Qui la fantapolitica non c’entra. L’apertura di Cracolici, e del Pd, all’acerrimo rivale di sempre, Gianfranco Micciché, è una cosa seria. E’ un modo per non finire isolati, per non restare a guardare in un panorama sempre fluido, dove un’alleanza impensabile fino a poco tempo fa, quella fra grillini e democratici, si è materializzata al governo del Paese. E quindi, perché no? D’altronde lo stesso Micciché, nei mesi scorsi, aveva tentato un’apertura a “sinistra” per respingere gli assalti populisti di Salvini: “Io ho voluto segnare un elemento di attenzione in un sistema politico che si muove – spiega Cracolici, deputato regionale del Partito Democratico – E vorrei che il Pd non se ne stesse sugli spalti a guardare, ma avesse un ruolo e giocasse da protagonista. Come in parte stiamo facendo a livello nazionale, nel tentativo di ancorare i Cinque Stelle a una prospettiva di alleanza strategica”.

Cracolici ha invitato il centrosinistra a valorizzare il malumore politico di Micciché, non solo nei confronti di Salvini ma anche di Berlusconi che fatica a staccarsene. Riaprendo un dibattito che sembrava essersi esaurito in primavera, alle Amministrative, in cui pezzi di Pd (a trazione renziana) e di Forza Italia avevano giocato assieme alcune partite (come a Gela). “Io parto da una considerazione – spiega l’ex assessore all’Agricoltura -. Da un lato c’è un sistema politico che sta provando a ri-bipolarizzarsi, dall’altro c’è il consolidamento, la crescita di una destra ideologica e post-fascista, nostalgica di quella storia. Se ci sono pezzi del centrodestra che prendono le distanze da “questa” destra, è un tema che va colto. Poi vedremo le forme e le modalità”.

E’ anche un invito a Miccichè di venire con voi?

“Non posso dire a Miccichè cosa fare, ma prendo atto che c’è una divaricazione sempre più evidente tra Miccichè e la prospettiva a cui guarda il centrodestra, compreso Berlusconi che tende a non sganciarsi da Salvini. Non possiamo far finta che non stia succedendo nulla”.

Non sarebbe più comodo, da parte vostra, insistere su un’alleanza col Movimento 5 Stelle, come sta accadendo in Umbria?

“In politica mai nulla è definitivo. Un dato è certo: che in Sicilia, negli ultimi anni, il sistema politico è stato sottoposto a una condizione di instabilità permanente. Nessuno, in uno schema tripartitico, è in grado di farcela da solo. Il presidente della Regione viene eletto da minoranza del corpo elettorale… Se vogliamo ridare forza, credibilità e rappresentatività al sistema politico dobbiamo poter rappresentare un’ampia maggioranza della società siciliana. La prospettiva su cui lavorare è un campo largo”.

Qualcuno sospetta che il suo tentativo di “abbordare” pezzi di Forza Italia sia fatto in funzione anti-Renzi. Non è un mistero che molti forzisti guardano con interesse a Italia Viva.

“Io non mi pongo il tema di cosa fa Renzi. Considero la scissione un grave errore e un ulteriore atto di presunzione politica. Non c’è dubbio che Renzi rappresenti una delle personalità politiche più brillanti del nostro Paese, ma ha un ego smisurato e non riesce a guardare al di là del proprio naso. Pensa che sarà celebrato come il nuovo principe della politica italiana. Il più grande limite di Renzi è Renzi stesso e il partito che sta promuovendo pagherà il prezzo di essere il suo”.

Nel fine settimana si celebra la Leopolda. Molti esponenti siciliani del Pd attendono questo momento per decidere se aderire o meno alla nuova creatura dell’ex premier.

“In parte sono renziani che aspettano di capire se questa storia avrà un futuro. I sondaggi dicono che Italia Viva non sta sfondando. Non ha creato chissà quale attrattività nell’opinione pubblica. Il tatticismo è una caratteristica del ceto politico, ma credo che l’operazione di Renzi non sia affatto nuova. Anzi, si riferisce ad alcune categorie – come quella di “centro” – che guardano più al passato che non al futuro. Altro che rottamatori… Ecco: direi che c’è una parte di ceto politico che aspetta di capire se conviene. Il tema vero è la convenienza”.

Lei aveva rimproverato a Faraone di voler creare un Pd fuori dal Pd. E adesso getta l’amo a quelli di Forza Italia.

“Il tema, adesso, è costruire una fase politica nuova. Guardi cosa è successo coi Cinque Stelle. Era un’alleanza impensabile fino a un paio di mesi fa, ma si è aperto uno scenario che obbliga sia noi che loro a fare delle cose”.

Loro non ne sono usciti benissimo.

“Salvini se li stava mangiando vivi. Se vuoi rappresentare il terzo polo, non puoi allearti di volta in volta, secondo la convenienza del momento. E’ un modello che impone delle rinunce: ti obbliga a fare cose differenti da quelle promesse ai tuoi elettori, ti fa perdere un pezzo della tua identità. Hanno esaurito la sbornia dell’idea di potercela fare da soli, del contratto di governo, dell’uno vale uno… Quelle certezze sono crollate come neve al sole”.

