Con gli avversari fa il bullo, con Luigi Di Maio fa il gradasso ma con Ringhio Gattuso ha abbassato la testa. Come fosse il migliore Silvio Berlusconi (ricordate quello che portò alle dimissioni il ct della nazionale Dino Zoff?) anche Matteo Salvini ha voluto dettare la linea politica sul campo (di calcio).

Dopo il pareggio del Milan con la Lazio, il vicepremier ha avuto il coraggio di dare consigli all’allenatore del suo Milan che, come si sa, è di origine calabrese, è uomo terragno, e dunque non si fa mettere l’anello al naso. «Stimo Gattuso, ma in Lazio-Milan servivano dei cambi» ha detto Salvini nel dopo partita. Ed è bastata una notte perché Gattuso venisse candidato alle primarie del Pd e, sui social, si sono raccolte le firme per convincerlo a mettere ordine negli spogliatoi, fin troppo, democratici.

Ebbene, ai cronisti che hanno chiesto cosa ne pensasse, Gattuso ha impartito una lezione di competenza: «Io non parlo di politica perché non capisco nulla. A Salvini dico di pensare alla politica perché con tutti i problemi che abbiamo nel nostro Paese, se il vicepremier parla di calcio significa che siamo messi male».

Informato della risposta dell’allenatore, l’indomabile Salvini si è immediatamente accucciato, il tifoso rispettoso ha mandato in panchina l’ultras della curva.

Non si sa se lo spread si sia abbassato (oggi è finalmente sceso) per la volontà del governo di rivedere la manovra, ma di sicuro gli analisti si sono sentiti rassicurati. È vero che alla Bce c’è ancora Mario Draghi, ma anche in Italia rimane sempre un Gattuso.