Chissà come sarà. E’ l’interrogativo di un cittadino qualunque che si reca al Caf o alle Poste perché crede di trovarvi il paradiso. Una hospitality a cinque stelle e magari, sul tavolo, un mega assegnone da 780 euro che ridurrà, di molto e per almeno 18 mesi, i problemi della vita. Qualcuno ci crede. Anche se in provincia di Ragusa, in uno dei Caf (detti anche patronati) che selezioniamo a caso dalla fascia trasformata – dove gli agricoltori sono alle prese con una delle crisi più drammatiche dell’ultimo decennio e nelle campagne si fa largo uso di manodopera straniera a basso costo – l’attenzione verso lo strumento simbolo della rinascita italiana, quello che abolirà la povertà (Di Maio dixit), al momento non appare una prerogativa stringente. Qualcuno ha richiesto informazioni, è chiaro. Qualcuno lo farà nei prossimi giorni, anche se il tam tam televisivo è ormai imperante da settimane, da quando il Parlamento ha dato il via libera al decretone che contiene fra le misure più richieste quella del reddito di cittadinanza.

Non resta che improvvisarsi un po’ attori e un po’ giornalisti, e andare a vedere come funziona. “Mettiamo che domani torno per chiedere il reddito di cittadinanza: che succede?”. E’ questa la prima domanda che mi sento di rivolgere a una dipendente del Caf dopo un’ora e un quarto d’attesa silenziosa ma irritante. Era nel corridoio a stampare fotocopie: “Non sappiamo ancora molto, attenda un attimo che ne parliamo. Non possiamo ancora accedere alla piattaforma”. Dall’altra stanza la sua collega la corregge: “Possiamo”. “Ah ecco, un minuto e vediamo”. Avrei voluto approfittare dei mille cartelli appesi al muro, moltissimi in lingua araba, per portarmi avanti con le informazioni. Ma nessuno parla del reddito minimo. Anche se già sapevo, più o meno, in cosa mi sarei imbattuto. Negli occhi incerti di una signora quasi intimorita dalla richiesta. Prima osservo il lentissimo via vai di braccianti e agricoltori che fanno richiesta della domanda di disoccupazione. Poi approfitto del “vuoto” e mi introduco nell’ufficio dell’impiegata di prima, quella delle fotocopie, che rivela di essere una delle addette per raccogliere le “nuove” pratiche. Mi accoglie con garbo.

“So che oggi non si può. Ma se domani torno per richiedere il reddito di cittadinanza, che mi fate fare?”. Risata. Poi riprende seria: “Intanto l’ISEE”. E’, tecnicamente, l’indicatore della Situazione Economica Equivalente. Ma non basta dar fiato alla bocca per ottenerlo, quindi prima di presentarvi in ufficio prendete nota: occorre recarsi in posta o in banca e farsi rilasciare lo storico dei guadagni, ammesso che ne abbiate avuti, riferiti al 2017: “Eventuali contocorrenti, conti deposito, saldo al 31 dicembre 2018 e giacenza media, ma anche tutti i valori relativi al patrimonio mobiliare del richiedente. Se vive in affitto, l’ISEE si abbassa”. Qualche chance in più di procurarmi il reddito. “Ci vogliono tutti questi documenti, più il Cud o il 730 se non l’abbiamo già”. Non ce l’hanno, dovrei fornirglielo.

Per giustificare la mia presenza lì, decido di compromettermi: “In realtà sarei un giornalista. Non mi interessa avere il reddito, ma sapere cosa succederà a voi, che avvierete la pratica, e a quelli che lo richiederanno”. Un sorriso e uno sbuffetto liberatorio sono il via libera per andare avanti nella conversazione. C’è parecchia calma e già questo mi conforta. Qualche minuto in più per parlare e avere spiegazioni: “Vedo tanti stranieri. Anche loro lo chiedono?”. L’impiegata: “Per il momento pochi. Ci sono determinati requisiti da rispettare. La maggior parte degli interessati è italiana”.

E’ dal Caf che parte tutto. L’ombelico del mondo a 5 Stelle. Dopo aver inoltrato domanda per l’ISEE, passa circa una settimana. Al termine della quale, riconvocati in ufficio, potrete finalmente avviare la pratica per l’agognato reddito (qui passeranno ulteriori 5 giorni perché l’Inps si pronunci sui requisiti). Il sistema, come diceva la sua collega, esiste già. Solo che oggi è il 5 marzo e non si riesce ad accedere. Un cerchietto grigio indica che la funzione è disattiva. Nessuno ci ha mai ficcato il naso dentro. Nessuno sa ancora quanto tempo serva per compilare la domanda (volendo, da oggi, si può scaricare il modulo anche da casa e, se siete esperti, portarlo già compilato al Caf), né quali dati vadano inseriti, né quanto rischiano di allungarsi le file. Perché in questo centro di assistenza fiscale, frequentatissimo dalle categorie di cui sopra (braccianti agricoli, soprattutto stranieri), si erogano mille altri servizi: dalla Naspi agricola alla pensione d’invalidità civile, passando per altre fattispecie che è inutile elencare. Toccherà ai dipendenti risolvere la matassa, senza avere nulla in cambio.

Anche il rilascio dell’ISEE è gratuito: viene considerato “assistenza al cliente”. Arriva la collega dall’altra stanza: “Anche dalle pratiche sul reddito non guadagneremo nulla. I soldi stanziati per i Caf finiranno soltanto alla sede centrale. Noi dovremo erogare un servizio, che ci porterà via un sacco di tempo e andrà a limitare l’operatività su altre questioni più importanti. Ma a chi viene in ufficio per una consulenza, non possiamo chiedere dei soldi. A volte si lavora per pietà, anche se è difficile crederlo”. Questa è un’altra storia. Gli interessanti al reddito – sebbene l’indagine non sia campionata – sarebbero soprattutto italiani 50enni. Qualcuno prova a fare il furbo, ma ottiene l’alt immediato: “Un tizio residente in Francia, paese in cui disponeva di un assegno di disoccupazione molto pesante, è venuto qui da noi e ha chiesto informazioni per avere il sussidio. Nei paesi dell’Unione non è richiesto il controllo del passaporto, mentire non è difficile. Finché riusciremo a controllare le situazioni, bloccheremo gli imbrogli. Perché la responsabilità è anche nostra”.

Ma ritorniamo al punto di partenza. I motori già rombano e da domani scatta la corsa al reddito. Fermi, però. Non è detto che tutto fili liscio. Così come tutti gli addetti ai lavori, anche gli impiegati di questo Caf hanno trascorso gli ultimi giorni davanti a tv e giornali per farsi un’idea di come funzionerà. E per provare a fornire ai potenziali percettori un quadro un po’ più chiaro, magari tecnico e dinamico, di come andranno le operazioni: “Forse i Caf saranno operativi solo dal 25 marzo e le domande potranno essere accettate fino al 31 – farfugliano fra di loro – Sarà una settimana assurda. Poi potremo trasmetterle fino al 15 aprile”. “E sa qual è un’altra cosa strana che ho letto? – fa una delle due, rivolta al sottoscritto – Che il sito si bloccherà non appena verrà superata la disponibilità economica prevista dalla misura. Anche se molte richieste fossero pendenti, noi non potremo più lavorare”. Ecco che la numerosa platea di beneficiari potrebbe ridursi all’improvviso. Ma, anziché accampare scuse di ogni genere, la lettura più rapida sarebbe quella più efficace: sono finiti i soldi.