E’ stata un’alleanza necessaria anche per voi?

“La politica è una scienza. Di fronte al fallimento del governo gialloverde, l’unica alternativa era costruire un campo politico strategico. Noi e i Cinque Stelle abbiamo evitato che in Italia prevalesse una destra ideologica. Che non è più quella di Berlusconi, che aveva una sua dimensione economica e liberista. Siamo in presenza di un’ideologia che fonda la propria ragione culturale e identitaria nella paura del diverso. Questa destra, inevitabilmente, sarà rappresentata nei prossimi anni da Salvini e Meloni. Chi ha creduto a una destra liberale, magari con una spinta visione liberista, in quel posto non ha più spazio. E non è un caso che Micciché entri in sofferenza”.

Il Pd siciliano ha riaperto il tesseramento. Sta iniziando una fase di normalizzazione dopo il disastro del 2018?

“L’anno scorso il tesseramento non si è neanche fatto. Fortunatamente il Pd è un’entità fuori da noi. L’esigenza di un Pd autorevole, forte è presente nella società. Lo vediamo ad esempio con le primarie. Il Pd è un sentimento più diffuso di quanto immaginiamo, mentre il suo funzionamento interno è molto logorato. Guardo con grande speranza alla riforma del partito messa in atto da Zingaretti. Non è solo il momento della tessera, ma bisogna coinvolgere gli iscritti quando si prendono le decisioni, farli sentire utili. La sfida è costruire un partito del nuovo millennio. Il Pd lo abbiamo inventato dieci anni fa, ma il suo modello di funzionamento è ancora molto simile a quello di Ds e Margherita”.

Il governo regionale si è rimangiato le nomine ai vertici dei parchi. Lei e Lupo avete parlato di esecutivo in tilt. La soluzione potrebbe essere un rimpasto?

“Faranno finta di guardare avanti inventandosi un rimpasto. Ma la verità è che non hanno un progetto comune, e non sanno come affrontare i problemi. Musumeci si era illuso di poter fare il Salvini del Sud, ma l’alleanza che avevano tirato su per le elezioni si è sfaldata”.

Ma il governo sostiene di aver lavorato. Seppur in presenza di una eredità difficile.

“Non c’è nulla per cui il governo si sia caratterizzato. E’ stata fatta una narrazione secondo cui tutto quello che non si riesce a fare è colpa di chi c’era prima. Ma sono passati due anni e la storiella non regge più. Non hanno neanche approvato il rendiconto dell’anno scorso, facendo slittare il giudizio di parifica della Corte dei Conti. E non sono in grado di fare la nuova Finanziaria, che bisognava presentare entro fine mese. Era il governo che annunciava in modo roboante “mai più esercizi provvisori”, e invece ci avviamo verso una lunga stagione economica di provvisorietà. Mi pare chiaro che il governo non ce la faccia. Il vero problema si chiama Musumeci: è inadatto a gestire questa regione”.

Ha visto le trasmissioni di Giletti. E’ vero che la Sicilia è la terra degli sprechi? O è un modo qualunquista di rappresentarla?

“Mi sono rotto le scatole di questi modelli comunicativi e informativi pieni di stereotipi. Negli ultimi anni siamo la Regione che ha fatto la più grande cura dimagrante in termini di personale, per di più in un periodo di grande crisi. Da un lato ci piangiamo addosso perché i nostri ragazzi vanno fuori, dall’altro abbiamo bloccato qualsiasi prospettiva di nuove assunzioni nelle pubbliche amministrazioni. Nel frattempo il sistema industriale è saltato per aria. Dobbiamo capire come affrontare il tema di una regione di 5 milioni di abitanti dove c’è necessità di creare un’economia della produzione e della distribuzione”.

Come si affronta?

“Non “alla Giletti”. Secondo cui la Regione ha decine di migliaia di dipendenti: non è vero. Non puoi considerare la Regione il datore di lavoro degli impiegati regionali, degli impiegati delle Asl e della società partecipate. Non puoi paragonarla alla Lombardia, facendo una gran confusione rispetto alle sue competenze statutarie. In Lombardia c’è tutta una serie di competenze gestite dallo Stato, in Sicilia gestiamo noi i beni culturali, i geni civili, le motorizzazioni. Per farlo, serve personale. E poi i Forestali: siamo passati da 30 mila a 22 mila, ma per Giletti sono sempre 30 mila. Dobbiamo capire come affrontare l’eredità del passato, ma non possiamo ammazzare le persone: uscendo da questo sistema di protezione sociale, non avrebbero davanti a sé altre prospettive o opportunità, se non quella di prendere l’aereo e andarsene. Provo totale disgusto per chi fa liberismo d’accatto, sputando sulla Sicilia e la povera gente. E queste trasmissioni ho smesso di guardarle”.