So bene che il cuore del problema è il Caf: andare lì e procurarsi la certificazione Isee è il modo migliore per iniziare la mia scalata al reddito di cittadinanza. Manca un giorno allo start ufficiale – questo esperimento sociale porta la data del 5 marzo, la grande vigilia – e continuo la perlustrazione dei centri in cui verrà gestita la macchina infernale del Movimento 5 Stelle, adottata persino dai leghisti. Dopo aver passato la mattinata in uno dei patronati abilitati alla presentazione della domanda, mi sposto in un ufficio postale (è l’altro referente “fisico” assieme ai Caf). Che oltre a gestire la prima fase – ma bisognerà andare con l’ISEE e, preferibilmente, con un modulo scaricato da internet e già compilato – gestirà anche quella finale, il rilascio di una carta elettronica, simile a una Postepay, su cui sarà caricato il nostro “bonus” da 780 euro (o meno, dipende dal livello accertato di povertà).

Intorno alle 12.30 l’ufficio si è quasi svuotato. Mi giro intorno alla ricerca del mio modulo da compilare. Sui quotidiani si fa accenno a un modulo, ma francamente non ho ancora capito se cartaceo (lo so, sa di vecchio). Non lo trovo, evidentemente non esiste. O magari arriverà nei prossimi giorni. Ma grazie al numerino che mi ero ricordato di ritirare all’ingresso, ottengo un breve colloquio allo sportello con il vice-direttore della filiale. “Guardi, non rilasciamo alcun modulo. Da domani (che poi sarebbe ieri, per chi legge) accetteremo tutte le richieste. Abbiamo le stesse info che ha lei, quelle che passano in tv”. Ma qualcuno è già venuto a prendere informazioni? “No”. Il modulo non ce l’ho perché credevo di trovarne uno (in realtà, è questo il link a cui scaricarlo https://www.redditodicittadinanza.gov.it/docs/SR180_Domanda_RdC_versione_INPS.pdf). La discussione rischia di essere troncata. Così rivelo la mia identità.

Sembra lontanissimo quel 6 marzo, ma mancano poche ore. Il clima, però, è più disteso che mai. L’ordinaria amministrazione vince, come l’abitudine di demandare ad altri le risposte di cui non si ha contezza. La stampa ha un’opzione privilegiata: contattare telefonicamente l’ufficio territoriale di Palermo per tutte le informazioni disponibili. Risponde una signora per conto di Media Relation, le relazioni coi media, che mi chiede il nome della testata. L’accontento. Ma il mio voleva essere un intento più informale. Glielo spiego: “Interpreto la parte di uno che vuole richiedere alle Poste il reddito di cittadinanza. Come si fa?”. Risposta: “Le mando alcune slides”. Grazie, gentilissima.

Il tono è davvero gentile. Riesco a imbastire una conversazione: “Le Poste, oltre ai Caf e al sistema online, è abilitata all’accettazione delle domande. Ma attenzione. Non valuta le domande, quello è di competenza dell’Inps”. E noi sappiamo pure che ci vorranno almeno dieci giorni, da quando verrà compilato il modulo, perché ciò avvenga. Il “finto me” insiste a chiedere spiegazioni: “Poste Italiane gestirà il ricevimento di questa istanza, poi l’Inps farà una valutazione delle domande sulla base della documentazione prodotta. Si consiglia di scaricare il modulo e compilarlo, in modo tale da agevolare lo svolgimento delle operazioni all’ufficio postale”. Ma se l’interessato al reddito è poco avvezzo alla tecnologia, e non riesce a produrre il modulo da sé, come si fa? “Deve comunque documentarsi online su cosa serve. Prendere qualche appunto e presentarsi in ufficio. Poi saranno gli impiegati a occuparsene”. La lezione è chiara: non andate a zonzo o finirete male.

C’è, però, un’altra informazione di non poco conto: “Per evitare il grande flusso, nei primi giorni si invita a seguire l’ordine alfabetico. Giova a tutti”. E’ un consiglio: presentarsi alle Poste in base alla lettera del cognome. Quelli che cominciano per “A” e “B” si sarebbero dovuti presentare ieri, 6 marzo. Chiuderanno “V” e “Z” il 13, dopo una settimana. Un deterrente sulla cui efficacia potremmo destinare una puntata di Super Quark senza cavare un ragno dal buco.

Ma qualche altro numero ci fa pensare che questa telefonata “istituzionale”, in attesa di vedere gli uffici e gli addetti veramente all’opera, non sia stata poi così inutile: in Sicilia saranno 785 gli uffici postali abilitati all’accoglimento delle domande inerenti il reddito di cittadinanza (79 nella città di Palermo). Poste Italiane si occupa dell’acquisizione della richiesta, dell’accredito e del rilascio della carta elettronica (il beneficiario sarà convocato via sms o e-mail nell’ufficio di competenza). Ma non dell’istruttoria in quanto tale, né dell’assistenza sulla pratica, tanto meno della permanenza dei requisiti. E’ un puro esecutore di servizi: inutile chiedere informazioni che non riguardino direttamente la tesserina gialla. Non ve ne daranno. Tuttavia, se siete pratici di internet, e se il sistema non s’impalla, provate da lì. L’unica fila che dovrete fare sarà davanti a un pc. Un’ultima avvertenza: in questa prima fase evitate l’Inps. Al Centro per l’Impiego, invece, dovreste fare una capatina: ma solo per rendere la DID (la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro), utile all’ottenimento del reddito. Che in teoria, non sarebbe assistenzialismo, bensì una “misura di contrasto alla povertà, volta al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale”. Chiaro, no?