo vice sarà Antonio Rubino, massimo esponente dei partigiani “dem”, la frangia interna al Pd nata in occasione delle ultime elezioni Politiche, in aperta contestazione proprio con i renziani.

Ma quella che si è aperta stanotte è la nuova epoca di un partito monco, che nel giro di poche ore ha smarrito la principale (e l’unica) competitor di Faraone e con lei una buona fetta della vecchia classe dirigente, più identitaria e di sinistra, che si è scagliata con forza, sin dalle prime ore della battaglia congressuale, contro la scelta di Faraone di voler costruire un contenitore aperto ad altre forza moderate e contro i populismi. Il passo indietro della Piccione, esponente dell’area Zingaretti e di Areadem, è arrivato mercoledì mattina, dopo aver appreso dalla commissione nazionale di garanzia che le primarie non avrebbero subito alcuno slittamento. La Piccione non ha mai digerito il rinvio dei congressi nei circoli e nelle federazioni provinciali, né il fatto che la competizione di domenica – e qui si tratta di un sinistro presagio – potesse essere “intaccata” dalla partecipazione di esponenti di altri partiti: su tutti, Sicilia Futura di Totò Cardinale e Forza Italia di Gianfranco Micciché.

Ai commenti più o meno adirati (ma fin qui misurati) dei compagni della Piccione, non ha fatto seguito alcuna dichiarazione da parte di Faraone che, però, in virtù della recentissima proclamazione, tornerà a esprimersi nelle prossime ore. Nella tarda serata di mercoledì, in seguito al ritiro della Piccione, si erano fatti sentire con una nota i sei esponenti renziani all’Ars – da Luca Sammartino a Nello Dipasquale, passando per Luisa Lantieri – che avevano definito l’ex deputata alla Camera un’avvelenatrice di pozzi.

In Sicilia resta vivo il regno di Matteo Renzi, che invece a livello nazionale (a causa del ritiro di Marco Minniti dalla corsa) cerca ancora il cavallo giusto per la segreteria (Martina?). Ma è proprio nell’Isola che si staglia il malumore di un partito incapace di dialogare e giungere a compromessi. Se è vero che la presentazione di una candidatura unitaria – così come disse Faraone nel preambolo della “battaglia” – sarebbe stato come decidere il congresso a tavolino, è altrettanto vero che ricomporre i cocci fra gli “innovatori” e i “padroni delle tessere” (usando un lessico caro al nuovo segretario) sarà una sfida ardua e quasi impossibile.

PICCIONE: “FARAONE E’ IL SEGRETARIO DI SE STESSO”
“È successo quello che Faraone diceva di non volere. Alla fine è segretario di se stesso, senza il voto degli iscritti, senza possibilità di dibattere. Un fatto grave: non un problema regolamentare, ma di rispetto. Faraone è un segretario legittimato da nulla”. Lo ha detto Teresa Piccione, ex rivale di Faraone per le primarie, nel corso di una conferenza stampa tenuta a Catania con altri esponenti del suo partito, fra i quali il commissario provinciale Enzo Napoli. Sull’eventualità di portare il congresso in tribunale, ricorrendo al Tar, la Piccione ha glissato: “Vedremo”.